L’applicazione che permette di conoscere sostanze dannose o pericolose per il nostro organismo spopola, è ormai tra le più scaricate
Davanti gli scaffali dei cosmetici è molto difficile sapersi orientare, di solito a prevalere è il senso di sconforto e scoraggiamento causato dalle infinite possibilità che vengono proposte. Esiste però un’app che può aiutarci a scegliere i prodotti che possano fare al caso nostro, così da evitare quelli più nocivi per l’organismo.
È stata sviluppata in Francia nel 2017 da Benoit Martin, François Martin and Julie Chapon. Come funziona? Basta scannerizzare il codice a barre di un alimento o un cosmetico per ottenere un rating da 0 a 100 supportato dall’incrocio di studi e dati sugli ingredienti contenuti negli stessi. Un’invenzione geniale che è diventato un must per ogni consumatore attento.
L’interfaccia è intuitiva e chiara e il sistema di valutazione è trasparente, i meccanismi e gli ingranaggi che ne permettono il funzionamento sono reperibili online. Ciononostante, non sono mancate polemiche per i criteri utilizzati dall’applicazione che scoraggerebbero l’acquisto di alcuni prodotti rispetto ad altri. Gli sviluppatori vengono accusati di voler manipolare il mercato indirizzando le scelte degli utenti verso marchi specifici.
L’applicazione Yuka sta vivendo un vero e proprio boom in Europa e negli Stati Uniti, nasce nel 2017 in Francia e ora è tra le più scaricate anche in Italia – ha superato da tempo i 2 milioni di download. Conta ormai oltre 30 milioni di utenti attivi e sta avendo un impatto impressionante sulla vita dei consumatori. Sì perché valuta prodotti alimentari e cosmetici, segnalando le sostanze a rischio presenti in essi. Il sistema è spiegato chiaramente sul sito ufficiale.
Per il cibo le percentuali che formano il voto (da 0 a 100) sono così ripartite: “Le qualità nutrizionali contribuiscono per il 60%, la presenza di additivi il 30% mentre la componente biologica pesa per un 10%”. I cosmetici invece vengono inseriti in quattro categorie di rischio con i relativi bollini a colori: nessun rischio (verde), basso rischio (giallo), rischio moderato (arancione) e rischio alto (rosso).
Nonostante l’evidente utilità dell’app, negli ultimi tempi sono stati sollevati diversi dubbi sulla sua affidabilità. Sono intervenuti anche tanti esperti e autorità sull’argomento, tra le altre anche l’Antitrust, visto che la selezione che viene fatta seguirebbe criteri totalmente arbitrari, scelti a tavolino dagli sviluppatori, senza conoscere i dettagli sulla filiera dei prodotti. Dai piani alti di Yuka però fanno valere la propria indipendenza e oggettività nei giudizi, negando qualsiasi accusa di voler influenzare il mercato.
A dimostrazione del fatto che nessun marchio li abbia ‘comprati’ è stata la stessa azienda a rivelare la provenienza degli introiti. Il 65% del fatturato arriverebbe dall’acquisto della versione a pagamento dell’app – che mettere a disposizione diverse funzioni premium, tra cui l’accesso al database integrale, il 20% dalle vendite del libro Le guide de l’alimentation che è stato pubblicato nel 2020 in Francia, il 10% dai calendari di frutta e verdura di stagione e il 5% dal programma nutrizionale proposto – della durata di dieci settimane, studiato ad hoc con ricette specifiche per modificare le abitudini alimentari.
I primi segnali di un malcontento nel nostro Paese nei confronti di Yuka si erano palesati quando nel 2021 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva deciso di condurre un’indagine sul comportamento possibilmente dannoso dell’applicazione. In poche parole, il sentimento che va per la maggiore è che i consumatori vengano spinti con forza verso un mercato solo apparentemente ‘migliore’ o più salutare, che li ha porta a scegliere alcuni prodotti a discapito di altri.
Il vero problema, soprattutto per quanto riguarda i cosmetici, è intrinseco al sistema di valutazione che fa comparire prima gli ingredienti più pericolosi, generando ansia nell’utente. Non vengono tenute in conto invece le quantità degli o la provenienza (nella maggior parte sicura) degli stessi. Insomma, una selezione sicuramente discutibile. La stima sulla pericolosità o meno delle sostanze in Ue viene eseguita a monte dal Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori, il CSS, massima autorità in Europa in materia che dà l’ok per la diffusione sul mercato su richiesta della Commissione europea.
Yuka però utilizza solamente alcune fonti a supporto della propria tesi, scartando quelle che possano minarla, ad esempio scegliendo vecchie pubblicazioni – come nel caso dei prodotti derivati dal petrolio possibilmente cancerogeni. Sono le stesse aziende ormai che chiedono ai produttori di utilizzare solamente ingredienti che possano rientrare nei crismi dell’applicazione francese. Il mercato sarebbe stato indirizzato in quella direzione, il rischio è che nella mente dei consumatori il meccanismo dei semafori soppianti il parere di esperti e professionisti del settore.
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