Si parla molto di rottamazione delle cartelle esattoriali. Non tutti sanno che si può procedere all’operazione anche in completa autonomia.
Molti di noi hanno ricevuto almeno una volta una cartella esattoriale, magari per una multa non pagata, un bollo auto dimenticato, una certa imposta non saldata e chi più ne ha più ne metta. Tutti questi pagamenti, come forse già sapete, sono soggetti a prescrizione: trascorso un tot di tempo, e a determinate condizioni, non sono più dovute. Cosa bisogna fare in questi casi?
Se pensate che per annullare le cartelle prescritte sia indispensabile rivolgersi a un professionista (avvocato, commercialista, ecc.) e quindi sostenere un’ulteriore spesa, ecco a voi una buona notizia: non è così. Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che l’ente titolare del credito è tenuto ad accogliere l’istanza di sgravio presentata dal contribuente stesso, senza bisogno dell’intervento di avvocati né della pronuncia di un giudice. Vediamo insieme come procedere.
La guida allo stralcio delle cartelle esattoriali fai-da-te
La pronuncia degli Ermellini ha segnato una vera e propria svolta: altrimenti, l’annullamento di una cartella esattoriale prescritta avrebbe continuato a essere un’impresa titanica nel mare magnum della burocrazia italica. Non solo: la procedura è estremamente semplice e spedita. Ma facciamo un passo indietro.
La cartella esattoriale prescritta è un po’ come un vicolo cieco: non può giustificare richieste di pagamento, pignoramenti, fermi amministrativi o ipoteche, ma i termini per contestarla sono scaduti (il ricorso può essere presentato entro 60 giorni nel caso di tasse e tributi, entro 30 giorni in caso di sanzioni ed entro 40 giorni per quanto riguarda i contributi Inps e Inail). Il contribuente, dal canto suo, non deve subire passivamente questo stato di cose, a sua disposizione c’è più di una via d’uscita.
In genere per annullare un debito prescritto si attende che l’Agente della Riscossione faccia le sue mosse, inviando un’intimazione di pagamento, un preavviso di fermo amministrativo o di ipoteca, o ancora un pignoramento. Atti nella fattispecie illegittimi, in quanto basati su un debito prescritto e, dunque, non più dovuto. Ecco allora che il contribuente può contestare il nuovo atto ricevuto, sollevando l’eccezione di prescrizione del debito dinanzi a un giudice.
Un’altra possibilità per chiedere l’annullamento di una cartella prescritta è il cosiddetto “ricorso in autotutela“, un’istanza presentata all’Agente della Riscossione e all’Ente creditore, ma di norma la Pubblica Amministrazione non è tenuta a rispondere a tale ricorso, e la presentazione dello stesso non sospende i termini per presentare appello al giudice. È proprio qui che è intervenuta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8719/2020, seguita dall’ordinanza n. 18241/2023, stabilendo un principio molto importante.
Il principio fondamentale stabilito dalla Corte di Cassazione
Secondo la Suprema Corte, se l’istanza in autotutela presentata dal contribuente contro una cartella esattoriale viene respinta senza adeguate motivazioni, è possibile impugnarla dinanzi al giudice, che a quel punto dovrebbe annullarla. I magistrati della Cassazione hanno infatti sancito il dovere dell’amministrazione finanziaria di rispondere all’istanza di sgravio per cartelle prescritte, e quindi di annullarle.
È importante sottolineare che per presentare l’istanza di autotutela (o sgravio) non è necessario farsi assistere da un avvocato o altro consulente tecnico: il contribuente può semplicemente inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno o una PEC all’ente titolare del credito e all’Agente della Riscossione, riportando gli estremi del debito caduto in prescrizione e chiedendone l’annullamento. E in un clic la sua posizione nei confronti del Fisco sarà ripulita da debiti datati e non più dovuti.