La chiamano “legge dello specchio”: può aiutarci a uscire dalle nostre gabbie interiori e spingerci ad accettarci per quello che siamo.
Cos’è e come funziona questa misteriosa legge che potrebbe cambiare il nostro approccio alle cose della vita? L’idea di base è che tra il nostro mondo interiore e quello esteriore ci sia una sorta di parentela: un riflesso che può condizionarci in negativo ma anche in positivo.
Se dovessimo definire la legge dello specchio con una frase, non ci sarebbe definizione migliore di quella data dal filosofo-contadino Gustave Thibon: «Un rimprovero che ci vien mosso da altri ci colpisce e ci ferisce nella misura in cui, incoscientemente, lo rivolgiamo già a noi stessi».
In sostanza, ciò che ci piace di meno si trova già al nostro interno e nelle varie situazioni della vita tendiamo a proiettare all’esterno questa immagine, negativa o positiva che sia. Come in uno specchio appunto. Inutile dunque evitare di fare i conti con noi stessi, perché tutto ciò che proveremo a rimuovere o a scacciare dal nostro orizzonte tornerà comunque a ripresentarsi davanti ai nostri occhi. Sotto forma di riflesso, come uno “specchio” che riflette la nostra vita interiore.
Perciò quando vediamo qualcosa che ci infastidisce all’esterno spesso non stiamo facendo altro che “zoomare” su una nostra zona buia che preferiamo tenere nascosta nel subconscio. Pensiamo che lo sbaglio stia fuori di noi, quando invece è al nostro interno che qualcosa non va.
Legge dello specchio: come funziona
Insomma, la legge dello specchio suggerisce una parentela (forse scomoda) tra la nostra vita interiore e quella esteriore. In particolare aiuta a spiegare perché siamo così sensibili a una delle emozioni negative più diffuse nelle società umane: l’esperienza del fastidio.
Fare i conti con ciò che ci infastidisce può aiutarci con noi stessi e a produrre un cambiamento positivo nella nostra vita, aiutando ad accettarci. Gli psicologi ci ricordano che la legge dello specchio opera su 3 livelli:
- Ci dà fastidio quello che siamo;
- Ci dà fastidio quello che vorremmo essere;
- Ci dà fastidio quello a cui abbiamo rinunciato (o che ci è stato tolto).
Primo livello: il fastidio per ciò che siamo
Tutti noi abbiamo una tipologia di persone che ci infastidisce particolarmente, che proprio non riusciamo a sopportare. Mettiamo il caso che siano le persone saccenti e presuntuose: forse è il caso di chiedersi se il fastidio che proviamo non derivi, come diceva Thibon, da un rimprovero che inconsciamente rivolgiamo a noi stessi. Per la nostra saccenteria, per la nostra presunzione.
La legge dello specchio parla chiaro: presunzione e saccenteria ci infastidiscono tanto perché c’è qualcosa in noi che non accettiamo. A scanso di equivoci, è assolutamente normale provare fastidio se una persona si comporta in questa maniera con noi. Ma se le persone saccenti e presuntuose ci infastidiscono in modo assoluto, allora siamo nel campo della legge dello specchio.
Questo non vuol dire nemmeno che siamo per carattere saccenti e presuntuosi. Significa piuttosto, che inconsciamente abbiamo qualche conto in sospeso con noi stessi. Magari perché una volta ci abbiamo rintuzzato da professorini arroganti una persona a noi cara. Così facendo però non abbiamo ferito solo lei, ma anche aperto in noi una sorta di ferita emotiva. Una piaga, insomma, che si fa ancora sentire sotto forma di senso di colpa.
Allora forse bisogna chiedersi se non sia il caso – se non lo abbiamo già fatto – di scusarci con la persona che abbiamo ferito col nostro irritante atteggiamento. Ma non sarà male anche chiederci se forse non siamo troppo severi con noi stessi per gli errori fatti in passato. Quando il senso di colpa diventa una zavorra dolorosa rischia infatti di paralizzarci. In questi casi dunque occorre essere indulgenti anche con noi stessi e avere la forza e il coraggio di perdonarci.
Secondo livello: il fastidio per ciò che vorremmo essere
Siamo sinceri: a volte ci infastidiscono comportamenti per i quali proviamo una segreta invidia. Magari ci dà fastidio il campione dello sport che vive a mille all’ora senza badare alle regole che trasgredisce. Ammettiamolo, quel fastidio esagerato e intollerabile che proviamo solo a sentirlo nominare non nasce forse, in fondo, dal fatto che lui ha il coraggio – oltre che i mezzi e le capacità – di fare quello che a noi non riesce?
Allora la cosa da chiedersi è quale sia la vera misura del successo per noi. È accumulare soldi, donne e macchine come se non ci fosse un domani? Sono i trofei e i trionfi sportivi? Davvero ci sentiamo dei falliti se nel nostro personale palmares non c’è nulla di tutto questo?
Sarebbe l’errore più colossale della nostra vita. Perché il successo non si misura dagli obiettivi che abbiamo raggiunto, ma dal coraggio con cui abbiamo affrontato e superato i fallimenti. Si misura coi gesti di amore, piccoli o grandi che siano, di cui abbiamo disseminato la nostra vita. Per ciò che abbiamo saputo donare agli altri, non per quello che abbiamo “accumulato” più o meno per merito nostro.
In sostanza, cos’è che davvero conta per noi? Capirlo può aiutarci a evitare di rimuginare sul passato e su modelli di vita che, in fin dei conti, potremmo scoprire essere ben poco esemplari.
Terzo livello: il fastidio per quello a cui abbiamo rinunciato
La vita è fatta di “sliding doors”, di porte scorrevoli che, a seconda delle nostre o delle altrui scelte, ci portano in una direzione o in un’altra. Scelte che comportano a volte anche delle rinunce dolorose, che a volte magari ci sono state imposte da altri (dai nostri genitori ad esempio).
Magari abbiamo rinunciato a vivere una storia d’amore e così al solo vedere una coppia felice ci sale l’orticaria. Anche in questo caso il problema non sono le coppie felici (anzi, magari ce ne fossero di più), siamo noi, che ci ancoriamo con ostinazione a un passato che non passa e non finisce di condizionare pesantemente il nostro presente.
La legge dello specchio ci dice che il modo in cui guardiamo alle situazioni esterne è influenzato da quelle parti di noi che non abbiamo accettato e che non vogliamo riconoscere. Dunque cerchiamo di risolvere il problema nella maniera più veloce: eliminando il problema esterno. Il problema è che così non risolviamo nulla: non è certo cambiando lavoro, partner o città che risolveremo i nostri problemi.
Come possiamo usare la legge dello specchio per cambiare la situazione
Se in noi ci sono dei conflitti irrisolti ce li trascineremo sempre dietro. Dunque non ci sono scuse: dobbiamo fare i conti con noi stessi, per impedire che gli eventi esterni prendano il sopravvento su di noi. E come fare? Usando sempre la legge dello specchio per rovesciare la situazione.
Prima di tutto cercando di avere ben chiaro cosa vogliamo, quali siano i nostri pensieri e i nostri desideri. Perché attraverso loro influenzeremo anche la realtà che ci circonda. Ma anche concentrandoci su ciò che vogliamo realizzare invece che su quello che vogliamo evitare di fare. Pensare in maniera positiva e costruttiva: a come farcela invece di essere assillati dal pensiero di un possibile fallimento.
Possiamo anche provare a immaginare di vivere già quanto desideriamo, sfruttando la forza dataci dalle emozioni positive generate da quella situazione. Ma anche imparare a ringraziare per quanto già abbiamo ricevuto nella nostra vita è un potente aiuto. Imparare a rivalutare il sentimento di gratitudine è fondamentale. Perché, come ha detto lo scrittore britannico G. K. Chesterton, «la misura di ogni felicità è la riconoscenza».