Il pesce è buonissimo. Ma possiamo mangiarne a piacimento o c’è un limite al consumo dei prodotti della pesca? Insomma, fa sempre bene il pesce?
Mangiare troppo spesso pesce può essere rischioso? E quanto pesce andrebbe portato a tavola? Cerchiamo di capirlo.
Il pesce, lo sappiamo, è una vera bontà. E tradizionalmente è anche considerato un alimento salutare, un vero e proprio amico del nostro stomaco, che fa bene al nostro organismo. E sotto tanti punti di vista, ricorda il Magazine della Fondazione Veronesi, si tratta di un’affermazione ampiamente confermata dai dati scientifici.
Ma quale collegamento c’è tra mangiare pesce e il rischio di ammalarsi di tumore? In verità, relativamente al cancro non siamo in possesso di dati propriamente definitivi. Per esempio gli esperti del World Cancer Research Fund/American Institute for Cancer Research suggeriscono che ci sia un legame tra il consumo di pesce e la diminuzione del rischio di ammalarsi di tumore al fegato e di tumore del colon-retto.
Ma a sostegno di questa tesi le prove sono limitate. Mentre lo studio EPIC, la grande ricerca europea che ha indagato il legame tra cancro e alimentazione, non ha rilevato significative correlazioni sul piano della riduzione del rischio di incorrere in patologie tumorali.
La cosa che appare certa è che il pesce è un alimento molto ricco di importanti nutrienti per il benessere dell’organismo. Basterebbe solo ricordare le proteine di alta qualità, vitamine e minerali. E soprattutto i grassi Omega 3. Gli esperti concordano sulle proprietà benefiche di questi «grassi buoni», in grado di ridurre l’infiammazione dannosa per i vasi sanguigni e che apre la strada a ictus e malattie cardiovascolari. Dunque la salute cardiovascolare ringrazia.
Il consumo di pesce ricco di Omega 3 (ad esempio tonno, salmone e pesce azzurro) contribuisce a ridurre i livelli di trigliceridi e la pressione sanguigna. Ragione per cui la raccomandazione è quella di mangiarne settimanalmente almeno un paio di porzioni (per un totale di circa 200 grammi). Il consumo di pesce deve rientrare in una dieta varia, combinata con altri alimenti.
Si fa presto a dire pesce, vista la grande varietà di specie ittiche. Ma quali sono i prodotti della pesca che consumiamo più comunemente e quali le loro proprietà nutrizionali?
Si suddividono in
Come detto il pesce possiede delle importanti proprietà nutrizionali e i benefici che riesce ad apportare sono davvero molti. Vediamo quali sono.
Analogamente alla carne e alle uova, i prodotti della pesca appartengono al gruppo di alimenti in grado di fornire proteine a elevato valore biologico. Infatti ne contengono circa il 15-20%. C’è però una differenza tra le carni dei mammiferi e le carni ittiche: la maggiore digeribilità delle seconde per via della minor presenza di tessuto connettivo.
Nella carne di pesce i sali minerali presenti sono fosforo, calcio e iodio. È inoltre presente una buona quantità di vitamina A, vitamine del gruppo B e vitamina D.
Quanto alla percentuale di grassi, questa è variabile, a seconda delle diverse specie di pesce, dallo 0,5% al 27%. C’è presenza in particolare di fosfolipidi e grassi insaturi ad alta concentrazione di Omega 3, che come detto hanno grande importanza per via dei loro benefici effetti sul cuore.
In base al loro contenuto di grassi – variabile in funzione dell’età e del ciclo biologico – i prodotti della pesca possono essere suddivisi in
Ma non è tutto rosa e fiori anche per il pesce, per il quale rimane il problema dell’inquinamento da mercurio organico (metilmercurio) e da metalli pesanti, in particolare nei pesci di grandi dimensioni che si trovano in alto nella catena alimentare, come ad esempio il tonno e il pesce spada.
Il metilmercurio è naturalmente presente nell’ambiente o è conseguenza dell’inquinamento. Ma per le loro stesse caratteristiche biologiche i pesci predatori ne accumulano un maggiore quantitativo tramite la catena elementare.
Tutte queste sostanze dannose accumulate nel pesce possono rivelarsi pericolose in particolare per lo sviluppo neurologico. Per questo motivo l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) raccomanda di prestare attenzione ai livelli di mercurio in particolare per le donne in età fertile e per i bambini fino a 10 anni di età. Per i bimbi, le donne in età fertile, in gravidanza e in allattamento viene dunque consigliato di consumare al massimo una porzione di 100 grammi alla settimana di pesce spada, squaloidi e luccio, e di non superare le due porzioni di tonno.
Un altro pericolo da pesci e cefalopodi può provenire dalla presenza di parassiti. Alcuni di questi – come ad esempio l’Anisakis nei pesci di mare oppure l’Opistorchis nei pesci d’acqua dolce– risultano patogeni anche per l’organismo umano.
Invece il pesce affumicato confezionato accidentalmente può arrivare a superare il limite di sicurezza per il pericoloso batterio Listeria monocytogenes. Per questo motivo questo alimento è sconsigliato alle donne in gravidanza o ai soggetti immunodepressi.
Nei granchi, specialmente quando sono di grandi dimensioni, si accumula cadmio negli organi digestivi. Il cadmio è un metallo pesante che in piccola parte viene assorbito dall’organismo e trattenuto a livello di fegato e reni, dove può rimanere anche decine di anni. Come altri metalli (piombo e arsenico ad esempio) è considerato un contaminante del cibo.
A lungo andare l’accumulo di cadmio può portare a compromettere i reni, fino a provocare un’insufficienza renale. È anche classificato dall’International Agency for Research on Cancer come sostanza cancerogena di gruppo 1. Un’eccessiva quantità di cadmio inoltre può provocare diarrea, vomito e mal di stomaco, la demineralizzazione delle ossa (che a sua volta può provocare fratture), problemi di fertilità, danni al sistema nervoso, al sistema immunitario e causare anche disturbi psicologici.
Presente naturalmente nell’ambiente, tanto per cause naturali che come conseguenza di processi industriali o agricoli, per la popolazione generale la principale fonte di esposizione al cadmio (con l’eccezione dei fumatori) passa per la via alimentare. La raccomandazione in questo caso è quella di eliminare quelle parti di colore bruno-verdastro che sono contenute nel torace del granchio. Nessun problema invece per le carni bianche delle appendici che si possono mangiare senza particolari problemi e in tutta sicurezza.
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