Trasformare in pensione l’assegno di invalidità con meno di 20 anni di contributi. È possibile farlo oppure no? Scopriamo tutti i dettagli.
Tra le tante domande che ci si pone in merito al rapporto tra contribuzione e pensione, una di esse riguarda il raggiungimento dell’età pensionabile con meno di 20 anni di contributi e la possibilità di trasformare l’assegno di invalidità in pensione. È questa una strada percorribile e, in caso affermativo, in che modalità?
Sulla questione occorre verificare con attenzione che cosa preveda l’ordinamento per capire cosa accada per i lavoratori autonomi o dipendenti ovvero per tutti gli assunti nel settore privato. Oltretutto la procedura è di una certa rilevanza perché consente al lavoratore di non dover rischiare di perdere l’assegno ordinario di invalidità. Ecco il motivo.
Al perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla Legge Fornero i lavoratori del settore privato che ricevono l’assegno di invalidità hanno la possibilità di ‘trasformarlo‘ in pensione di vecchiaia. Ricordiamo che questa prestazione è rivolta ai lavoratori la cui capacità lavorativa, spiega l’Inps, sia ridotta, a causa di infermità fisica o mentale accertata, a meno di un terzo.
Occorre valutare due specifiche casistiche ovvero l’aver raggiunto i 20 anni di contributi oppure no. Entriamo dunque nel merito del primo caso: al raggiungimento dell’età pensionabile, 67 anni, se sono stati versati contributi a copertura di almeno due decadi sarà possibile accedere alla pensione vecchia con trasformazione, da parte dell’Inps e come misura d’ufficio, l’AOI (Assegno ordinario di invalidità) in pensione, senza che il lavoratore debba fare nulla dal punto di vista burocratico.
Insomma si tratta di una procedura automatica. Questo è molto importante perché per l’ormai ex lavoratore non vi sarà più il rischio di ritrovarsi con l’AOI revocato in seguito alla perdita o alla riduzione della capacità lavorativa, considerata un venir meno del requisito sanitario.
Inoltre una volta che la procedura sarà stata portata a compimento, sarà possibile cumulare la pensione con eventuali redditi da lavoro; questo inoltre consentirà agli eredi di aver diritto, in caso di decesso, alla pensione di reversibilità che come previsto dalla legge n.222/84 non spetta a chi riceve l’Assegno ordinario.
Il secondo caso è quello in cui si raggiunge l’età della pensione, 67 anni, ma i contributi versati sono inferiori ai 20 anni. In questo caso occorre fare un passo indietro: per richiedere l’AOI l’attività lavorativa si deve fermare ma una volta erogato sarà possibile, non obbligatoriamente, riprendere a lavorare oppure scegliere di percepire l’assegno senza lavorare.
L’AOI scade però dopo tre anni e per ottenerlo nuovamente bisognerà sottoporsi, presentando apposita domanda all’Inps, a una nuova visita di invalidità con possibilità di rinnovo fino a tre volte dopo le quali l’assegno diventerà definitivo.
Per chi non lavora vi è comunque la possibilità di ottenere, dall’Inps, una serie di “contributi figurativi” che consentano di raggiungere almeno il requisito dei 20 anni. Dunque se ad esempio gli anni di contributi versati sono 14 ma in seguito non si è più lavorato percependo l’AOI per 10 anni, una volta raggiunta l’età per ricevere la pensione l’Istituto considererà 24 anni di contributi dei quali 14 effettivi e 10 figurativi. Si tratta di un’agevolazione contributiva che consente all’Inps di liquidare la pensione di vecchiaia. Ma attenzione agli svantaggi.
Ebbene se da un lato questi contributi figurativi consentono di raggiungere i requisiti per ottenere la pensione, essi non avranno utilità alcuna nel determinarne l’importo. Ed anzi è plausibile che l’assegno possa essere nettamente inferiore alle proprie aspettative. Vi è però una sorta di garanzia: infatti anche se non sarà oggetto di un incremento, l’importo totale dell’assegno pensionistico non potrà nemmeno essere inferiore rispetto a quello dell’AOI.
Il motivo è molto semplice: l’assegno ordinario di invalidità viene calcolato sulla base dei contributi versati al momento della richiesta. Il fatto di smettere di lavorare dopo la ricezione dell’Assegno ordinario dovrà, dunque, essere valutato in modo molto ponderato.
Questo aspetto di per sé non particolarmente positivo lo si ritrova anche in altre situazioni nelle quali l’AOI si rivela sconveniente ai fini della determinazione dell’importo della pensione. Ed in particolare qualora si abbia intenzione di chiedere la pensione anticipata per aver raggiunto i 42 anni di contributi.
Mettiamo caso che entro 10 mesi la si possa richiedere ma che l’AOI sia stato appena rinnovato: in questo caso non vi sono buone notizie. Infatti non sarà possibile accedere alla pensione di vecchiaia fino al termine dei tre anni legati al rinnovo, trascorsi i quali si dovrebbe comunque rinunciare all’AOI.
Se si è al terzo rinnovo la situazione è ancor più svantaggiosa perché a questo punto, pur avendo il diritto di chiedere la pensione anticipata non sarà possibile ottenerla e bisognerà attendere necessariamente i 67 anni. I conti, dunque, vanno fatti preventivamente per non rischiare di ricadere in un errore che, in termini economici, potrebbe costarvi molto caro.
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