Incredibile ma vero: anche collezionare libri può portare al rischio di fare incontri particolari con copertine velenose. Attenzione a toccarle!
Sì, esistono libri “al veleno”. Ecco come riconoscerli e come comportarsi se dovessimo trovarcene uno nella libreria.
Quando pensiamo a qualcosa di velenoso è probabile che la prima cosa a venirci in mente sia il veleno dei serpenti. Oppure la tossicità dei funghi, al limite qualche prodotto di laboratorio. Come qualche temibile topicida: il veleno per uccidere i topi in occasione delle derattizzazioni.
Di sicuro però non penseremmo mai ai rischi di avvelenamento (reali, non romanzati) legati alla letteratura. Quelli che potrebbe correre un particolare tipo di topo: il topo di biblioteca. Parliamo naturalmente non di topi veri, ma degli appassionati di letture o di veri e propri bibliofili.
Insomma, di chi in genere anche a casa propria custodisce gelosamente una biblioteca privata – che di solito riempie quasi ogni spazio disponibile dell’abitazione. Magari stipandola, oltre che di volumi più recenti, anche di libri antichi pieni di macchie di muffa e di umidità.
Quando la copertina è “al veleno”: come riconoscerla
In realtà, per quanto possa sembrare incredibile, un rischio collegato al veleno c’è anche per i topi di biblioteca. È quanto emerge dal Poison Book Project, un programma nato nel 2019 che si concentra proprio sullo studio di volumi storici che risultano contaminati dall’arsenico, una sostanza velenosa per l’uomo.
La storia del Poison Book Project e della sua nascita è molto interessante. Tutto nasce da analisi di laboratorio fatte eseguire su alcuni antichi volumi da parte della ricercatrice americana Melissa Tedone, conservatrice museale e responsabile del laboratorio per la conservazione del materiale librario presso il Winterthur Museum, Garden & Library del Delaware.
Forse mai l’esperta avrebbe pensato all’arsenico mentre era impegnata a studiare il libro Rustic Adornments for Homes of Taste, di epoca vittoriana e risalente al 1857. Il volume era di particolare bellezza, a partire dal color verde smeraldo con numerose impressioni dorate in copertina. Malgrado il grande impatto visivo, però, il libro appariva complessivamente in un pessimo stato di conservazione.
La studiosa si è accorta poi di come il colorante si staccasse con grande facilità dalla copertina. Questa osservazione l’ha portata a ipotizzare che potesse trattarsi di qualche particolare pigmentazione. Così ha deciso di far sottoporre il libro ad analisi più approfondite e sofisticate.
Con sua grande sorpresa, da una scansione ai raggi X è emerso che sulla copertina del libro erano presenti rame e arsenico, in una concentrazione pari a 1,42 milligrammi per centimetro quadrato. Da questa scoperta all’idea di studiare altri volumi rilegati in tela con le stesse caratteristiche il passo è stato breve. Le attenzioni dei ricercatori si sono appuntate in particolare sulla copertina colorata di verde brillante.
Quanti sono i libri “avvelenati” nel mondo?
La loro ipotesi alla fine si è rivelata corretta. Il libro di età vittoriana non era certo il solo a essere contaminato dal veleno. Finora le analisi hanno portato a individuare ben 88 libri “avvelenati” del XIX secolo ma naturalmente si stima che gli esemplari sparsi in giro per il mondo possano essere molto più numerosi.
Una settantina di questi libri al veleno risultano rivestiti di una stoffa verde brillante, gli altri hanno parti pigmentate al loro interno (decorazioni o etichette cartacee). Tedone è anche riuscita a rintracciare – e a comprare – uno di questi libri color verde smeraldo in una libreria del posto, che lo aveva messo in vendita senza problemi.
Quanti potrebbero essercene di questi libri «verde arsenico» in circolazione? «È piuttosto difficile da dire, perché abbiamo ancora pochi dati a riguardo, ma credo che siano nell’ordine delle migliaia, in tutto il mondo», dichiara a National Geographic la scienziata. «In ogni biblioteca che conservi volumi rilegati in stoffa della metà del XIX secolo probabilmente ce ne sono almeno un paio». Dalle ricerche del team statunitense è emerso che la gran parte di questi libri sono stati prodotti a metà Ottocento.
Libri tossici: sono pericolosi per la salute?
Ma quale può essere la pericolosità di questi libri per la salute di chi dovesse trovarsi a maneggiarli, sia in laboratorio che in maniera del tutto inconsapevole? Con ogni probabilità si tratta di un rischio basso, per non dire minimo.
Infatti la concentrazione riscontrata sui volumi verde smeraldo ammonta a circa l’1,4% della dose che sarebbe letale per un adulto. Sulla copertina del Rustic Adornments è stata rilevata una quantità di arsenico pari in media a 1,42 milligrammi per centimetro quadrato. La dose mortale per una persona adulta equivale a circa 100 milligrammi (più o meno la grandezza di qualche chicco di riso).
In concreto ad avere dei fastidi potrebbero essere soprattutto le persone che li maneggiano con una certa frequenza: ricercatori o bibliotecari che accidentalmente potrebbero inalare o ingerire delle particelle di arsenico. Con conseguenze che potrebbero andare da uno stato di lieve letargia e stordimento a problemi di diarrea e dolori addominali. Anche a livello della pelle l’arsenico può fare danni, causando lesioni e irritazioni.
In caso di avvelenamento grave, dovuto all’esposizione a dosi elevate, l’arsenico può provocare invece sintomi come insufficienza cardiaca, malattie polmonari, disfunzioni neurologiche, danni permanenti agli organi e, nei casi più estremi, può rivelarsi anche letale.
Come maneggiare i libri color smeraldo
Quando gli addetti della biblioteca del Winterthur Museum sfogliano questi libri utilizzano guanti in nitrile, pulendo successivamente le superfici con cui i volumi sono entrati in contatto. Infine provvedono a lavarsi le mani.
Il consiglio fornito dagli esperti a chi si trova a maneggiare questi volumi è quello di tenerli separati dagli altri libri e di toccarli usando cappe chimiche, in modo da non disperdere il particolato di arsenico. La biblioteca di Winterthur li ha isolati buste di plastica sigillabili e trasferiti in un’area apposita. Chi sfoglia i tomi deve indossare dei guanti.
Che fare di questi volumi da sfogliare con estrema attenzione? Non sarebbe meglio disfarsene? Melissa Tedone, che di mestiere si occupa di conservare i libri, consiglia decisamente di non farlo. «Non c’è nulla di cui preoccuparsi, non è necessario gettarli», spiega sempre a National Geographic. «Basta adottare le necessarie precauzioni e non sottovalutare la pericolosità di questi oggetti».
Occhio dunque ai volumi antichi con una copertina color verde brillante. In questo caso meglio stare attenti a come si maneggiano!
“Verde arsenico”: quando è nata l’idea di usarlo per colorare le cose
Quando nacque l’idea di usare un pigmento tossico per colorare i libri? Il verde smeraldo, noto anche come «verde di Parigi», «verde di Vienna» e «verde di Schweinfurt», nasce dalla combinazione dell’acetato di rame col triossido di arsenico. Dalla combinazione si produce l’acetoarsenito di rame, un pigmento tossico messo in commercio nel 1814 dalla ditta Wilhelm Dye and White Lead Company di Schweinfurt, in Germania.
Il famigerato pigmento era impiegato nella colorazione di un’ampia serie di prodotti, non solo libri. Così il verde all’arsenico finì per ricoprire anche vestiti, carta da parati, fiori finti, anche i colori per pittori. Si può dire, senza esagerare troppo, che l’Inghilterra vittoriana fosse intrisa di questo colore tossico. Fino al 1860 nel Regno Unito vennero prodotte in totale oltre 700 tonnellate del pigmento velenoso.
Un «colore per morire»
Da tempo si sapeva che l’arsenico è una sostanza tossica. Ma questa consapevolezza spesso cedette al fascino di quel suo colorito brillante che, oltre a essere molto richiesto, aveva pure il pregio del basso costo di produzione.
Il problema però è che le carte da parati rilasciavano una polverina verde tossica che si infilava dappertutto, spargendosi indifferentemente su pavimenti e cibi. Non pochi problemi davano anche i vestiti colorati col famigerato pigmento, che irritavano la pelle e intossicavano chi li portava addosso.
Malgrado i pericoli il verde smeraldo era, come è stato detto, letteralmente «un colore per cui morire». E la società vittoriana del tempo lo considerava un elemento integrante del proprio stile di vita. Nel frattempo questi prodotti tossici cominciarono a circolare negli Stati Uniti e in una parte del continente europeo.
La rivoluzione libraria del XIX secolo
Con la rivoluzione industriale dell’Ottocento un’invenzione mutò in profondità il settore della legatoria. Fino agli inizi del secolo i libri erano essenzialmente una produzione artigianale. Erano fatti a mano e poi rilegati in pelle dagli artigiani. Grazie alle nuove possibilità tecniche si trovò presto una maniera per produrli in serie, in modo da soddisfare la domanda sempre crescente da parte di una platea potenziali lettori.
Negli anni Venti del XIX secolo si sviluppò una tecnica di rivestimento del tessuto con amido che permise di realizzare un materiale sufficientemente solido e resistente – a differenza del passato – per rilegare i libri. Nacque così la prima copertina in tessuto, che costituì un vero punto di svolta.
Meno costoso della pelle, il tessuto rese possibile vendere i libri a prezzi diversi rendendoli accessibili anche a un maggior numero di lettori di ogni ceto sociale. Questa innovazione mutò per sempre il panorama del mondo della lettura, prima ancora che riempire le tasche degli editori.
Perché il verde smeraldo finì sui libri più diffusi
Per il definitivo decollo dei libri rilegati in tessuto bisognerà attendere gli anni Quaranta del XIX secolo. Per colorare le copertine i rilegatori usavano coloranti e pigmenti. I primi consistono in soluzioni capaci di legarsi chimicamente al materiale su cui vengono applicati, mentre i pigmenti sono composti vanno a ricoprire fisicamente il materiale (lo svantaggio è che col tempo però i pigmenti si screpolano e tendono a sfaldarsi). E naturalmente, in quanto sfumatura di verde allora più in voga, anche il famoso verde smeraldo fece capolini sulle copertine dei libri più venduti.
Malgrado la sua tossicità, il verde arsenico non venne mai vietato. L’utilizzo di questa sostanza venne meno in maniera naturale, per la cattiva reputazione che si portava dietro o perché semplicemente il colore verde smeraldo andò fuori moda.