Poco etici o pericolosi per la salute: di cosa si tratta? Dei cibi vietati dalla legge in Italia, scopriamoli subito insieme!
Non possono essere prodotti e venduti, non si possono acquistare né mangiare. Ecco quali sono i “cibi proibiti” nel nostro Paese. Uno di questi ti lascerà a bocca aperta.
La lista degli alimenti vietati dalla legge italiana comprende, tra gli altri, datteri di mare, pesce palla, sanguinaccio. Per quanto produzione, commercializzazione e consumo di questi cibi siano proibiti, talora sono reperibili clandestinamente.
Le domande che sorgono spontanee sono queste: per quale motivo la legge vieta alcuni cibi? E quali sono gli alimenti vietati? In questo articolo abbiamo elencato quelliche non possiamo portare a tavola e il motivo del divieto.
È un dolce della Campania, caratteristico del tempo di Carnevale. Il sangue di maiale è il suo ingrediente principale. Per ragioni igienico-sanitarie, dagli anni Novanta il consumo di sanguinaccio è stato vietato per legge.
In commercio oggi si trova una crema al cioccolato con lo stesso nome (Sanguinaccio), ma in realtà tra i suoi ingredienti non c’è il sangue di maiale.
Per cultura, costume e valori in Italia mangiare cani e gatti, considerati animali da compagnia, è vietato. Una pratica ben diversa, come noto, è abituale in diversi Paesi dell’Oriente dove il consumo di carne di cane o di gatto è abbastanza comune.
In Italia però non vige una norma che proibisca in maniera esplicita la consumazione della carne dei nostri amici pelosi. Il divieto si ricava in maniera implicita da altri tipi di fonti: dalle norme che disciplinano la tutela degli animali domestici a quelle che puniscono le crudeltà inflitte alle bestiole. Infine ci sono le disposizioni in tema di macellazione delle carni (dove quelle di cane e gatto non appaiono).
Non sono considerate edibili, dunque non si prestano a essere mangiate dall’uomo, anche specie come istrice, scoiattoli, ghiri e ricci di terra. Che dunque vanno tenute a debita distanza dai pentoloni, malgrado alcune antiche tradizioni locali inducano spesso a pensare che si possano spensieratamente mettere sotto i denti.
Forse non tutti sanno che la legge italiana vieta anche la cattura, il consumo e la vendita (da vivi o da morti) dei cosiddetti «uccelli dal becco gentile».
In questa categoria rientrano allodole, fringuelli, tordi e beccafichi. In sostanza quegli uccellini di cacciagione che finivano nella famosa ricetta della «polenta e osei» (polenta e uccelli, diffusa in due versioni tra Vicenza e Bergamo).
Anche la caccia dei pettirossi è vietata. Malgrado il divieto, sono ancora serviti (in maniera illegale) in alcune aree del Veneto.
Anche il pesce palla è un cibo proibito in Italia – come in diversi altri Stati in giro per il mondo – per quanto i giapponesi lo reputino una pietanza sopraffina. La ragione del divieto consiste nel fatto che la carne del simpatico pesce palla può contenere la molto meno allegra tetradotossina: un veleno micidiale, perfino più pericoloso del cianuro. In Italia il consumo del pesce palla è stato vietato nel 1992.
Per quanto possa sembrare sorprendente, in Italia c’è un fiorente – e deprecabile – fenomeno di bracconaggio che ha come prede i delfini. Nel 2012 sono state più di 1.400 le denunce per la loro pesca e la loro vendita illegale. In prevalenza in regioni come Puglia, Lombardia e Campania.
Anche i datteri di mare, molluschi molto somiglianti alle cozze, sono vietati in Italia, dove sono fuori legge da ormai un trentennio.
Un divieto che si spiega coi danni arrecati ai litorali marini dalla loro raccolta, che mettono a repentaglio la biodiversità dell’ambiente marino. L’Italia del resto non è un’eccezione, visto che pescare e mangiare datteri di mare è una pratica proibita in tutti gli altri Stati europei.
È bandito dalle tavole italiane anche quello che è indubbiamente uno degli alimenti più celebri della cucina francese. Vietato in gran parte dei Paesi europei per i controversi metodi di produzione, il foie gras è da tempo nella “black list” dei movimenti animalisti. Infatti viene prodotto facendo ingozzare l’anatra o l’oca con l’alimentazione forzata, una pratica considerata crudele perché porta a un ingrossamento abnorme del fegato.
In Italia produrre foie gras è stato vietato fin dal 2007. E gradualmente anche la vendita all’interno dei supermercati è stata interrotta. Solo due anni fa, a febbraio 2021, è completamente sparito dagli scaffali italiani. Adesso nel nostro Paese è ufficialmente irreperibile sul mercato.
Sul Casu marzu sardo (letteralmente «formaggio marcio») pesa la triste nomea di «formaggio più pericoloso del mondo». L’Unione europea lo ha messo al bando vietandone produzione, commercializzazione e consumo. Secondo Bruxelles infatti questo formaggio caprino viola le norme igieniche e sanitarie europee.
Il motivo? Perché sostanzialmente è un formaggio con i vermi. Per produrlo vengono introdotte infatti uova di mosca casearia che dopo due settimane circa iniziano a generare larve che, cibandosi del formaggio, lo rendono cremoso e saporito. Il punto è che questo processo viene considerato potenzialmente pericoloso per la salute umana dato che le larve, introducendosi nello stomaco ancora vive, potrebbero provocare disturbi all’intestino (vomito e simili).
Se l’è vista brutta, per restare in Sardegna, anche il celebre porceddu sardo, sopravvissuto a un embargo di 11 anni decretato dall’Europa per debellare la peste suina, apparsa in Sardegna per la prima volta nel 1978. Cominciato nel novembre 2011 e rientrato a fine 2012, l’embargo vietava l’esportazione di suini vivi o macellati fuori dai confini isolani.
Senza contare i problemi sorti con la legge regionale (la n. 28 dell’agosto 2018) che sempre per contrastare la peste suina ha introdotto pesanti restrizioni ai capi di bestiame permessi negli allevamenti a conduzione familiare. In questo caso non si tratta dunque di un cibo proibito, ma di un prodotto che deve fare i conti con gli standard di sicurezza alimentare.
Per motivi molto simili ha penato non poco il cervello, sdoganato ufficialmente dieci anni fa, nel 2013, a causa dell’emergenza mucca pazza. Esilio finito e riabilitazione piena dunque per quest’ultimo, insieme a tutta una serie di altre frattaglie di origine bovina. Col cervello sono riapparsi sulle tavole degli italiani anche la pajata romana e il risotto alla milanese nella preparazione tradizionale, quella col midollo di bue.
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