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Curiosità

Dramma suicidi, perché uomini e donne decidono di togliersi la vita: non solo patologie psichiatriche

Nel dramma del suicidio contano molto i fattori individuali, come le malattie psichiatriche. Ma non è tutto: pesano anche altri fattori.

In questi giorni ha scosso l’opinione pubblica la tragedia che si è consumata a Cles, in Trentino, dove una mamma di 41 anni si è lanciata da un ponte alto 90 metri col figlioletto di appena 4 anni. Ricordandoci, una volta di più, quanto sia lacerante per tutti la ferita di chi si congeda volontariamente dal mondo togliendosi la vita.

Ogni anno si consuma una strage silenziosa nel mondo: è la piaga del suicidio – grantennistoscana.it

Ogni anno sono circa 703 mila le persone che si suicidano. Si stima che a livello mondiale il tasso di suicidio sia pari a 9 suicidi ogni 100 mila abitanti, anche se con una variabilità notevole (da un minimo di 2 suicidi a un massimo di oltre 80 morti per 100 mila persone).

Generalmente si suicidano di più i maschi: è il cosiddetto “gender gap” dei suicidi, con gli uomini che si tolgono la vita dalle circa 2 alle 3 volte di più delle donne (in particolare nei Paesi a reddito più alto). In termini assoluti ci si suicida di più (77% delle morti totali per suicidio) nei Paesi a reddito medio o basso, dove è concentrata anche la maggior parte della popolazione mondiale.

Guardando invece all’età dei suicidi, si nota che oltre la metà delle persone che si sono tolte la vita (58%) ha meno di 50 anni. Nella fascia di età 15-19 anni il suicidio è la quarta causa di morte (dopo gli incidenti stradali, la tubercolosi e la violenza interpersonale).

I Paesi dove ci si suicida di più

I tassi di suicidio (sempre per 100 mila abitanti) variano anche in base alla regione geografica: si va dagli 11,2 suicidi dell’Africa ai 10,2 del Sud Est asiatico, passando per i 10,5 dell’Europa.

Più di 7 suicidi su 10 avvengono nei Paesi più poveri del mondo – grantennistoscana.it

Nel 2019 i Paesi coi tassi più elevati di suicidio nel mondo (sempre per 100 mila abitanti) sono risultati questi:

  1. Lesotho:  72,4
  2. Guyana: 40,3
  3. Eswatini (Swaziland): 29,4
  4. Corea del Sud: 28,6
  5. Kiribati: 28,3
  6. Stati Federati della Micronesia: 28,2
  7. Lituania: 26,1
  8. Suriname: 25,4
  9. Russia: 25,1
  10. Sud Africa: 23,5

In Europa, a capeggiare questa triste classifica invece è il Belgio, con 18,3 suicidi ogni 100 mila abitanti.

Suicidi, non solo disturbi mentali

Metà dei suicidi avvengono tra persone che soffrono di malattie mentali, in testa la depressione maggiore e il disturbo bipolare, ma ci sono anche (seppure con minor frequenza) schizofrenia e disturbi della personalità. C’entrano anche alcol e droga: tra il 2,2 e il 3,4% di chi è stato trattato per disturbi associati al consumo di alcol si suicida, mentre i consumatori di eroina si suicidano quattro volte di più di chi non fa uso di questa sostanza.

Anche alcol e droga incidono sul tasso di suicidio – grantennistoscana.it

Ma a giocare un ruolo determinate nei suicidi non ci sono soltanto disturbi mentali o fattori psicologici individuali. In ballo ci sono anche fattori sociali o contingenti. Nei Paesi più ricchi ci si concentra quasi esclusivamente sulla componente relativa alla salute mentale, dimenticando che solo la metà dei suicidi è legata a disturbi mentali.

Esattamente all’opposto, in altri Paesi (come la Cina) il suicidio è stato a lungo considerato un segno del cattivo funzionamento della società, tanto che a occuparsene era il Ministero degli Interni, non quello della Salute.

Invece in Europa o negli Usa si tende a enfatizzare la componente psichiatrica del suicidio, a scapito di quella sociale, e dunque non-psichiatrica.

Il peso dei fattori socioeconomici nei suicidi

Moltissimi suicidi però sono legati a reazioni di natura impulsiva, non dipendenti da disturbi mentali ma a momenti di crisi che sottopongono gli individui a un fortissimo stress. Alcuni esempi? La disperazione sperimentata dai migranti, la perdita del posto di lavoro, gravi perdite economiche o debiti che non si riescono a rimborsare (un fenomeno che tocca soprattutto i contadini in alcune aree del mondo). Ma anche il bullismo, le guerre, i dolori somatici cronici, le esperienze di isolamento e umiliazione nelle carceri.

Nella metà dei suicidi le condizioni socioeconomiche sono determinanti – grantennistoscana.it

Tutti eventi traumatici che spesso sono determinanti nello spingere le persone verso suicidi impulsivi non legati a un disturbo di natura psichiatrica. Tra i fattori sociali determinanti del suicidio i più significativi sono quelli socioeconomici: disoccupazione, povertà, isolamento sociale, mancanza di una fissa dimora.

Come dicevamo, in particolare nelle zone rurali il debito è un potente fattore che fa aumentare il rischio di suicidio. Questo è documentato in particolare in America Centrale, India, Sri Lanka, Cile, dove spesso ci si suicida coi pesticidi, molto diffusi nelle campagne e male custoditi nelle case più povere, dove tutti i membri della famiglia possono potenzialmente accedervi. Al punto che il solo fatto di riporre i pesticidi all’interno di contenitori protetti e chiusi, accessibili soltanto a pochi adulti dei villaggi, ha abbassato i tassi di suicidio in quelle zone rurali.

Suicidi, perché in Europa si dà più peso alle malattie mentali

Difficile dire però se i Paesi più ricchi siano quelli dove è più alta la correlazione tra suicidi e disturbi mentali e se invece in quelli più poveri predomini una correlazione tra suicidi e fragilità socioeconomiche. Appare più probabile che l’enfasi dei Paesi ad alto reddito sugli aspetti psichiatrici derivi da ragioni ideologiche e culturali.

Nei Paesi più prosperi si tende a enfatizzare la componente psichiatrica del suicidio – grantennistoscana.it

In altre parole, decisiva sarebbe la presenza nettamente superiore, nei Paesi ricchi, di operatori della salute mentale (psichiatri, psicologi, psicanalisti, infermieri psichiatrici specializzati, assistenti sociali psichiatrici, ecc.). Per spiegare la differenza di prospettiva basta pensare a un dato: se in Europa ci sono 50 operatori della salute ogni 100 mila abitanti, il loro numero crolla decisamente in Africa (0,9 per 100 mila abitanti) e nel Sud Est Asiatico (2,5).

Appare dunque leciti chiedersi – come fa Benedetto Saraceno, direttore dell’Istituto Global Mental Health di Lisbona – se non sia la presenza (o l’assenza) di una disciplina medica come la psichiatria a determinare in maniera significativa l’attenzione verso specifici fattori di rischio rispetto ad altri.

Insomma, un occhio clinico più attento ad alcuni aspetti che non ad altri potrebbe fare la differenza e portare, in un certo senso, a interpretare in maniera riduttiva il fenomeno del suicidio. L’alto numero di operatori della salute mentale in Europa potrebbe dunque essere all’origine della minore attenzione verso i fattori di rischio sociali in gioco nel suicidio.

Una mancanza di attenzione che si riflette, di conseguenza, nella mancanza di interventi a protezione delle fasce di popolazione più povere e vulnerabili a livello sociale.

Emiliano Fumaneri

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