Nel 2023 gli incentivi e gli aumenti di stipendio voluti dal Governo sono molteplici ma cosa rischia di succedere nel 2024? Ecco quelli che rischiano di non essere sostenibili
Anche se ammortizzare gli aumenti legati all’inflazione non è per nulla facile, nel corso del 2023 milioni di italiani hanno potuto respirare per lo meno una boccata d’ossigeno. Questo grazie al permanere, seppur in alcuni casi riviste o rimodulate, di alcune agevolazioni ma anche di interventi messi in atto dall’Esecutivo a guida Meloni su stipendi e pensioni.
Partendo proprio dalle mensilità, oltre alla ricalibrazione degli importi in virtù dell’aumento del costo della vita, l’intervento più importante è stato quello legato al taglio del cuneo fiscale, che ha avuto come conseguenza l’aumento di stipendio, seppur per un periodo di tempo limitato, per un gran numero di lavoratori. Il taglio infatti, tutt’ora attivo, è pari al 6% sotto i 35mila euro e del 7% sotto i 25mila ma a dicembre la misura verrà a ‘scadere’ e rinnovarla non sarà per nulla semplice. Da qui lo spunto per cercare di capire quale sarà lo scenario, per il 2024, legati ai bonus e agli incentivi che saranno ancora presenti e a quelli che invece il governo potrebbe andare a cancellare.
Ricordiamo che l’obiettivo dell’Esecutivo è quello di concretizzare una riforma fiscale che preveda una riduzione delle aliquote Irpef passando da quattro a tre quote (la seconda potrebbe passare dal 35 al 33% per chi guadagna tra 28 e 50mila euro l’anno). Questo comporterebbe un aumento in busta paga per un elevato numero di lavoratori. Il problema è che, come per il rinnovo del taglio del cuneo fiscale, servono risorse e attualmente sono molto poche quelle disponibili per dar forma ad una riforma che possa essere duratura nel tempo. È ipotizzabile che esse verranno impiegate per riconfermare, sempre a scadenza, il taglio del cuneo fiscale. E per il taglio dell’Irpef?
Con molta probabilità potrebbero essere studiate nuove norme che prevedano tagli a diversi bonus oggi erogati. Una parte di risorse è già stata liberata in seguito alla cancellazione del Superbonus 110%, passato al 90% e con la restituzione delle detrazioni nell’arco di dieci annualità. Ma certamente non basta e occorrerà rinunciare ad altre agevolazioni previste per imprese e famiglie.
L’idea del governo, come recentemente sottolineato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, è quella di andare a rivedere sia le detrazioni che le deduzioni. L’esponente politico ha ricordato che il valore dei 226 crediti d’imposta attualmente attivi è pari a 36 miliardi di euro ed i tecnici del ministero stanno dunque valutando, di concerto con il viceministro, per capire su quali di questi bonus si possa intervenire, andando ad abbattere di alcuni miliardi le spese. L’obiettivo è quello di eliminare un bonus ‘trasformando’ quelle risorse in riduzione delle tasse: riduzione che dovrà andare a beneficio di coloro che di quell’agevolazione usufruivano.
Cosa, dunque, potrebbe essere eliminato? Lo scenario al momento è fumoso e non vi è certezza in merito ai bonus che rischiano di sparire. Ma vi sono alcune ipotesi nell’aria: lato imprese si valuta la possibilità di tagliare i crediti per le aziende che decidono di investire in beni strumentali innovativi (gli incentivi di Industria 4.0). Potrebbe anche essere eliminato il credito d’imposta per le bollette di gas ed elettricità nonché l’Aiuto alla crescita economica (Ace) che premia le imprese che reinvestono gli utili nella crescita aziendale.
Chiaramente tutto questo non basta a coprire una riforma, quella delle aliquote, che ha un costo stimato di circa 20 miliardi. Dunque altri bonus legati alle detrazioni potrebbero essere razionalizzati, in due modi: i bonus edilizi potrebbero essere ridotti ulteriormente (in particolare lo sconto previsto dal Superbonus) o in alcuni casi ridotti. La percentuale detraibile per vari lavori di efficientemento energetico o per alcune opere di ristrutturazione e non solo rischiano dunque di calare. Si valuta anche la possibilità di stabilire una sorta di limite legato al reddito (ad esempio del 4%) per quasi tutte (ad eccezione di mutui sulla prima casa e di spese sanitarie) le detrazioni e le deduzioni. Ribadiamo che al momento si tratta solo di ipotesi, per avere la certezza bisognerà attendere l’attuazione della riforma fiscale.
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