Uno spuntino ipercalorico: chi non se lo è concesso almeno una volta? Ecco cosa dice la scienza sulla funzione consolatoria del cibo.
Tutti abbiamo giornate no oppure piene di stress. Una strategia per superarle indenni senza troppi traumi è quella di viziarci un po’ concedendoci qualche strappo alla regola. Insomma, quelle piccole gioie della vita per darci un po’ di slancio nei momenti di difficoltà.
È proprio in questi momenti di stress che a volte ci rifugiamo nel confort food, il «cibo di conforto» che ci dà consolazione e gioia. Il piacere del cibo come antidoto ai dispiaceri della vita.
Un’esperienza questa nota anche a Marcel Proust che nel suo capolavoro Alla ricerca del tempo perduto descrive alla perfezione gli effetti sentimentali, nostalgici e consolatori del confort food: «Sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto di madeleine. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii. Un delizioso piacere m’aveva invaso e subito m’aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita… non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale».
Il problema è che spesso e volentieri la gratificazione del cibo di conforto può essere una trappola, quando si traduce nel consumo di dolci e cibi ipercalorici, magari prelevati al distributore automatico tra una pausa lavorativa e l’altra. Un’abitudine sulla quale però un nuovo studio australiano potrebbe farci ricredere.
Quando il confort food può farci male
Dallo studio degli scienziati del Garvan Institute of Medical Research (Sydney) è emerso infatti che combinare lo stress con «cibi di contorno» ad alto contenuto di calorie potrebbe innescare nel nostro cervello una reazione in grado di aumentare il desiderio di dolciumi e di altro junk food, il famigerato «cibo spazzatura». Come è universalmente noto, si tratta di opzioni alimentari che portano a mettere su peso in eccesso e dunque non precisamente salutari per il nostro corpo.
Il gruppo di ricerca afferma che lo stress cronico può portare ad annullare la naturale reazione del nostro cervello alla sazietà. Ovvero la classica sensazione di pienezza e di soddisfazione. Così “ingannato”, il cervello invia continuamente segnali di ricompensa che propiziano il consumo di alimenti più appetibili. Questa dinamica è collegata a un’area cerebrale denominata habenula laterale. Se attivata, normalmente, provvede a smorzare questi segnali di ricompensa.
Ma lo stress interferisce con questo abituale processo, come spiega il professor Herbert Herzog, visiting presso scientist presso il Garvan Institute e autore principale dello studio. I risultati della ricerca, dice Herzog, rivelano che «lo stress può annullare una risposta naturale del cervello che diminuisce il piacere di mangiare, e questo vuol dire che il cervello viene continuamente ricompensato per mangiare»
Ciò significa, prosegue l’esperto, che «lo stress cronico, associato a una dieta ipercalorica, può aumentare l’assunzione di cibo e promuovere una preferenza per cibi dolci e altamente appetibili, contribuendo così all’aumento di peso e all’obesità». Diventa cruciale dunque, in momenti dove lo stress è alto, orientarsi verso una dieta sana.
Quali meccanismi cerebrali innesca lo stress
C’è chi nei momenti di maggiore stress tende a mangiare di meno. Ma le persone perlopiù hanno la tendenza opposta. Quella cioè che spinge a mangiare più del normale. Gettandosi oltretutto su cibi ipercalorici, ricchi di zuccheri e grassi saturi.
Per cercare di capire meglio quali siano la causa di questi comportamenti alimentari, il team di ricerca australiano ha analizzato alcuni modelli di topi murini. Il tentativo era quello di monitorare come le varie aree del loro cervello rispondessero allo stress cronico mentre seguivano diete differenziate.
«Abbiamo scoperto che un’area del cervello, nota come habenula laterale, normalmente coinvolta nello spegnimento della risposta cerebrale alla ricompensa, nei topi cronicamente stressati, rimaneva silenziosa, consentendo ai segnali di ricompensa di rimanere attivi e di incoraggiare l’alimentazione per piacere, senza più rispondere ai segnali regolatori della sazietà», ha dichiarato il dottor Kenny Chi Kin Ip, sempre del Garvan Institute.
In conclusione, spiega l’esperto, «abbiamo scoperto che i topi stressati con una dieta ricca di grassi guadagnavano il doppio del peso rispetto ai topi sottoposti alla stessa dieta e che non erano stressati».
Ecco quali cibi portano a preferire lo stress
Perché i topi stressati ingrassavano il doppio di quelli non stressati? Secondo i ricercatori un ruolo centrale nell’aumento di peso lo svolge la molecola Neuropeptide Y (NPY) prodotta naturalmente dal cervello come risposta allo stress. Bloccandone l’attivazione i roditori di conseguenza hanno consumato una minor quantità di cibo di conforto, ingrassando dunque di meno.
Successivamente i ricercatori hanno eseguito un test di preferenza al sucralosio, permettendo ai topi la scelta tra bere acqua oppure acqua dolcificata artificialmente.
Ebbene, il risultato è, spiega Herzog, che «i topi stressati e sottoposti a una dieta ad alto contenuto di grassi hanno consumato tre volte più sucralosio rispetto ai topi che seguivano solo una dieta ad alto contenuto di grassi». Questo fatto «suggerisce che lo stress non solo attiva una maggiore ricompensa quando si mangia, ma spinge specificamente a desiderare cibi dolci e appetibili». «In particolare», aggiunge l’esperto, «non abbiamo riscontrato questa preferenza per l’acqua zuccherata nei topi stressati che seguivano una dieta regolare».
Che funzione ha lo stress nelle abitudini alimentari
«In situazioni stressanti è facile consumare molta energia e la sensazione di ricompensa può calmarti: questo è il momento in cui è utile una sferzata di energia attraverso il cibo. Ma se sperimentato per lunghi periodi di tempo, lo stress sembra cambiare l’equazione, spingendo verso un’alimentazione dannosa a lungo termine per il corpo», afferma sempre Herzog.
In generale i ricercatori sottolineano come dallo studio emerga un’indicazione sulla funzione regolatrice dello stress nel campo delle abitudini alimentari. In altre parole, lo stress sarebbe in grado di annullare la naturale capacità del nostro cervello di bilanciare i fabbisogni energetici.
Una ricerca come quella australiana, fa notare il professor Herzog, «sottolinea quanto lo stress possa compromettere un sano metabolismo energetico». In questo senso rappresenta un utile promemoria che ci ricorda l’importanza di «evitare uno stile di vita stressante». E soprattutto «per chi deve fare i conti con lo stress a lungo termine, per cercare di seguire una dieta sana e accantonare il cibo spazzatura».
In sostanza, il tandem stress e cibo spazzatura va decisamente tenuto lontano dalla nostra cucina.