Questa recente filosofia sfida la normale concezione del lavoro come sacrificio e negazione della vita privata. Cerchiamo di capire meglio.
Gli ultimi anni hanno segnato un periodo di rottura nelle abitudini delle persone di tutto il mondo, a tutti i livelli. Uno dei settori che ha dovuto affrontare i cambiamenti più grandi è il mondo del lavoro. Dopo i problemi degli scorsi anni, molte persone hanno cominciato a guardare con più attenzione al proprio benessere e all’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Il risultato è stato quello che viene definito periodo delle “Grandi Dimissioni“. Milioni di lavoratori in tutto il mondo hanno deciso di lasciare il proprio posto a causa di condizioni di lavoro stressanti, paghe non equilibrate e una salute mentale sempre più a rischio.
Ora, sempre nel mondo del lavoro, si sta facendo strada una nuova filosofia: quella del “lazy girl job“.
Gabrielle Judge, influencer 26enne, dice di aver coniato il termine “lazy girl job” a maggio. “Un lavoro da ragazza pigra è essenzialmente qualcosa che puoi semplicemente gestire come vuoi, senza troppi problemi“, dice in uno dei suoi video, divenuto virale. “Ci sono molti lavori là fuori in cui potresti guadagnare una buona paga, lavorare da remoto e tutelare la tua salute mentale“.
Il concetto espresso da Judge ha colpito profondamente i lavoratori, in particolare le donne. Oltre ai quasi 350.000 “mi piace” sul suo post, l’hashtag #lazygirljob su TikTok ha attualmente più di 17 milioni di visualizzazioni.
Molte altre giovani donne hanno condiviso i loro “lavori da ragazza pigra”. In un video che si può trovare cercando l’hashtag su TikTok, una ragazza dice che tutto ciò che fa è “copiare e incollare le stesse email, fare 3-4 chiamate al giorno, prendersi diverse lunghe pause. E avere un buon stipendio“.
In genere, chi afferma di avere un “lazy girl job” lavora in posizioni molto diverse: dai creatori di contenuti ai videomaker, fino a posizioni di maggior responsabilità che possono essere svolti in questa modalità, come quello del project manager.
Il nome con cui questa filosofia si sta diffondendo probabilmente non rende giustizia al concetto che sta alla base di questo modo di pensare. Gli esperti del settore del lavoro concordano sul fatto che il “lavoro da ragazza pigra” non riguarda necessariamente l’essere pigri.
La stessa Gabrielle Judge dice di sapere che l’aggettivo “pigro” ha una connotazione negativa. L’ha scelto proprio perché era in grado di attirare l’attenzione sui concetti più importanti espressi da questa filosofia.
I lavori “per pigre” non sono ruoli in cui si può stare sul divano a fare nulla, spiega la Judge. Al contrario, si tratta di veri e propri percorsi di carriera dove “l’equilibrio tra lavoro e vita personale dovrebbe sembrarti così fantastico da avere quasi la sensazione di essere pigra“.
La parte “pigra” del termine, dice Judge, è intesa in tono scherzoso ma è importante. “Tutto ciò di cui sto parlando è considerato pigro solo se lo si confronta con le aspettative tradizionali dei datori di lavoro“, dice.
Eliana Goldstein, una famosa coach di lavoro americana, crede che il “lavoro da ragazza pigra” sia una risposta diretta e un rifiuto della cultura del sovraccarico e della negazione personale che ha dominato il mondo lavoro per decenni.
Secondo Goldstein, inoltre, la scelta del termine “pigro” da parte di Judge è molto intelligente. Etichettare la tendenza “attira l’attenzione ed è un modo per iniziare una conversazione sul tema tra le parti sociali“, secondo l’esperta di carriera.
Il termine “lazy girl job” è uno dei tanti riflessi di una nuova mentalità che si è diffusa nell’era delle “Grandi Dimissioni”, una in cui i lavoratori richiedono sempre più salari sostenibili e condizioni flessibili.
Pochi mesi fa era diventata molto conosciuta l’espressione “quiet quitting“, un altro movimento attraverso cui giovani lavoratori cercano di ridisegnare il confuso confine tra vita e lavoro nel post-pandemia.
La “dimissione silenziosa” è un approccio più delicato rispetto all’abbandono totale del lavoro, promosso dal movimento delle “Grandi Dimissioni”. Il termine è un gioco di parole che indica i lavoratori che non lasciano il lavoro, ma rinunciano all’idea di dare il massimo. Insoddisfatti dalle condizioni di lavoro, scelgono di lavorare solo il minimo indispensabile.
Piuttosto che offrirsi volontari per aiutare i colleghi con i progetti come una volta facevano, i “quiet quitters” si concentrano solo sulle loro mansioni. Non sono necessariamente disimpegnati, ma limitano il loro coinvolgimento solo a ciò che è strettamente richiesto. Non partecipano alle riunioni con spirito proattivo, non cercando di migliorare le relazioni con i colleghi all’interno dell’ufficio.
Le definizioni “quiet quitting” e “lazy girl job”, in sintesi, possono sembrare l’ennesimo trend giovanile che impazza sui social. In realtà, descrivono concetti che esistono da sempre: l’equilibrio tra vita privata e lavoro e la sostenibilità finanziaria e personale. L’unica differenza è che lo fanno con termini volutamente provocatori.
Quello che Gabrielle Judge e altri stanno cercando di fare è semplicemente abbandonare l’dea del lavoro come centro e scopo della propria esistenza.
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