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Caldo eccessivo e lavoro: in questi casi puoi rifiutarti di lavorare percependo comunque lo stipendio

Quando sul posto di lavoro il caldo è troppo intenso, ci si può rifiutare di lavorare e in questi casi percepisce pure lo stipendio.

Cerbero sta imperversando su tutto il territorio italiano e le temperature sono diventate così estreme che lavorare non è più solo complicato, ci sono casi in cui diventa persino pericoloso per la salute. La tragica dimostrazione l’abbiamo avuta un paio di giorni fa quando un operaio 40enne nel lodigiano ha accusato un malore che gli è costato la vita.

In condizioni di caldo estremo ci si può rifiutare di lavorare – Grantennistoscana.it

In quel momento, sotto il sole cocente, l’operaio si stava occupando con i colleghi di rinnovare la segnaletica stradale sull’asfalto. Stare a stretto contatto con l’asfalto nelle giornate di forte caldo è rischioso, visto che il manto stradale assorbe il calore ed aumenta ulteriormente la temperatura circostante, rendendo la zona un forno. A causa del troppo caldo ad un tratto l’operaio si è accasciato a terra e nemmeno l’intervento tempestivo degli operatori sanitari è servito a salvargli la vita.

Nel sentire la tragica notizia di cronaca viene da pensare che non si può morire in questo modo e non si può morire sul posto di lavoro. In giornate in cui le temperature sono estreme i lavori più gravosi, quelli in cui non c’è la possibilità di proteggersi dal caldo intenso, dovrebbero essere interrotti a prescindere, senza che siano i lavoratori a doverlo richiedere o a doversi rifiutare di lavorare.

Probabilmente sarebbe utile che venissero create delle ordinanze comunali e regionali apposite, nelle quali – come succede con il maltempo – viene specificato che determinate attività non possono essere svolte, o per lo meno impongano uno stop durante le ore più calde. Nel 2023 è inaccettabile che non vengano messe in atto tutele preventive in tali casi ed è proprio per questo motivo che la morte dell’operaio di Cinisello Balsamo ha generato una dura reazione.

Le parole di politici e sindacalisti sulla morte dell’operaio

Il primo a prendere posizione sulla morte dell’operaio è stato il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, il quale ha sottolineato ciò che dovrebbe essere ovvio: “Non si può morire sul lavoro, non si può morire per il troppo caldo“. In un secondo momento ha chiesto che vengano prese delle precauzioni affinché un episodio simile non si verifichi nuovamente: “In questi giorni siamo di fronte a un’ondata di caldo anomalo e a livelli insopportabili. Forse è il caso che nelle ore più torride vengano presi tutti gli accorgimenti utili a evitare tragedie”.

Le parole di Fratoianni e Cutaia dopo la morte dell’operaio nel lodigiano – Grantennistoscana.it

Anche il segretario dell’associazione sindacale Feneal Uil Milano, Lodi, Pavia e Cremona, Salvatore Cutaia ha commentato l’accaduto, puntando il dito contro la mancanza di rispetto per le condizioni di salute dei lavoratori che questo episodio dimostra: “Ci troviamo davanti a una morte che poteva essere ampiamente evitata, perché non si tratta di una casualità. Sono giorni che si sapeva che si sarebbe raggiunto il picco di calore e gli strumenti per evitare questa situazione ci sono. Ci sono la cassa integrazione, la sospensione del lavoro e le accortezze che si possono prevedere in cantiere”.

Nessuna accortezza è stata presa e nessuna misura di salvaguardia del lavoro e dei lavoratori è stata applicata. Fa male ancora di più sapere che si è trattato di una morte che poteva essere evitata e di una situazione ampiamente prevedibile. Perché dunque non cominciare ad imporre lo stop lavorativo per le mansioni maggiormente a rischio in maniera strutturale?

La legge tutela già i lavoratori: il datore di lavoro è obbligato a salvaguardare la loro salute

La legge ovviamente prevede già delle tutele nei confronti dei lavoratori, visto che l’articolo 2087 del Codice civile obbliga il datore di lavoro a preservare l’integrità morale e fisica dei propri dipendenti. A questo viene associato il Testo unico della sicurezza sul lavoro che è stato redatto nel decreto legislativo 81/2008 e raccoglie tutte le norme a tutela della sicurezza dei lavoratori sul posto di lavoro.

I datori di lavoro sono obbligati a preservare la salute fisica dei propri dipendenti – Grantennistoscana.it

Per quanto riguarda lo stress termico causato dal troppo caldo o dal troppo freddo, bisogna dunque fare riferimento all’allegato IV del Testo unico sulla sicurezza sul posto di lavoro nel quale si fa riferimento al microclima all’interno del luogo in cui si svolge la mansione lavorativa. Vediamo nel dettaglio cosa dice l’allegato e quali sono le possibili azioni che i lavoratori possono compiere nel caso in cui il datore di lavoro non rispetti la legge.

Il microclima sul posto di lavoro

Le regole di cui stiamo parlando riguardano quei lavori che vengono svolti al chiuso e prevedono che all’interno del luogo di lavoro vi sia un’aria salubre e sufficiente al benessere di ciascun lavoratore. Il datore di lavoro pertanto deve dotare la propria azienda di finestre in grado di garantire il ricircolo dell’aria e una temperatura ideale allo svolgimento del lavoro.

Laddove questo non sia possibile, il microclima ideale dev’essere garantito con l’istallazione di impianti di areazione (i climatizzatori). Bisogna garantire che gli impianti di climatizzazione siano posizionati in punti in cui non sottopongano i lavoratori a correnti d’aria fastidiose. Inoltre questi devono essere puliti e igienizzati con regolarità per evitare che causino malattie o allergie.

Le misure preventive

Per quanto riguarda i lavori particolarmente gravosi e la gestione del lavoro durante il periodo estivo, l’Inail fornisce alle aziende e ai lavoratori un manuale che funge da guida in questo periodo dell’anno. In questo manuale sono indicate le misure preventive che devono (o dovrebbero) essere applicate lato aziendale per evitare il rischio di uno stress termico.

Vediamo quali sono queste indicazioni:

  • Consultazione del bollettino della propria città/regione per verificare che non vi siano allarmi sul rischio salute.
  • Ridurre le attività nelle ore più calde della giornata (14-17) e predisporre i lavori più gravosi nelle ore più fresche.
  • Garantire l’acqua.
  • Predisporre un programma di acclimatamento graduale, magari attraverso una turnazione più frequente che riduca le ore e il carico dei lavoratori.
  • Aumentare i turni di pausa e obbligare i dipendenti a rispettarli.
  • Offrire luoghi di pausa con ambiente climatizzato laddove possibile.
  • Offrire dipositivi di sicurezza individuale adatti al lavoro che si sta svolgendo.
  • Fare corsi di formazioni sul rischio di lavorare quando fa caldo prima dell’inizio dell’estate
  • Promuovere la collaborazione ed il supporto tra lavoratori.

Nei giorni in cui il rischio di un colpo di calore è più alto, il datore di lavoro si consulta con il responsabile della sicurezza ed insieme fanno una valutazione dei rischi. In questa le due figure si occupano di stabilire quale sia la temperatura ordinaria con la quale si può mandare avanti l’attività lavorativa senza che i dipendenti siano messi a rischio di salute.

Nella redazione di questo documento, il datore di lavoro s’impegna a migliorare la struttura al fine di garantire che le condizioni di sicurezza vengano garantite all’interno del proprio stabilimento. Qualora si tratti di un lavoro in esterna e non si possa modificare il clima, questo s’impegnerà a fare lavorare i dipendenti solo nel caso in cui vi siano le condizioni di sicurezza necessarie.

Quando i lavoratori possono rifiutarsi di lavorare e percepiscono comunque lo stipendio

In ogni caso i lavoratori hanno la facoltà di rifiutarsi di lavorare quando riscontrano che non ci sono le condizioni necessarie affinché la loro incolumità fisica sia tutelata. Qualora dunque il datore di lavoro non rispetti l’obbligo di tutelare la salute fisica dei dipendenti previsto dall’articolo 2087 del Codice Civile, o non segua le indicazioni dell’Inail sul microclima o sulla valutazione dei rischi, i dipendenti possono sospendere l’attività lavorativa.

Quando le condizioni climatiche sono estreme i lavoratori possono interrompere l’attività – Grantennistoscana.it

Tale diritto è stato sancito da una pronuncia della Corte Costituzionale del 2015 in merito al caso di un dipendente che aveva interrotto l’attività per il troppo freddo. In quel caso gli ermellini hanno dato ragione al lavoratore e obbligato il datore di lavoro a corrispondere la paga prevista per la giornata lavorativa. Sebbene la pronuncia si riferisca a condizioni di eccessivo freddo lo stesso vale per le condizioni climatiche opposte.

Appare chiaro che nel caso dell’operaio di Cinisello Balsamo qualcosa non sia andato nel verso giusto. Bisogna capire quale sia stato il passaggio saltato, se la consultazione del bollettino, la riduzione del lavoro nelle ore maggiormente gravose della giornata o la mancata capacità di constatare se le condizioni della climatiche della giornata garantissero la sicurezza dei lavoratori. Probabilmente però sarebbe meglio non dover valutare questi aspetti a posteriori e imporre delle interruzioni delle attività lavorative nei giorni in cui il rischio è più alto.

Fabio Scapellato

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