Ci sono novità importanti sul fronte della riforma delle pensioni, arriva la nuova ipotesi e riguarda la possibile introduzione del modello scandinavo
Quello delle pensioni è certamente uno dei temi dei quali più si sta discutendo negli ultimi mesi, nell’ottica di una riforma che potrebbe, in futuro, rivoluzionare sostanzialmente il sistema pensionistico. Con la riforma fiscale ancora da concretizzare e risorse estremamente limitate che limitano considerevolmente il raggio di azione dell’esecutivo, è assai improbabile che questo possa avvenire entro la fine del 2023.
Ciò nonostante l’argomento è già stato affrontato da differenti prospettive e angolazioni per cercare di capire come possa essere riformato con modifiche sostanziali che agevolino i contribuenti ai quali manca poco tempo per raggiungere quelli che sono gli attuali requisiti per andare in pensione. Ma anche per introdurre novità e cambiamenti in merito alla pensione anticipata, ad oggi presente con strumenti quali Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale, ma ancora migliorabile sotto vari aspetti.
Pensioni, cos’è il modello scandinavo e perché se ne sta parlando tanto
Premettendo che, non essendoci ancora una riforma o un annuncio ufficiale da parte del Governo, ciò che riguarda le pensioni afferisce ad oggi al campo delle ipotesi, da alcune settimane si è iniziato a discutere di un’altra possibilità che potrebbe essere concretamente valutata dai ministeri ovvero il cosiddetto modello scandinavo. Ma di cosa si tratta? Nel concreto si andrebbe a guardare sia agli interessi del futuro pensionato che a quelli di un giovane che si trova alla sua prima esperienza lavorativa o che intenda specializzarsi in un particolare settore operativo.
Infatti il modello prevede di consentire al lavoratore al quale manca poco tempo alla pensione di modificare i suoi orari di lavoro passando da full a part time; parallelamente l’azienda potrà assumere e formare un giovane (under 35) che, non appena il lavoratore anziano andrà in pensione, potrà di fatto sostituirlo senza dover partire da zero. Per quale motivo è stato tirato in ballo il modello scandinavo in Italia? Perché è stato proprio il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a parlarne spiegando che nei mesi scorsi al governo era stata sottoposta una norma per consentire di facilitare la cosiddetta staffetta generazionale.
In sostanza il futuro pensionato avrebbe in tal modo potuto formare un giovane per due anni che in seguito sarebbe stato assunto, formato e pronto per lavorare, con contratto a tempo indeterminato. Perché non se ne è fatto nulla? Il motivo è legato alle disponibilità finanziarie, le risorse non sufficienti non hanno cioè consentito di introdurre una novità di questo tipo che però potrebbe tornare ad essere argomento di discussione nell’ottica della Legge di Bilancio 2024.
Pensione anticipata con modello scandinavo: come funziona
Se così fosse, la pensione anticipata con modello scandinavo andrebbe ad affiancarsi agli strumenti già in essere e rappresenterebbe una strada alternativa per poter andare in pensione in maniera semi-anticipata. Questo peraltro gioverebbe anche al lavoratore stesso che, seppur in forma ridotta, continuerebbe a maturare contributi per incrementare il valore della pensione che in seguito riceverà. Ma entriamo nel merito cercando di capire come, nel dettaglio, funziona il modello scandinavo e quando consentirebbe di andare in pensione.
L’esempio preso in esame prevede non tanto un’uscita anticipata dal mondo del lavoro quanto graduale, consentendo in tal modo all’azienda di, altrettanto gradualmente, formare un nuovo lavoratore. Sono due le fasi di accesso alla pensione: il pensionato continua infatti a lavorare ma con un orario part-time, ricevendo dunque uno stipendio ridotto ma anche la pensione maturata sino a quel momento. Si tratterà di fatto di un periodo nel corso del quale il lavoratore stesso potrà rappresentare il primo riferimento per il giovane che in futuro lo sostituirà, formandolo e fornendogli suggerimenti e consigli per lavorare senza difficoltà.
Terminata la prima fase si andrà a tutti gli effetti in pensione mentre il giovane, ormai formato, prenderà ufficialmente il posto del neo pensionato. Chiaramente questo modello andrebbe modificato e riadattato alle esigenze italiane, pertanto non è al momento possibile stabilire di quanto consentirebbe di anticipare i tempi per andare in pensione.
I vantaggi del modello scandinavo per i lavoratori
L’ipotesi allo studio è quella dei due anni: a 65 anni, dunque, il lavoratore passerebbe alla ‘pensione part time‘ e riceverebbe il cedolino previdenziale maturato fino a quel momento. Ma a compensare il tutto ci sarebbe lo stipendio che porterebbe il lavoratore a ricevere un’adeguata entrata mensile nonché una copertura previdenziale che porterebbe, anche nel corso di quei due anni, la pensione ad incrementare di valore.
Ci troviamo dinnanzi ad un metodo non dissimile dal contratto di espansione ma nel secondo caso per l’azienda i costi sono più elevati dovendo coprire anche i costi relativi all’indennità sostitutiva che il lavoratore uscente ha diritto a ricevere. Al contrario, sfruttando il modello scandinavo l’unico ‘costo’, che poi rappresenta un investimento per l’azienda, sarà quello relativo all’assunzione di un nuovo lavoratore. Il quale, grazie al periodo di formazione, potrà poi lavorare a pieno regime e garantendo risultati ottimali. Oltretutto l’azienda potrebbe sfruttare eventuali sgravi contributivi legati all’assunzione di under 35 per ammortizzare i costi e rendere sostenibile l’intera operazione.
Modello scandinavo, perché è difficile attuarlo in Italia
Il principale limite di questo modello, che sulla carta è davvero promettente, è rappresentato dalle risorse che lo Stato deve impiegare, principalmente per la copertura, nell’arco di due anni, di metà della pensione. Sempre lo Stato dovrebbe corrispondere anche metà della contribuzione figurativa, in modo tale da non creare al pensionato part time penalizzazioni sul fronte economico. Altre risorse dovranno essere messe in campo per dar forma agli incentivi legati all’assunzione di lavoratori apprendisti.
A conti fatti si tratta di un’ingente quantità di denaro, difficilmente stimabile ad oggi (certamente nell’ottica di diversi miliardi di euro), perché dovrebbe essere spalmata su un lungo periodo di tempo e nell’interesse, contemporaneamente, di azienda e di due lavoratori. Oltretutto la misura potrebbe di base e senza specifici requisiti, risultare accessibile, potenzialmente, per tutti: i costi dunque potrebbero essere davvero elevati.
Ad oggi queste risorse non sono purtroppo disponibili ed è improbabile che possano essere recuperate in vista della Legge di Bilancio 2024 per essere impiegate nella concretizzazione di questo strumento. Ciò nonostante è bene mantenere alta l’attenzione sull’argomento che, in futuro, potrebbe concretizzarsi anche in Italia e rappresentare per milioni di lavoratori un percorso preferenziale di uscita dal mondo del lavoro. E per migliaia di aziende un investimento a buon rendere.