Una scoperta rivoluzionaria: il test potrebbe permettere di intervenire nello stadio di pre-demenza
Indagare la neurobiologia del cervello in condizioni normali e quando ci sono malattie a livello strutturale, funzionale e molecolare. Fondamentale forse non per curare, ma di certo per prevenire un male subdolo come l’Alzheimer. C’è un test che possiamo fare e che ci indica se rischiamo l’insorgenza di questa malattia neurodegenerativa.
La ricerca, fortunatamente, continua su questo e su altre malattie molto gravi. Da tempo, ormai, gli scienziati prediligono un approccio multimodale allo studio del cervello associando tecniche avanzate di neuroimmaging non invasivo all’analisi del segnale neuroelettrico (elettroencefalogramma).
La combinazione di queste modalità di indagine permette di studiare la struttura, il funzionamento e la connettività cerebrale nella loro relazione con i diversi fenomeni mentali di interesse della psicologia – ad esempio come le immagini mentali, i pensieri, i ricordi, le emozioni sono realizzati ed implementati nelle varie reti di aree cerebrali.
Con il progredire della ricerca scientifica, sarà possibile studiare lo sviluppo del cervello dall’età pediatrica fino all’età senile andando a misurare i cambiamenti sottostanti le principali malattie neurologiche che si manifestano nell’età evolutiva (l’autismo, per esempio) e nell’età adulta (malattie neurodegenerative come l’Alzheimer) e le conseguenze delle lesioni del sistema nervoso (ad esempio in caso di ictus).
Il test che può prevedere l’Alzheimer
Come sappiamo, l’Alzheimer è una patologia neurodegenerativa a decorso cronico e progressivo. E’ caratterizzata da un processo degenerativo progressivo che distrugge le cellule del cervello, causando un deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive (memoria, ragionamento e linguaggio), fino a compromettere l’autonomia e la capacità di compiere le normali attività giornaliere.
È la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei Paesi sviluppati: attualmente si stima ne sia colpita circa il 5% della popolazione al di sopra dei 65 anni e circa il 20% degli ultra-85enni. Ma oggi abbiamo un test per capire se siamo predisposti a questo male.
Una scoperta rivoluzionaria che porta il nome di una giovane ricercatrice: Francesca Burgio, 37 anni, che all’Istituto San Camillo del Lido di Venezia dirige il Servizio di Neuropsicologia. La dottoressa di origini siciliane ha messo in correlazione la possibile insorgenza dell’Alzheimer con il rapporto con i soldi. In particolare, la capacità di capire il valore dei soldi.
Si parte dal semplice riconoscimento delle taglie, pezzi da 10 euro, da 50, monete da 1 euro e si passa poi al conteggio. Quindi a compiti più complessi come la capacità di attribuire un valore corretto a qualcosa che si vuole comprare. Ovviamente, si va a avanti aumentando la difficoltà, chiedendo, per esempio, cosa sia l’Iban. Il test potrebbe permettere di intervenire nello stadio di pre-demenza. Ovviamente, in caso di risultato positivo, l’indagine principale rimarrà la risonanza magnetica.