Il primo messaggio inviato sull’antenato di Internet, la storia delle due lettere che hanno rivoluzionato il ventesimo secolo.
Internet è nato così, con due semplici lettere: L ed O. Un messaggio non recapitato a dovere che si è trasformato in un saluto premonitore di tutto ciò che sarebbe accaduto dopo. Fu lo studente Charley Kline a inviarlo, seduto davanti un computer dell’università.
Sono stati gli anni dei grandi pionieri della scienza, i sessanta e i settanta. Non solo Neil Armstrong che il 20 luglio 1969 sbarca sulla Luna a bordo dell’Apollo undici ma anche un giovane informatico alle prese con una macchina che non ne voleva sapere di funzionare.
Kline ancora oggi stenta a credere di aver fatto la storia ma è stato lui indubbiamente a dare il la a una rivoluzione paragonabile a quelle di Meucci, Bell e Morse. Sì perché quelle che all’epoca sembravano lettere innocue sono ricordate ancora oggi come il primo messaggio scambiato correttamente a distanza tra due computer – o quasi.
Internet nasce da due sole lettere, il messaggio che ha cambiato il mondo
Era mercoledì 29 ottobre del 1969, tre mesi dopo lo sbarco sulla Luna. Un altro grande momento per la storia umana. Il progresso in quel decennio sembrava a portata di mano, gli avanzamenti tecnologici tutti possibili e le nuove scoperte all’ordine del giorno. Solo in un contesto così fertile poteva nascere ARPANET, che possiamo definire il nonno del World Wide Web, e il primo vagito fu composto da due sole lettere: ‘L’ e ‘O’.
E il bello è che si tratta di un gran fraintendimento, visto che lo studente della UCLA Charley Kline stava semplicemente cercando di digitare la parola ‘Login’ quando il sistema andò in tilt. Solamente un’ora dopo riuscì a inviare l’input corretto, effettuando la connessione con un computer della Stanford a quasi 600 km di distanza, a Menlo Park.
Dall’altro capo c’era il programmatore Bill Duval, che avrebbe dovuto ricevere appunto una semplice richiesta di accesso, se non fosse stato per il crash. Esiste ancora un piccolo foglietto giallo a righe che testimonia l’avvenimento. “Il computer era un aggeggio grande quanto una stanza che veniva raffreddato da un impianto posto sotto il pavimento” ha raccontato Kline ai microfoni di OZY. La macchina poteva contare su 128 kb di ram e 24 mb di spazio su disco.
In realtà l’idea di creare una connessione tra tanti computer a distanza fu di Bob Taylor, che all’epoca stava lavorando proprio sul progetto ARPA, Advanced Research Projects Agency, al Pentagono. L’intento era quello di evitare che i russi se ne uscissero con altre sorprese simili a quella dello Sputnik, il primo satellite artificiale spedito nello spazio. Un primato soffiato da sotto il naso, che aveva messo in imbarazzo l’intero Paese. Per questo all’inizio ci si concentrò soprattutto sullo spazio per poi passare a tutt’altro.
Con una punta d’ironia Kline ha spiegato di non essersi reso conto che inviando quelle due lettere avrebbe fatto la storia: “Non credevo che ciò che stessi facendo quella sera sarebbe servito a qualcosa”. Molti, dato anche il periodo, lo hanno posto sullo stesso piano della passeggiata lunare di Neil Armstrong.
Il tramonto di ARPANET e il ricordo di Kline
Solamente nel 1971 viene inviata la prima mail, a scriverla è Ray Tomlison, ingegnere informatico e programmatore per BBN Technologies. A questo punto della vicenda ARPANET connette ben 15 computer. Fu proprio Tomlinson a partorire l’idea della chiocciola per separare mittente dal luogo di invio. L’indirizzo di Charley Kline era ovviamente CSK@UCLA.
Tra progressi impressionanti e battute d’arresto, il sistema ARPANET viene abbandonato nel 1990, viene sostituito dalla rete della National Science Foundation (NSFNET). Ciononostante, il solco tracciato permetterà di arrivare ai traguardi successivi. Senza il lavoro di Kline e degli altri come lui Internet probabilmente non esisterebbe per come lo conosciamo.
Kline ancora oggi rimugina su quegli anni e non manca di esprimere qualche rammarico: “Rimpianti? Ne ho più di qualcuno. Dovevamo rendere il sistema più sicuro prima di tutto e poi avremmo dovuto sfruttarlo economicamente”. Oggi è sviluppatore e consulente ma è soprattutto l’uomo della provvidenza. A sottolinearne l’importanza il suo professore dell’epoca Leonard Kleinrock, che oggi ha 80 anni e insegna ancora all’UCLA.
“A pensarci bene ‘L’ e ‘O’ sono semplicemente ‘Hello’. E non potevamo sperare in un saluto più conciso, potente e profetico di quello”. E poi scherza sulla poca poesia di quella comunicazione: “Avremmo dovuto prepararci qualcosa di meglio, come fece Morse che utilizzò una citazione della Bibbia oppure Alexander Graham Bell che pensò a: ‘Vieni qui, Watson. Ho bisogno di te’. Potevamo ispirarci anche ad Armstrong. Loro erano uomini intelligenti, sapevano cosa stavano facendo. Avevano frasi pronte per la storia”