Capita a tutti di avere un vuoto di memoria ogni tanto. Ma se il fenomeno diventa frequente, è il caso di non sottovalutarlo.
Alzi la mano chi non ha mai dimenticato dove ha messo le chiavi della macchina un secondo dopo averle posate, chi non è mai uscito di casa e si è tormentato nel dubbio di non aver spento il gas o chiuso l’acqua, chi ha bisogno degli occhiali per leggere ma non riesce mai a ricordarsi dove li ha posati. I vuoti di memoria sono normali e fisiologici, ma solo entro certi limiti. Se si ripetono costantemente nel tempo, vale la pena procedere a tutti gli approfondimenti e accertamenti del caso.
Gianluca Floris, neurologo della Neurologia e del Centro per disturbi cognitivi e le demenze del Policlinico Duilio Casula a Monserrato (Cagliari), conferma che la memoria può fare cilecca ogni tanto. Ma il discorso cambia se gli episodi si intensificano, andando a incidere in modo sempre più marcato sulla normale vita delle persone. A quel punto è consigliabile rivolgersi a un medico.
Le possibili avvisaglie dei vuoti di memoria
Spesso a provocare i vuoti di memoria è uno stile di vita troppo frenetico: dormire poco e male, essere continuamente esposti a stress e a stimoli, il tutto magari combinato con l’assunzione di determinati farmaci e l’abuso di alcol, favoriscono gli episodi di amnesia. Ma se il problema si accentua nel tempo può essere sintomatico di un disturbo cognitivo vero e proprio, e quindi anche di gravi malattie come demenza e Alzheimer, tipiche dell’età senile.
Cosa fare in questi casi? Il primo passaggio è dal medico di base, che eventualmente indirizzerà poi il paziente a uno specialista. L’Alzheimer è una patologia che per lungo tempo comporta un deficit cognitivo lieve e una perdita della memoria che non impatta sull’autonomia del paziente, per cui è importante una diagnosi precoce. Ci sono test cognitivi e della memoria ad hoc per chiarire se i vuoti di memoria sono una variazione fisiologica o un indicatore di una patologia.
Fondamentale come sempre la prevenzione: si può agire sui fattori di rischio modificabili come una ridotta attività fisica, l’isolamento sociale, l’obesità, l’abuso di alcol e sigarette, l’ipertensione e il diabete. Quanto alla terapia, essendo l’Alzheimer una malattia complessa e multifattoriale, dovrebbe combinare cure farmacologiche e non: stimolazione cognitiva, musicoterapia, counseling al paziente e ai parenti su come comportarsi a fronte di determinati sintomi.