Il tumore all’intestino è tra i più insidiosi e letali. La diagnosi precoce è fondamentale per sconfiggerlo: ecco le “spie” che devono metterci in allarme.
Una crescita di cellule maligne nell’intestino crasso (cieco e colon), ovvero l’ultima parte dell’intestino, o nel retto. È così che nel nostro organismo si insedia un nemico invisibile quanto pericoloso: il tumore dell’intestino, noto più comunemente come tumore al colon o tumore al retto. Si tratta purtroppo di una malattia molto diffusa e in non pochi casi mortale. Se la diagnosi è precoce, tuttavia, vi sono alte probabilità di guarigione. Tutto sta nel riconoscere le avvisaglie per tempo e nel sottoporsi a una terapia efficace e mirata.
Bisogna innanzitutto ricordare che la maggior parte dei tumori all’intestino è di origine sporadica, cioè non ha fattori scatenanti noti, ma il cancro può formarsi a seguito di malattie infiammatorie croniche intestinali, come la rettocolite ulcerosa o la malattia di Crohn. Circa un quarto dei casi, invece, è riconducibile a una predisposizione familiare: chi ha parenti che hanno sviluppato il tumore all’intestino è più a rischio di contrarre la stessa malattia, e vi sono particolari patologie genetiche associate a un’elevata probabilità di innescare il processo tumorale.
È ormai dimostrato che le persone che seguono una dieta a base di fibre e povera di grassi hanno minori probabilità di sviluppare questo tipo di tumore rispetto a chi invece adotta altre abitudini alimentari. Il tumore all’intestino non ha sintomi specifici – come la mancanza di appetito, l’anemia, una stanchezza diffusa – simili a quelli di altre patologie addominali o intestinali. Ma vi sono “segnali” della sua presenza quali tracce sangue nelle feci, la sensazione di dover andare in bagno anche quando non se ne ha l’effettiva necessità (tenesmo rettale), la deformazione delle feci, una stitichezza improvvisa e persistente, l’insorgere di stitichezza alternata diarrea.
Come noto, la diagnosi precoce di qualsiasi tipo di cancro è fondamentale per aumentare le possibilità di successo del trattamento. Nel caso del cancro intestinale, è fondamentale essere consapevole dei segnali sospetti e assolutamente non ignorarli. Se ci si accorge che qualcosa non va, bisogna immediatamente consultare un medico per tutti i controlli e gli accertamenti del caso, per poi procedere eventualmente a una visita specialistica. In molti casi, quei segnali potrebbero non essere così evidenti. Per questo occorre “ascoltare” attentamente il nostro corpo e recepire ogni minimo cambiamento nel nostro organismo, in modo da consentire una diagnosi tempestiva.
Ricapitolando, le quattro spie di allarme del tumore all’intestino sono:
Tutti i soggetti che rientrano in una delle categorie “a rischio”, determinate dall’età e dalla storia medica personale e familiare, dovrebbero sottoporsi a regolari visite specialistiche. L’esame più semplice da effettuare è la ricerca del sangue occulto fecale (SOF), applicabile in tutti i pazienti, e raccomandabile soprattutto dopo i 45-50 anni. A seguire, in caso di positività, e dopo un’adeguata correlazione con i dati clinici, occorrerà sottoporsi a ulteriori accertamenti, a partire dalla colonscopia.
Più nello specifico, i soggetti che appartengono a un gruppo familiare con una particolare predisposizione o che sono affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali dovrebbero sottoporsi a una colonscopia dopo i 50 anni, e comunque quando raggiungono una età di 10 anni inferiore a quella in cui si è ammalato il familiare più giovane. Va da sé che nel caso di sindromi genetiche, il monitoraggio deve essere più frequente e precoce. C’è da dire che dai 50 anni in su una persona su cinque presenta piccole lesioni. Ma la scoperta di queste ultime e di piccoli polipi non significa necessariamente che si sia scatenato un tumore: si può trattare di fenomeni benigni, magari dovuti a stati infiammatori, stitichezza o altri piccoli problemi a livello intestinale.
In questi ultimi anni il trattamento del tumore dell’intestino ha fatto grandi passi in avanti e la percentuale di pazienti che sopravvivono a questa patologia è nettamente aumentata. Naturalmente l’efficacia della terapia dipende dallo stadio di avanzamento del tumore. Se la diagnosi coincide con la fase iniziale, si procede solitamente con un intervento chirurgico, che prevede l’asportazione del tratto di intestino interessato dal tumore. In questo caso, l’operazione può risolvere definitivamente il problema, magari seguita da un periodo di terapia adiuvante, mirata a evitare una recidiva.
Se invece il tumore viene scoperto quando è già in stato avanzato, spesso ha già coinvolto altri organi, a partire dal fegato, e data la sua estensione non è possibile procedere chirurgicamente, ma bisogna considerare diversi approcci in base a una molteplicità di fattori, compreso quello chemioterapico e radioterapico.
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