I viaggi nel tempo esistono? Ecco la “prova”: una donna che usa un iPhone in un dipinto di 150 anni fa. Vedere per credere.
Una donna che cammina in un sentiero bucolico tutta concentrata su uno smartphone che tiene in mano. Direte: cosa c’è di eccezionale? Scene del genere sono di ordinaria amministrazione in qualsiasi angolo del globo al giorno d’oggi. Anche in mezzo al traffico cittadino, mentre mangia a tavola, durante gli allenamenti sportivi la gente non perde di vista dal suo telefonino…
Il fatto è che la scena descritta all’inizio compare in un dipinto realizzato ben 150 anni fa da un pittore e scrittore austriaco considerato uno dei più grandi ritrattisti del XIX secolo. Un’immagine che lascia sconcertati gli amanti dell’arte e il grande pubblico: la donzelletta in questione sembra proprio giocare o chattare con un dispositivo dei giorni nostri mentre va per la campagna…
Il mistero dello smartphone nel dipinto ottocentesco
Il dipinto incriminato si intitola Die Erwartete (La donna attesa) e Ferdinand George Waldmüller l’ha realizzato nel lontano 1860. La protagonista cammina al sole, apparentemente disconnessa dal mondo che la circonda, mentre un uomo si inginocchia all’ombra stringendo un fiore in primo piano. L’immagine è diventata famosa per la prima volta su Internet nel 2017, quando il quadro era esposto al Neue Pinakothek Museum di Monaco, in Germania. E già allora si sprecavano battutine sulla donna che ignorava il tizio perché probabilmente impegnata a scandagliare profili su Tinder, e cose del genere…
Ma, come dice il proverbio, l’apparenza inganna. L’immagine mostra in realtà la donna che si concentra profondamente sul suo libro di preghiere: la sua devozione a Dio è molto più grande dell’uomo mortale e dei suoi desideri terreni. Questa informazione – leggermente deludente, ammettiamolo – proviene dalla galleria stessa, e sarà senza dubbio difficile da mandar giù per quanto sono convinti che il dipinto sia la prova concreta di un viaggio nel tempo.
“Ciò che mi colpisce di più è quanto un cambiamento nella tecnologia abbia modificato l’interpretazione del dipinto, e in un certo senso abbia sfruttato il suo intero contesto”, ha detto Peter Russell, il primo ad accorgersi dell’inganno visivo. “Il grande cambiamento – ha aggiunto – è che nel 1850 o nel 1860, chiunque avrebbe identificato l’oggetto in questione come un libro di preghiere”, mentre “oggi è impossibile non associare la scena a un’adolescente assorbita dai social media sul proprio smartphone“. O tempora…