Per alcune categorie di lavoratori si profila un super aumento in busta paga, più ricca fino a 20.000 euro all’anno: ecco chi potrà festeggiare.
Non si tratta di un sogno, ma di una possibilità reale per andare a premiare il merito e i risultati ottenuti in campo lavorativo. Il ricco premio infatti sarà centrato sui risultati e non riguarderà tutti.
Buone notizie in busta paga per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, con un super-premio in arrivo. Soltanto per alcuni però, non per tutti i lavoratori pubblici. Più nel dettaglio, il bonus sarà destinato soltanto a una limitata porzione dei manager della Pa: dirigenti ministeriali, delle agenzie fiscali e degli enti pubblici non economici.
Il bonus sarà legato ad alcuni particolari criteri. In particolare sarà collegato a obiettivi più difficili da raggiungere se confrontati con l’attuale situazione, però con minore rigidità nei criteri, parzialmente fissati dalle singole amministrazioni pubbliche.
Spetterà a una direttiva del ministro della Pa, Paolo Zangrillo, stabilire i criteri nei quali dovrebbe rientrare un bonus che consentirà di superare del 30% la media delle odierne retribuzioni di risultato.
Pubblica Amministrazione, una crisi di personale
Il tentativo è dunque quello di rilanciare la Pubblica Amministrazione, in forte crisi negli ultimi anni. Come emerge da una recente ricerca della Fpa, società del gruppo Digital360, sullo stato della Pubblica Amministrazione italiana. Dallo studio si evince che una delle maggiori difficoltà dei lavoratori del pubblico impiego è la scarsità di motivazioni.
Nel pubblico si fatica in particolare col reclutamento di tecnici e figure specializzate. Il paradosso è che i dipendenti pubblici non sono mai stati così tanti nell’ultimo decennio: 3,266 milioni in tutto. Questa cifra però è più che altro un effetto ottico. Un’illusione prodotta dal balzo dei lavoratori precari. In 12 mesi i contratti a termine hanno toccato infatti quota 437 mila (+22mila),
Un aumento dovuto soprattutto alla scuola – dove i 297 mila precari rappresentano il 30% del personale del comparto e il 68% dei contratti a termine nella Pubblica Amministrazione – e alla sanità (63 mila precari), dove perdura la crisi degli organici. Tolto dunque il 15% del personale a tempo nella Pa, il record del decennio si inverte: i dipendenti stabili della Pubblica amministrazione sono 2.932.529, il minimo dal 2011.
«Fra 2010 e 2020 la Pubblica amministrazione è stata desertificata e ha perso 300 mila persone», ha dichiarato alcuni giorni fa il ministro per la Pa Paolo Zangrillo, annunciando la ripartenza delle assunzioni: per il 2023 si punta a 170 mila nuovi ingressi.
Personale Pa: quali figure mancano
Le difficoltà di reclutamento si spiegano da un lato con gli stipendi che non crescono abbastanza e i contratti troppo brevi. Dall’altro anche con la concorrenza sempre più agguerrita del privato. In particolare c’è grande domanda da parte delle imprese per le professioni più innovative come le figure nel campo del digitale.
Risultato: flop degli ultimi concorsi, col crollo dei partecipanti e un boom di rinunce degli idonei. Una crisi fotografata dal numero dei partecipanti ai concorsi da giugno 2021 a giugno 2022. Parliamo di appena 40 candidati contro una media di 200 nel biennio precedente.
Inoltre, a ben vedere, il numero dei dipendenti pubblici italiani è nettamente inferiore a quello dei principali Stati Ue. In Italia ci sono 5,5 statali ogni 100 abitanti contro gli 8,3 della Francia, gli 8,1 del Regno Unito, i 7,3 della Spagna e i 6,1 della Germania.
Personale pubblico: sempre più anziano
Un sintomo della crisi del pubblico impiego è anche l’età media avanzata dei lavoratori della Pa: 50,7 anni. Mancano i giovani: gli impiegati pubblici under 30 sono soltanto il 4,8% del totale, una percentuale che si riduce al 3,6% tra il personale stabile della Pa.
Peggio ancora va nei ministeri, nella scuola e negli enti locali, dove ogni cento impiegati soltanto due hanno meno di 30 anni e sono assunti in pianta stabile. Il confronto si fa addirittura impietoso quando si passa a conteggiare il personale stabile over 60 nei ministeri: il 29,3%, contro lo 0,7% di under 30. Non va meglio della scuola: 22,8% di over 60 contro lo 0,3% di under 30.
Come conseguenza di questo quadro anagrafico circa un terzo del personale andrà in pensione da qui a dieci anni. Alcune amministrazioni (in particolare quelle della scuola, della sanità e degli enti locali) dovranno sostituire metà della loro forza lavoro.
A confermare la scarsa attrattiva del pubblico impiego concorre un altro fatto. Ovvero che gli stipendi dei lavoratori statali crescono con minore rapidità rispetto a quelli dei privati. Come prova l’indice della retribuzione oraria, che si attesta a 106,1 per il settore pubblico e a 105,4 per il settore privato. Questo quando nel 2009 eravamo, rispettivamente, a 98 per il pubblico e a 88,8 per il privato.
Busta paga: quanto aumenterà col super-premio (e a chi andrà l’aumento)
Per rispondere alla crisi si cerca dunque di mettere in pratica la parola d’ordine del “merito” nel pubblico impiego con l’intesa raggiunta giovedì sera dall’Aran sul contratto Pa nell’area delle “funzioni centrali”. Nel caso di questi lavoratori il rinnovo contrattuale sarà consistente. Per il tabellare si parla di 195 euro lordi al mese in seconda fascia e di 340 euro in prima fascia. I dirigenti avranno il vincolo del risultato, con aumenti più sostanziosi.
Secondo le prime stime da parte dell’Aran, riferite dal Sole 24 Ore, gli aumenti potranno arrivare a valere fino a 16 mila euro per i dirigenti di seconda fascia delle agenzie fiscali, toccando anche i 22.800 euro per i dirigenti di prima fascia. Importi meno corposi invece nei ministeri. Qui si oscilla tra i 6 mila euro dei dirigenti di seconda fascia e i 12 mila euro per quelli di prima fascia. A mezza via invece tra le cifre quelle stabilite per agenzie fiscali e ministeri gli aumenti per i dirigenti degli enti pubblici non economici (come Inps, Inail e Aci).
L’idea del ministro Zangrillo è quella di un rilancio dei premi selettivi per dare maggiore impulso alla performance di 6.200 dirigenti pubblici. Sarà una direttiva – prevista per le prossime settimane – a determinare i criteri per l’attribuzione dei super-premi. Appare probabile che si punti a incentivare le competenze reputate non tradizionali, particolarmente focalizzate sulla valorizzazione del personale dipendente e sulla capacità di gestirlo e motivarlo.
Per ora non esistono criteri prestabiliti in maniera precisa. È facile però che i premi non vengano elargiti secondo percentuali fisse. La cosa più probabile sembra che saranno le amministrazioni a fissare le quote. Destinando comunque i premi a una quota limitata – forse anche minima, di certo non maggioritaria – dei dirigenti pubblici.