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Lo sapevi che puoi essere troppo stanco per dormire? Cosa dice la scienza

Essere talmente stanchi e crollare dal sonno. Ma non riuscire a dormire. Sarà capitato a tutti. Perché succede? Ecco cosa dicono gli scienziati.

La fatica può essere deleteria per il sonno. A volte staccare la spina e disconnettersi dal ritmo logorante della nostra vita può essere un balsamo anche per il nostro riposo.

Essere talmente stanchi da non avere più sonno: un paradosso che sfianca e logora le nostre esistenze – grantennistoscana.it

È l’incubo di tanti genitori: il bimbo piccolo che muore di sonno, ma di dormire non se ne parla proprio. Non dorme da un po’ di tempo, appare chiaramente stanco. Eppure non si addormenta. Anche se sdraiato nella culla, è irrequieto e si agita come se non volesse saperne di lasciarsi dolcemente andare nelle braccia di Morfeo. Nulla, il mondo dei sogni certe sere sembra avere le porte sbarrate per lui che, in compenso, bussa rumorosamente alle porte dei genitori per chiedere la loro attenzione.

Come si spiega questa stanchezza che impedisce di dormire, che si nega al riposo? Secondo la professoressa Helen L. Ball, professoressa di antropologia e direttrice del Durham Infancy & Sleep Center presso la Durham University, è probabile che in questi casi i bimbi piccoli siano bloccati da uno stato emotivo come eccitazione, ansia o paura. Scatta così, scrive Ball, «una risposta di sopravvivenza che ci aiuta a rimanere sveglio quando siamo in pericolo, non importa quanto siamo stanchi». Insomma, il problema sarebbe la troppa agitazione.

Perché dormire poco ci rende più agitati

La domanda che ci si potrebbe fare però è questa: se la culla è un luogo predisposto per tranquillizzare il bambino e essere il posto più sicuro e accogliente per lui, come mai si attiva questa risposta di sopravvivenza?

C’è un motivo per cui dormire poco ci fa agitare rendendoci ancora più difficile prendere sonno – grantennistoscana.it

Il punto è, spiega l’esperta, è che più restiamo senza dormire più ci risulta difficile regolare le nostre emozioni. Uno studio del 2007 ha mostrato come i centri emozionali dei cervelli privati del sonno sono più reattivi agli stimoli rispetto a quelli dei cervelli più riposati.

«È come se, senza sonno, il cervello fosse regredito a schemi di attività più primitivi, quando non era in grado di contestualizzare le esperienze emotive e produrre risposte appropriate e controllate», spiega l’autore dello studio Matthew Walker, professore di neuroscienze e psicologia presso l’Università della California-Berkeley, oltre che fondatore e direttore del Center for Human Sleep Science.

Nei bimbi piccoli questo problema è acuito dal fatto che hanno più bisogno di dormire rispetto agli adulti – dalle 12 alle 16 ore al giorno spezzate in numerosi sonnellini oltre al più lungo riposo notturno. Di conseguenza, per loro è più facile cadere in quello stato di iperstanchezza che mal si concilia col sonno.

Iperstanchezza: un problema solo dei bimbi piccoli?

Ma anche gli adulti non sono immuni dalla stanchezza eccessiva. Sarà capitato a tutti di svegliarsi nel cuore della notte, trovandosi a rimuginare sulle decisioni del giorno prima o per pianificare le cose da fare domani. Quando siamo stanchi è più probabile rimanere bloccati all’interno di questo logorante circolo di “ruminazione” interiore sulle decisioni passate e su quelle future.

La stanchezza eccessiva che ostacola sonno e riposo è un problema anche dei grandi – grantennistoscana.it

Tutto al contrario, «i cervelli riposati sono bravi a ignorare le cose che si verificano di continuo ma non hanno reali conseguenze», rivela a BBC Science Focus Matt Jones, professore di neuroscienze all’Università di Bristol. Il problema è quando siamo molto stanchi o soffriamo di insonnia «siamo meno capaci di lasciar andare – in maniera inconsapevole o inconscia – le informazioni irrilevanti», aggiunge l’esperto.

In pratica, significa che la mente stanca è tutto un brulicare di informazioni inessenziali, dove facciamo fatica a filtrare le cose realmente importanti. Rischiando così di perderci in un mare di dettagli e aspetti secondari. Non appare certo un caso, poi, che i genitori di bimbi piccoli e potenzialmente a rischio di spossatezza siano a loro volta più a rischio di stanchezza. Lo sforzo per bilanciare tutti i giorni il lavoro e la cura dei figli, insieme all’igiene fisica personale, può essere mentalmente e fisicamente soverchiante per un genitore che cerca di mantenere una parvenza di vita sociale.

Una società che produce stanchezza

A complicare ancor più le cose c’è la nostra vita col pulsante “on” costantemente acceso e iperconnessa. Che può rivelarsi estenuante, finendo per farci precipitare nella stanchezza. E-mail di lavoro a ogni ora del giorno e della notte, il fuoco di fila delle news dell’ultima ora, le notifiche dei social: tutte iperstimolazioni che lasciano al nostro cervello davvero pochi spazi per trovare un po’ di relax nel corso delle nostre giornate.

Correre sempre al massimo, pigiare sull’acceleratore per essere produttivi e efficienti ci stanca – grantennistoscana.it

In un libro di qualche anno fa il filosofo tedesco-coreano Byung-Chul Han ha definito la nostra come una «società della stanchezza», descrivendo l’uomo occidentale come un Prometeo incatenato ai ritmi sfrenati della produzione e del consumo. Essere performativi, produttivi, efficienti. Sono questi gli imperativi di una società iper-competitiva che ci invita a accumulare il più possibile, a spingerci sempre oltre ogni limite umano.

Per questo la società della prestazione è anche una società della stanchezza dove il peggiore dei peccati è essere inattivi, improduttivi, incapaci di riempire con qualche attività gli oziosissimi “tempi morti”. In sostanza, l’imperativo della prestazione è diventato una gabbia: una prigione esistenziale dove l’uomo è ridotto a animal laborans, a bestia da lavoro.

L’imperativo della prestazione: mai fermarsi

La società della stanchezza, sostiene Han, è l’altra faccia della «società del positivo» che impone a tutti di essere sempre in modalità “on”: sempre attivi, accesi, operativi. Non c’è spazio per “inconvenienti” come le difficoltà personali, i giri a vuoto, la malattia, le sofferenze, i problemi. Tutto deve filare liscio e veloce per non ostacolare gli inossidabili ingranaggi della grande macchina sociale della produzione e del consumo. Animali da prestazione, forzati del lavoro. Obbligati ad andare sempre a mille, non dobbiamo in alcun modo frenare o fermarci.

Di conseguenza, secondo Han, sempre più spesso ci si lamenta di essere stanchi, di aver esaurito le energie, di essere svuotati.

Molti anni prima, il filosofo Josef Pieper criticava a fondo l’«agitazione attivistica del mondo totalitario del lavoro» che spinge a vivere per lavorare e non, come dovrebbe essere, a lavorare per vivere. Pieper perciò proponeva di rivalutare l’antico otium: l’ozio, che lungi dall’essere il padre dei vizi è quel vitale stato di «contemplazione riposante», una facoltà rigeneratrice per tutto il nostro essere. Da qui la necessità di riscoprire i momenti di riposo, di contemplazione, di gioco, di amore per la bellezza e le cose buone della vita.

Come combattere il logorio della vita moderna: qualche consiglio pratico

L’alternativa è quella spossatezza cronica che imprigiona la società della stanchezza. Che fare allora? Come prima cosa potremmo cercare di dare il giusto tempo al riposo, alla nostra pace e alla nostra tranquillità. Uno studio apparso nel 2022 su Molecular Psychiatry ha mostrato che concedersi una tranquilla passeggiata di un’ora in mezzo alla natura, liberi da altre distrazioni, ha un effetto benefico e rilassante per l’amigdala, l’area primaria del cervello deputata a processare le emozioni, ansia e paura incluse.

Riscoprire il contatto con la natura e dare il giusto spazio al riposo possono salvarci dai ritmi infernali della vita moderna – grantennistoscana.it

Ma può essere utile anche quella che gli esperti chiamano una buona igiene del sonno. Dormire male non ci fa riposare bene, innescando un circolo vizioso che fa aumentare la nostra stanchezza. Un’altra buona abitudine sarebbe quella di diminuire le distrazioni almeno un’ora prima del sonno, in particolare quelle derivanti dall’uso dei dispositivi tecnologici.

In particolare, meglio non andare a letto col telefonino, spulciando le notifiche sui social fino all’ultimo istante prima di appoggiare la testa sul cuscino. Distrazioni come queste andrebbero proprio tenute lontano dal letto, dichiara sempre a BBC Science Focus il dottor Alex Scott, docente di psicologia alla Keele University. «Si tratta di gestire quello che viene chiamato ‘controllo dello stimolo’», spiega Scott. «Questo in pratica significa che è una buona idea non associare il tuo letto a troppe preoccupazioni, che possono portare a più problemi di sonno».

Insomma, quel lavorio sfiancante che è la “ruminazione” – e che produce le notti insonni – spesso e volentieri è solo il prodotto finale delle nostre azioni fin dall’inizio della giornata. Evitare al nostro cervello di stancarsi troppo durante il giorno renderà più facile riposare tranquillamente durante la notte.

Emiliano Fumaneri

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