Tempi duri per le case in affitto, sia sul fronte della domanda che su quello dell’offerta. Ecco tutte le nuove regole.
Casa dolce casa? Un tempo forse. Oggi la casa è soprattutto salata, tra tasse, canoni e oneri vari. Almeno quella in affitto. E nessuno si salva: tanto per i proprietari che per gli inquilini si mette male, con l’introduzione di nuove norme su imposte, locazioni brevi, cedolare secca e bonus per gli affittuari. In particolare, chi sta pensando di affittare una casa per le vacanze o, se è un proprietario, di mettere a disposizione la sua proprietà per il turismo dovrebbe mettersi a tavolino e pensarci bene, dopo aver fatto quattro calcoli di convenienza. Vediamo nel dettaglio tutti i cambiamenti.
Molti non sanno che sta per arrivare una serie di novità importanti nel settore degli affitti brevi, con effetti sia per inquilini che per proprietari. A prendere l’iniziativa è stato il Ministero del Turismo, in risposta all’aumento dei flussi turistici nel nostro paese e al rischio di sovradimensionamento rispetto alle potenzialità ricettive locali. Di qui l’intenzione di introdurre una serie di nuovi obblighi per gli affitti brevi. Tra questi, la durata minima del contratto di locazione turistica, che sarà di due notti (ad eccezione delle famiglie numerose con almeno un genitore e tre figli). E l’obbligo per ogni immobile affittato per finalità turistiche di avere un codice identificativo nazionale (Cin), da esporre all’ingresso dell’immobile e da indicare negli annunci.
Una delle principali novità riguarda coloro che svolgono l’attività di locazione in forma imprenditoriale, ovvero che gestiscono più di quattro appartamenti. Per loro entra in vigore l’obbligo di segnalazione certificata di inizio attività (meglio nota come Scia) presso lo sportello unico per le attività produttive. Ma non è tutto.
Cosa cambia per gli affitti nel 2023
Tutti noi sappiamo anche per esperienza diretta che i canoni sono notevolmente aumentati da qualche tempo a questa parte, complice l’inflazione e la generale ondata di rincari che ha travolto l’Italia e non solo. E gli effetti si sono fatti sentire ovunque, benché in parte “mitigati” dal bonus ad hoc, prorogato fino al 31 dicembre 2023, che prevede uno specifico contributo per aiutare cittadini e famiglie in difficoltà a sostenere la spesa del canone di locazione. In Lombardia, per esempio, il bonus affitto copre 10 mensilità del canone di locazione, fino a un tetto di spesa massima di 3.600 euro ad alloggio per richiedenti con Isee entro i 35mila euro e che abbiano sottoscritto il contratto di locazione da almeno sei mesi. Ma il contributo è riconosciuto solo se l’affittuario ha perso il posto di lavoro o ha subìto una consistente riduzione dell’orario di lavoro.
A tal proposito, va ricordato che il governo ha confermato il bonus affitto per i giovani under 31. La misura prevede uno sconto fiscale che può coprire fino al 20% dell’importo del canone di locazione fino a un massimo di 2mila euro. Tale agevolazione è valida per quattro anni (e non più per tre). Ed è usufruibile anche se il contratto è relativo solo a una porzione dell’unità immobiliare adibita a residenza. Come accennato, poi, per tutti i contratti che prevedono un affitto di breve durata (non superiore a 30 giorni) è necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate l’anno di locazione e i dati catastali della casa affittata. Oltre a tutti gli altri dati già obbligatori per la registrazione di un contratto.
La reazione degli addetti ai lavori
Ma dalle associazioni degli intermediari immobiliari e dagli operatori di affitti brevi sono già arrivate aspre critiche. Abbav, Aigab, Breve, Confassociazioni Real Estate, Confedilizia, Fare, Fiaip, Host+Host, Host Italia, Myguestfriend, Ospitami, Prolocatur, Property Managers Italia, Rescasa Lombardia puntano l’indice contro le nuove norme. E accusano: si tratta di «un testo illiberale e, sotto molti profili, incostituzionale, che mira a introdurre divieti e restrizioni lesive del diritto di proprietà».
In particolare, «sul pernottamento minimo di due notti non si comprende quale sia la motivazione alla base di una così grave limitazione del diritto di proprietà. Bene il CIR, a patto che si eliminino altre registrazioni e adempimenti a livello locale. No alla norma che stabilisce che chiunque conceda in locazione un appartamento per finalità turistiche – quindi anche chi lo faccia per poche settimane all’anno con un’abitazione normalmente tenuta a propria disposizione – debba trasformare casa propria in una sorta di simil-hotel. Inserendo dispositivi, attrezzature, avvisi e istruzioni tipici delle strutture alberghiere. E sottoponendosi a ingenti spese per corsi, controlli e adempimenti burocratici di varia natura». «La finalità evidente – concludono – è il disincentivo a locare».