Le nostre case spesso nascondono vecchi oggetti dimenticati ma di grande valore. Se si tratta di BOT, è la fortuna che bussa alla porta
Chi trova un BOT trova un Tesoro. Se rovistando in soffitta o nella camera dei nonni trovate monete e banconote antiche, avrete tra le mani un tesoretto niente male. Ma il vero colpo fortuna, di questi, tempi, è un altro: scovare dei BOT dimenticati da decenni. Come forse saprete, i Buoni Ordinari del Tesoro sono sempre stati uno strumento fondamentale per l’auto-finanziamento dello Stato Italiano. Se sono vecchi di 100 anni, non avete idea di quanto possono valere.
È successo veramente. Un piccolo malloppo di Buoni Ordinari del Tesoro emessi nei primissimi anni del Ventennio fascista, e rimasti sepolti in una cassapanca passata di generazione in generazione, è venuto di recente a galla, per la gioia di chi l’ha ritrovato. L’evento è balzato agli onori della cronaca, ma state pur certi che si tratta di una situazione meno infrequente di quanto si possa immaginare.
I Bot da mille e una notte
La vecchia cassapanca in questione era rimasta per anni in una casa del Casertano e, dopo essere passata di padre in figlio, era stata venduta a un antiquario. Il mobile è finito poi nel Padovano, ed è proprio lì che al suo interno sono stati ritrovati dei BOT emessi negli anni Venti del secolo scorso, quando il governo fascista era dedito alla battaglia di quota 90, con l’obiettivo di rendere la Lira più forte.
Il fortunato nelle cui mani sono finiti quei BOT del Ventennio ha deciso di affidarsi ad esperti per avere una valutazione, e alla fine si è pronunciato anche un giudice, sulla base di un’analisi condotta dall’organizzazione di consumatori e utenti Giustitalia, stabilendo che il loro valore era qualcosa come 3mila volte quello originario! Una vera e propria manna dal cielo.
Nel caso di specie, il giudice ha stabilito in sede di perizia che quei vecchi BOT, del valore nominale di 15 mila lire, oggi valgono 21 mila euro. Il calcolo tiene conto non solo dell’inflazione, ma anche della performance di interesse nel corso di un così lungo arco di tempo. Più nel dettaglio, di quei 21 mila euro di rivalutazione complessiva, 14 mila derivano dal valore comparato delle 15 mila lire di allora rispetto alla valuta attuale. E tutto il resto è frutto degli interessi.
Conti alla mano, stiamo parlando di ben 2.700 volte il valore nominale dei BOT ritrovati. Basta fare la conversione dalle lire agli euro: i 21 mila euro riconosciuti dal giudice sono pari a circa 40 milioni di vecchie lire, vale a dire 2.700 volte le 15 mila lire del valore nominale dei BOT del Ventennio. E scusate se sono poche…
Tutti a caccia di bot nascosti
Come spesso accade dopo la pubblicazione di notizie del genere, più d’un italiano si è fatto prendere dalla tentazione di riaprire becchi bauli e polverosi archivi in cerca di lasciti segreti degli avi. Tentar non nuoce, ma è meglio farsi non troppe allusioni. Questi colpi di fortuna di solito arrivano per caso, quando meno ce lo si aspetta, dai posti più impensati.
Se comunque doveste trovare dei vecchi BOT non incassati, non vi resta altro da fare che tenerveli stretti e richiedere una valutazione da parte di professionisti certificati. Se sono del taglio e dell’annata giusta, potrebbero valere tanti bei soldini. Tanto per dare qualche dato statistico, in Italia ci sono circa 10 milioni di titoli di credito “datati” (tra buoni postali, libretti bancari e Bot) non riscossi e ancora riscuotibili.
I consigli di Giustitalia
In questi casi spesso interviene l’Associazione Giustitalia (www.associazionegiustitalia.it), che si occupa tra le altre cose del rimborso dei buoni postali e dei titoli di Stato, per agire al fine del recupero delle somme reclamate presso le Poste italiane e il Ministero delle Finanze. Questi ultimi sono “obbligati in solido a onorare tutti i debiti esistenti anche prima dell’avvento della Repubblica Italiana“, secondo quando sostiene l’Associazione. Purtroppo c’è molta disinformazione anche da parte degli Enti preposti al pagamento e spesso vicende del genere finiscono in tribunale.
L’associazione Giustitalia raccomanda di ritirare i buoni e i titoli di Stato e di richiedere il rimborso maggiorato degli interessi, oltre alla rivalutazione monetaria. A patto che non sia decorso il termine prescrizionale di 10 anni. Tale termine non decorre necessariamente dalla data di emissione del titolo, ma da quando il soggetto titolare è in grado di far valere il suo diritto. In particolare, anche se il titolo è stato emesso oltre 10 anni fa, ma il soggetto interessato lo ha “ritrovato” solo di recente (ovvero nell’ultimo decennio), può agire per il rimborso dello stesso. La prescrizione decorrerà solo dal momento del ritrovamento.