C’è una procedura ben precisa, prevista da una legge ad hoc, per aiutare a pagare chi si è fortemente indebitato.
Ecco a chi bisogna rivolgersi per ricevere una grossa mano quando il peso dei debiti si è fatto opprimente come un macigno.
In un tempo che al di là dei grandi proclami – che hanno il grande vantaggio di essere sempre a costo zero – non sembra avere molto a cuore la dignità del lavoratore perdere l’impiego e trovarsi senza lavoro è una possibilità concreta. E con la perdita del lavoro vengono meno le entrate che magari ci servivano non soltanto per provvedere alle esigenze della famiglia, ma anche a pagare i debiti.
Per chi versa in questa condizione lo Stato ha ideato dunque una procedura per aiutare chi si trova a essere pressato dal peso opprimente dei debiti. In altri termini, per dare una mano concreta a chi attraversa una situazione di sovraindebitamento, coi debiti che hanno superato i redditi disponibili.
Parliamo di una condizione che può riguardare chiunque: dai semplici cittadini alle famiglie e alle imprese, ma anche gli stati. Per le imprese sovraindebitate arrivano anche il fallimento e il pignoramento dei beni.
Sovraindebitamento, una procedura per uscirne
Chi dunque è gravato da una pesante situazione di crisi debitoria ha la possibilità di accedere alla procedura prevista dalla Legge n. 3 del 2012: la cosiddetta “Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento“.
Si tratta di un metodo che permette di risollevare la situazione del debitore senza penalizzare il creditore, che avrà comunque quanto gli spetta. Una soluzione possibile grazie a un accordo di ristrutturazione del debito che eviterà il pignoramento dei beni del debitore.
Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento: a chi si rivolge
Questa procedura non si rivolge alle grandi aziende, per le quali sono stati pensati altri metodi di gestione delle crisi, ma a realtà di minore entità come:
- Consumatori (persone comuni rimaste disoccupate);
- Piccoli imprenditori commerciali che non rientrano nella legge fallimentare non rispecchiando i requisiti previsti dall’articolo 1 della succitata normativa;
- Ditte individuali cancellate da almeno un anno dal registro delle Imprese dopo aver chiuso l’attività;
- Start up innovative, non sottoposte alla legge fallimentare per via del decreto legge n. 179/2012;
- Aziende agricole;
- Soci delle società di persone (s.s., s.n.c. e s.a.s.: art. 147 della legge fallimentare);
- Enti privati non commerciali (ovvero onlus, associazioni, fondazioni…);
- Artisti;
- Liberi professionisti;
- Società di professionisti;
- Associazioni professionali.
Chi rientra in una di queste categorie e versa in una situazione di crisi può rivolgersi all’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) competente della sua zona. È l’ente pubblico autorizzato dal Ministero di Giustizia a fare uno studio di fattibilità sul caso del debitore, che assisterà durante ogni fase del procedimento di ristrutturazione della crisi.
Prima di tutto l’OCC fornisce informazioni utili sulla procedura, valutando poi se il debitore può accedervi o meno. Dopo aver valutato quali debiti possano essere inclusi nella ristrutturazione, stilerà un piano di risanamento da inviare al giudice per l’omologa.
Legge salva crisi: le tre vie per uscire dal sovraindebitamento
A introdurre la Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento è stata la Legge n. 3 del 2012, detta anche Legge salva crisi (o perfino Legge anti suicidi).
A seconda dei casi la normativa prevede procedure diversificate:
- Piano del consumatore. Questa procedura riguarda unicamente chi non è titolare di una partita IVA, dunque semplici consumatori o padri di famiglia indebitati (magari per un mutuo);
- Accordo di ristrutturazione dei debiti. Una procedura che si rivolge alle imprese e ai liberi professionisti;
- Liquidazione dei beni. Si tratta della classica ultima spiaggia: questa procedura è indirizzata a tutti (consumatori, imprese e liberi professionisti); in questo caso non siamo in presenza di un accordo di risanamento vero e proprio, ma di qualcosa che nasce dalla spontanea volontà da parte del debitore di vendere tutti i suoi beni per pagare i debiti.
Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, come funziona caso per caso
All’atto pratico, la procedura consiste in una domanda che andrà inviata al tribunale che, se la accoglierà, la omologherà con un apposito decreto.
Ecco come funziona la procedura caso per caso (Piano del consumatore, Accordo di ristrutturazione dei debiti, Liquidazione dei beni).
Piano del consumatore
Chi si trova in una situazione di indebitamento (perché magari ha perso il lavoro ed è indebitato) può aderire al Piano del consumatore rivolgendosi agli Organismi di Composizione della Crisi oppure a professionisti abilitati (avvocati, commercialisti, notai, ecc.).
Come detto il Piano del consumatore è rivolto ai semplici consumatori, non alle imprese. I passaggi da seguire sono tre:
- Stesura della proposta. Bisognerà redigere – insieme all’OCC o al professionista abilitato – una proposta di accordo. In altre parole un piano di restituzione del debito sulla base delle condizioni del debitore. La legge non fissa limiti al contenuto della proposta. Il professionista aiuterà a cercare di capire quale sia il piano più adatto alla situazione concreta del consumatore indebitato. Nella proposta possono rientrare anche i beni o i redditi futuri del debitore. Al suo interno deve riportare le somme dovute e l’elenco dei creditori, le cause dell’indebitamento, i motivi che rendono attendibile la proposta e lo stato di famiglia del debitore.
- Deposito. Successivamente l’OCC o il professionista provvedono a depositare la proposta in Tribunale e, entro 3 giorni, anche all’agente della riscossione.
- Omologazione. Dopo aver ricevuto la proposta, il giudice bloccherà le azioni eventualmente già in corso per espropriare i beni. Se dovesse ritenerla fattibile e idonea, la omologherà attraverso un apposito decreto. In tal caso i creditori saranno obbligati ad accettare i Piano del consumatore.
Accordo di ristrutturazione dei debiti
Questa procedura, come anticipato, è rivolta a liberi professionisti o imprenditori in crisi. Che potranno cercare un accordo coi loro creditori. Per portare in tribunale l’accordo e farlo omologare occorre che almeno il 60% dei creditori abbia aderito all’accordo, che andrà messo per iscritto.
Andrà allegata, insieme all’accordo, anche la relazione di un professionista (un commercialista ad esempio) in grado di attestare l’obiettività dei dati aziendali e la fattibilità del piano per il pagamento totale dei debiti entro 120 giorni. Questi andranno conteggiati a partire dall’omologazione del giudice (in caso di debiti che il giorno dell’omologazione risultavano già scaduti) oppure dalla scadenza (se invece il giorno dell’omologazione non erano ancora scaduti).
Dopodiché l’OCC o il professionista pubblicheranno l’accordo sul Registro delle Imprese, per dare modo ad altri creditori o a ogni persona interessata di poter eventualmente fare opposizione. In caso di assenza di opposizioni (o comunque dopo che saranno state risolte), il giudice provvederà a omologare l’accordo.
Liquidazione dei beni
Come dicevamo la liquidazione dei beni rappresenta l’ultima spiaggia per saldare i propri debiti. Chiunque si trovi in una condizione di sovraindebitamento (consumatore, imprenditore o libero professionista) potrà rivolgersi al Tribunale rendendo nota la sua volontà di consegnare i propri beni. A questo punto il Tribunale nominerà un liquidatore che dopo aver quantificato il patrimonio del debitore venderà i beni per pagare i creditori col denaro ricavato dalla vendita.
Tra i beni non liquidabili rientrano:
- Stipendio, pensione o reddito guadagnato con la propria attività (limitatamente a quanto necessario per il mantenimento della propria famiglia);
- Assegno di mantenimento e alimenti;
- Crediti non pignorabili (ai sensi dell’articolo 545 del Codice di procedura civile);
- Frutti derivanti dall’usufrutto dei beni dei figli oltre ai beni costituiti in fondo patrimoniale e i loro frutti.
Proposta di accordo
All’interno della proposta di accordo, da redigere insieme all’OCC, devono essere indicati:
- Dati anagrafici del debitore;
- Illustrazione della situazione del debitore;
- Cause dell’indebitamento;
- Nome dei creditori e somme dovute;
- Analisi e ragioni che non permettono al debitore di pagare;
- Resoconto della solvibilità del debitore;
- Attuale patrimonio mobiliare e immobiliare del debitore;
- Attuale della condizione reddituale del debitore;
- Analisi della situazione e delle necessità familiari.
Piano del consumatore e riduzione del debito: una sentenza storica
Dopo la legge n. 3 del 2012 sono arrivate diverse sentenze, di grande importanza perché anch’esse costituiscono norma giuridica. Quella più rilevante, da questo punto di vista, appare quella emessa dal Tribunale di Busto Arsizio in data 15 settembre 2014.
Il Tribunale ha notevolmente ridotto (dell’85%) la cartella Equitalia di una signora, non soltanto approvando il suo piano di risanamento ma riducendo anche il debito. Abbassandolo da 87 mila a 11 mila euro. Con la nuova legge e la storica sentenza del Tribunale di Busto Arsizio è dunque possibile ridurre i debiti con Equitalia adeguandoli in proporzione alla condizione economica del debitore proponente.