L’eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.c. è la più nota nella storia del Vulcano che, al momento, rimane uno dei più attivi d’Europa. La sua presenza influisce inevitabilmente sui territori circostanti per i quali sono pronti piani di prevenzioni in caso di eventi importanti.
Fu descritto da Plinio il Giovane, la disastrosa eruzione del Vesuvio del 79 d.c che distrusse, dopo una quiete durata secoli, gran parte dei territori circostanti tra cui le città di Ercolano, Stabia e Pompei, della quale rimangono ancora intatti resti e testimonianze archeologiche di quel tragico evento.
Un evento distruttivo che ha influito anche sulla morfologia stessa del Vesuvio, la cui ultima eruzione risale al 1944, quest’ultima verificatasi dopo un lungo periodo di quiescenza iniziato nel 1631.
Al momento, il Vesuvio resta un vulcano potenzialmente attivo con probabilità di eruzione stimati al 10-20% ogni 100 anni. Costantemente monitorato nelle sue attività, nonostante il periodo di quiete ricorrente, il vulcano rappresenta una minaccia potenziale per i territori circostanti, densamente popolati a causa di una fitta urbanizzazione divenuta capillare nel secolo scorso.
Nello scenario più difficile da fronteggiare, un’eruzione massiva del Vesuvio potrebbe liberare una quantità notevole di lava, cenere e gas e detriti tale da provocare conseguenze importanti sull’ecosistema urbano e territoriale circostante. Oltre ai materiali liberati dal cratere del Vulcano, potrebbe causare danni importante anche l’ondata di calore seguente all’eruzione, in grado di bruciare infrastrutture e altre aree attigue
Connesso all’attività del Vulcano è anche il rischio sismico che incombe sui territori circostanti. Sciami sismici di lieve intensità sono spesso ricorrenti nell’area dei Campi Flegrei. Tra dicembre e gennaio vari scosse telluriche sono state registrate con epicentro proprio nel cratere del Vesuvio. Un evento monitorato anch’esso dall’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV) per il quale non c’è stata alcuna connessione con la possibile ripresa dell’attività eruttiva del vulcano.
Inevitabilmente, se il Vesuvio dovesse riprendere la sua attività con maggiore intensità, potrebbero esserci eventi sismici più potenti con tutte le ripercussioni del caso nell’area circostante che possiamo immaginare.
Benché le stime ipotizzino che debba passare un periodo notevole tra un’eruzione e l’altra del Vesuvio, gli scienziati sono concordi sul fatto che non è possibile prevederne l’intensità ovvero se sarà modesta come l’ultima del 1944 o più intensa.
Pertanto, considerato che un’eventualità simile rappresenta pur sempre una minaccia reale, le autorità nazionali e locali hanno adottato un piano di contenimento-prevenzione dei rischi connessi a una ripresa dell’attività vulcanologica.
A riguardo è stato realizzato (con vari aggiornamenti e integrazioni) un Piano Nazionale d’Emergenza per il Vesuvio che prevede varie azioni da adottare sui circa 40 comuni compresi nella zona rossa dell’area vesuviana. Tra queste vi sono, come estrema possibilità di maggiore emergenza, anche le procedure di evacuazione cautelativa che possono interessare fino a 2 milioni di cittadini residenti in caso di invasione e copertura dei territori interessati ad opera di materiali piroplastici liberati dal Vulcano.
Al Piano d’Emergenza partecipano anche altre Regioni in base a Protocolli d’Intesa che regolano l’eventuale trasferimento e accoglienza delle popolazioni evacuate.
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