Oltre 2 milioni di bimbi salvati col proprio sangue. È l’incredibile storia di James Harrison, l’uomo dal braccio (e dal cuore) d’oro.
Ecco come per decenni quest’uomo ha permesso a un numero incredibile di neonati di vedere la luce senza danni e menomazioni.
James Harrison: è questo il nome dell’uomo al quale in tantissimi devono la vita. In particolare alla sua generosità e al suo sangue. La sua è una storia forse poco nota alle nostre latitudini ma che dà grande speranza in un mondo dove la parola “dono” è sempre meno di moda.
Il protagonista indiscusso di questo racconto è un vecchio signore australiano di 87 anni. James Harrison (classe 1936) si è guadagnato, a giusto titolo, il soprannome di «Man With the Golden Arm», ovvero uomo dal braccio d’oro. E vedremo perché.
Storia di un “normalissimo” eroe: grazie al suo sangue
Insomma, James Harrison è un eroe anche se, all’apparenza, la sua è un’esistenza normalissima e tranquilla, passata a godersi la sua famiglia in Australia, tra la figlia e i nipotini. Da cosa riconosciamo gli eroi? Dal fatto che mettono la loro vita al servizio di quella degli altri. Esattamente quanto ha fatto l’87 enne australiano che fino ad oggi ha salvato la bellezza di 2,4 milioni di vite.
Come ha fatto? Grazie a uno speciale fattore contenuto nel proprio sangue. Ma la cosa particolare – e che rende davvero incredibile la sua storia – è come lo ha sviluppato. Per capirlo bisogna riavvolgere il nastro del tempo di molti anni. Più precisamente occorre tornare al tempo in cui James era un adolescente di appena 14 anni andato veramente vicino a una morte prematura.
Dopo aver subito un incidente, infatti, i medici furono costretti ad asportargli un polmone. Per settimane James rimase in terapia intensiva, sottoposto a numerose trasfusioni. Per salvargli la vita furono necessari quasi 13 litri di sangue.
Colpito dalla generosità e dell’abnegazione degli sconosciuti che avevano volontariamente donato il loro sangue per permettergli di vivere, il giovanissimo James di allora promise a sé stesso che anche lui, al compimento dei 18 anni, sarebbe diventato un donatore di sangue.
Una volta maggiorenne, James manterrà la promessa. Ma certo non avrebbe immaginato che, il giorno dopo aver fatto la prima donazione, lo avrebbero chiamato dall’ospedale per comunicargli una sorprendente scoperta che riguardava proprio il suo sangue.
Una malattia insidiosa che faceva strage di bimbi
Bisogna sapere infatti che fino circa al 1967 in Australia il tasso di mortalità infantile e di aborti era molto alto.
Molte donne abortivano spontaneamente senza capire perché avessero perso il loro bambino. In altre circostanze invece i neonati vedevano la luce, ma con gravi malformazioni che di lì a pochi giorni li avrebbero portati alla morte.
All’origine di questa inattesa mortalità c’era la malattia di Rhesus: una grave forma di anemia (detta anche malattia emolitica del neonato) che spinge gli anticorpi materni a riconoscere come estranei i globuli rossi del figlio. In sostanza il sistema immunitario della madre identifica come nemiche le cellule del nascituro. E dunque le attacca per difendersi. Da qui i molti aborti e malformazioni.
Malattia di Rhesus: da dove nasce
Tutto nasce dal fatto che il sangue di una donna incinta può contenere al proprio interno il fattore Rhesus negativo (Rh negativo). Inoltre può verificarsi anche una complicazione supplementare: ovvero il fatto che padre possa trasmettere al neonato il componente col fattore Rhesus positivo (Rh positivo).
Come è facile immaginare la malattia di Rhesus, oltre a essere letale per il bambino, sferra un devastante colpo alla madre sul piano psicologico, visto che ad attaccare il figlioletto, sangue del suo sangue, sono proprio i suoi anticorpi. Una situazione terribile cambiata, provvidenzialmente, grazie al sangue e al gran cuore di James Harrison.
James Harrison, un donatore particolare: ecco cosa contiene il suo sangue
Fin dalla prima donazione, infatti, i medici si erano resi conto che il sangue di James aveva delle proprietà speciali. Conteneva infatti gli anticorpi in grado di contrastare la temibile malattia di Rhesus. È proprio grazie al suo sangue che è stato possibile produrre il vaccino “Anti-D”, in grado di impedire alle donne portatrici del fattore Rhesus negativo di produrre anticorpi durante la gestazione.
Per dare un’idea della portata di questa scoperta basti pensare che oltre il 17% delle donne australiane è portatrice di questo fattore. Usando il plasma del sangue donato da Harrison è stato dunque possibile sviluppare un vaccino. La prima dose a una donna incinta è stata somministrata al Prince Alfred Hospital nel 1967.
Per due volte alla settimana, per più di 60 anni James ha continuato a donare il suo plasma per fare milioni di inoculazioni di Anti-D. In tutti quegli anni non ha mancato al suo appuntamento porgendo il braccio destro per il prelievo. E questo malgrado la paura degli aghi e il fatto, come ammesso da lui stesso, di non riuscire a guardare durante la donazione di sangue.
Secondo la Croce Rossa, con le sue donazioni è stato possibile salvare la vita a 2,4 milioni di neonati. Una cifra enorme di quelle salvate, che ha fatto di lui una sorte di eroe nazionale.
Anticorpi nel sangue di James Harrison: come si sono sviluppati?
Gli scienziati non sono ancora sicuri che il corpo di Harrison produca naturalmente il raro anticorpo. Sono più propensi a ritenere che a fargli sviluppare spontaneamente l’anticorpo sia stata la cura a cui è stato sottoposto dopo l’incidente a 14 anni e le tante donazioni di sangue ricevute da svariati donatori.
«Probabilmente il mio unico talento è di poter essere un donatore di sangue» ha confessato James alla CNN nel 2015, quando il network lo ha intervistato per la sua donazione numero 1.101, raggiunta proprio quell’anno. In totale saranno 1173 le donazioni dell’«uomo dal braccio d’oro». L’ultima è stata l’11 maggio 2018, perché la legge australiana proibisce di donare sangue una volta compiuti 81 anni di età.
Una donazione di sangue più speciale di altre
La sua instancabile attività di donatore ha fruttato a Harrison, oltre all’iscrizione nel Guinness dei primati nel 2003, anche onorificenze come la Medaglia dell’Ordine d’Australia nel 1999.
Ma la donazione indimenticabile è senz’altro quella che ha permesso di salvare la vita dei suoi nipotini. Anche la figlia di James, Tracey Mellowship, infatti è risultata portatrice del fattore Rhesus negativo e ha avuto bisogno di una iniezione di Anti-D nel 1992, dopo la nascita del suo primo figlio, grazie alla quale ha potuto dare alla luce un altro bimbo sano nel 1995.