Pause caffè, c’è chi dice che non servano a niente per recuperare dalla stanchezza mentale del lavoro: è la fine di un mito?
La vera soluzione per recuperare dalla fatica psico-fisica, secondo una ricerca recente, va ricercata altrove. Alzi la mano chi, durante una stressante giornata lavorativa, non si è trovato ad accogliere come una liberazione l’agognato momento in cui si può staccare per una decina di minuti e concedersi una bella pausa caffè in compagnia dei colleghi.
In un tempo dove tutti i miti sembrano caduti o traballano parecchio, la pausa caffè pare essere rimasta una delle poche certezze capaci di resistere indomite al logorio della vita moderna, una macchina che sembra volersi mangiare ogni istante della nostra esistenza. Sui benefici della pausa caffè in genere sono tutti d’accordo: breve momento di riposo e relax per staccare dai ritmi – più o meno intensi – della giornata lavorativa, occasione per socializzare coi colleghi e fare squadra con loro, ecc.
CI sono anche aziende come la Technowrapp, informa il Gazzettino, che hanno deciso di prolungare di cinque minuti la temporanea pausa dal lavoro purché si utilizzino i minuti aggiuntivi, invece che per guardare il telefonino, per conoscere meglio i colleghi.
Pausa caffè, per la legge è anche un diritto
Insomma, è convinzione comune – anche dei datori di lavoro in genere – che la canonica pausa di dieci minuti durante la giornata lavorativa faccia bene alla salute, al benessere e anche alla performance dei lavoratori, individuale e collettiva.
Sarebbe pure un diritto previsto dalla legge, che la considera fondamentale per recuperare le energie psico-fisiche e per attenuare la monotonia del lavoro ripetitivo.
La norma non disciplina durata e modalità della pausa caffè, rimandando su questo punto alla regolamentazione dei contratti collettivi di lavoro (Ccnl). Ma se nel Ccnl non si parla di pause, al lavoratore va concessa quando l’orario giornaliero supera il limite delle sei ore e purché l’interruzione non superi i dieci minuti.
In sostanza, sul rito della pausa caffè sembrano esserci pochi dubbi: fa bene e va garantito a tutti i lavoratori. A patto, naturalmente, che i minuti accumulati davanti alle macchinette del caffè non superino quelli passati alla postazione lavorativa.
Pause caffè: qualcuno dice che sono inutili
Ma adesso anche sul mito della corroborante e rigeneratrice pausa caffè cade l’ombra del dubbio. Addirittura c’è chi sostiene che le pause caffè non servano proprio a nulla. O, almeno, che non mantengano poi tutte le loro promesse.
È quanto spiega, alla radio Franceinfo, Hervé Poirier, caporedattore della rivista scientifica Epsiloon. Anche se ripetuti a tutte le ore i classici dieci minuti di stacco dal lavoro, afferma, queste piccole pause non possono fare nulla per far recuperare i lavoratori degli uffici dalla fatica mentale.
Eppure, obiettano quelli di Franceinfo, chiunque lavori in ufficio davanti a un computer è convinto che faccia bene fare una piccola pausa, prendersi un caffè, magari per gironzolare anche un poco sui social o anche solo per prendersi una boccata d’aria. Giusto il tempo per riprendere poi a lavorare con più freschezza, energia e attenzione.
Cosa dice lo studio sull’efficacia della pausa caffè
Ma per Poirier questo è sostanzialmente un mito. Per dimostrarlo cita la ricerca di un team di psicologi lituani apparsa di recente sull’International Journal of Psychophysiology. Il gruppo di ricerca ha fatto un test: gli esperti hanno chiesto a 18 giovani uomini in buona salute di simulare una giornata lavorativa di 7 ore in un ufficio, facendo fare loro delle pause di 10 minuti ogni 50 minuti di lavoro.
Al tempo stesso i ricercatori li hanno sottoposti a una batteria di esercizi cognitivi per misurare il loro grado di attenzione, concentrazione, apprendimento e memoria. Ma non solo: i 18 volontari hanno fatto anche dei test del sangue e il gruppo di ricerca ha monitorato, tramite encefalogramma, anche le reazioni del loro sistema nervoso autonomo, responsabile della frequenza cardiaca, della respirazione, della pressione arteriosa.
Ebbene, contrariamente a quanto si crede, i risultati della ricerca dicono che le pause non cambiano praticamente nulla: le funzioni cognitive declinano irrimediabilmente durante la giornata. Per veder sparire gli effetti della fatica mentale serve un riposo di 4 ore e mezza.
Addio coffee break dunque? Non è detto. Questo non vuol dire, avverte Poirier, che non si debbano fare pause durante tutta la giornata. Lo studio lituano non mostra che le brevi pause abbiano un effetto negativo. Semplicemente, evidenzia che non hanno l’effetto positivo sperato. La pausa caffè non rende più tonici. In pratica, spiega, «esageriamo i benefici di questi momenti dove stacchiamo l’attenzione, dove pensiamo ad altre cose».
Stanchezza mentale: cosa serve per recuperare davvero
Per i ricercatori le cose sono abbastanza semplici: il calo delle performance cognitive, dopo diverse ore di lavoro, è legato diciamo a dei puri vincoli energetici. In altre parole, «il nostro cervello ha bisogno, prima di tutto e dopo tutto, di un apporto costante di glucosio e di ossigeno per mantenere delle prestazioni cognitive ottimali».
Da questo punto di vista ad avere un impatto significativo è piuttosto la pausa pranzo, spiega l’esperto, che è «anche la sola pausa che, durante l’esperimento, si è rivelata efficace contro la fatica mentale». Dopo aver mangiato, la memoria del lavoratore recupera i livelli che aveva alla mattina. Questo perché «senza dubbio risale il tasso di zucchero nel sangue».
Ciò non vuol dire che faccia male fare la pausa caffè, svagarsi un po’ su internet e prendere un poco d’aria. «Ma ci si fa una cattiva idea del funzionamento dei nostri neuroni: non hanno tanto bisogno di bisogno di pause, hanno soprattutto bisogno di carburante», sentenzia Poirier.