Tanti gesti che subiamo possono essere considerati maltrattamenti in famiglia ed il risarcimento può essere forte.
La famiglia dovrebbe essere un luogo di protezione, di amore e di cura. Stando tra le mura della casa e in generale nel contesto degli affetti più cari, ci si dovrebbe sentire abbracciati e protetti. Nella famiglia specialmente i bambini dovrebbero crescere nella serenità e in un senso di confortevole cura. Troppo spesso però questo non accade ed è importante sapere quali strumenti la legge mette a disposizione per difendere noi o i nostri cari da situazioni che possono diventare anche tragiche.
La legge penale punisce tutti gli atti di vessazione continui che arrivino a provocare sofferenze, umiliazioni e privazioni. Questo vale sia in un contesto familiare che parafamiliare. Molto importante da questo punto di vista è l’articolo 575 del Codice Penale che riguarda i maltrattamenti contro familiari o conviventi. Purtroppo questi casi sono sempre più frequenti e l’ambito di applicazione di questa norma diventa sempre più vasto.
Violenza fisica ma anche psicologica
La legge punisce le condotte violente ma punisce anche quei maltrattamenti psichici che alla lunga possono arrivare a demolire l’autostima di una persona e a trasformare la sua vita in una lenta sofferenza. La legge non si occupa soltanto delle relazioni familiari ma anche di quelle strette e abituali. I maltrattamenti in famiglia secondo la legge sono quelle condotte reiterate nel tempo e volontariamente lesive della dignità e della libertà della persona.
Utilizzare una violenza fisica o psicologica o degradare, umiliare e deridere continuamente qualcuno può provocare danni enormi. I danni diventano ancora più forti se parliamo del convivente e soprattutto di una persona affidata alla sua autorità. Un padre che continuamente fa sentire il figlio un fallimento fino a provocargli una sofferenza alla quale non riesce a sottrarsi sta commettendo un atto molto grave.
Le leggi attuali e il codice rosso
Prima della riforma del 2012 la legge faceva riferimento a maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli. Oggi la norma è molto più ampia perché riguarda tutti i soggetti conviventi. La nuova norma è stata aggiornata con la legge numero 69 del 2019, il cosiddetto “codice rosso”.
Sono state inasprite le circostanze aggravanti e la legge ha anche previsto che il minore che assiste ai maltrattamenti sia considerato persona offesa. Il concetto della famiglia inizialmente veniva circoscritto ai coniugi, agli affini, agli adottati, ai consanguinei. Oggi invece il legislatore e anche la giurisprudenza preferiscono un’interpretazione estensiva nella quale rientrano i soggetti legati da un qualsiasi rapporto di parentela ma anche i domestici e i conviventi more uxorio.
Mobbing: un dramma diffuso
Quando si conviva in una maniera piuttosto stabile e continuativa, ecco che possono esserci maltrattamenti focalizzati e sanzionati dalla legge. Secondo la Cassazione il delitto dei maltrattamenti persiste anche quando ci sia la cessazione della convivenza. Infatti anche quando termina la convivenza le condotte lesive della dignità, del decoro e dell’autostima dell’altro possono continuare persino a distanza ed ecco che il danno può intensificarsi.
Si configura il delitto di maltrattamenti anche per un domestico che frequenti abitualmente la casa nella quale viene umiliato: in questi casi per la legge subisce lo stesso tipo di reato. Tuttavia il reato di maltrattamenti può discendere non soltanto dal rapporto familiare ma anche da quello di un’autorità e dallo svolgimento di una professione.
Oggi è molto importante la figura del mobbing che sono tutte quelle condotte realizzate per denigrare e vessare il lavoratore. Se la condotta offensiva viene perpetrata nei confronti di qualcuno che è stato affidato a scopo di educazione, istruzione cura o vigilanza o per l’apprendimento di una professione, di un’arte, ecco che anche qui può configurarsi lo stesso reato.
Dunque i maltrattamenti non ci sono solo in famiglia ma anche sul luogo di lavoro. Il disprezzo della dignità, le umiliazioni, le offese continue ma anche la privazione di beni essenziali specialmente nei confronti dei figli rientrano in questi reati.
Elemento soggettivo e sanzioni
Un papà che nega ai figli quei beni fondamentali per la vita di tutti i giorni sta commettendo un reato di maltrattamenti. Perché si configuri questo reato c’è bisogno che si tratti di una condotta abituale che magari può essere anche lecita in se stessa ma che diventa illecita quando viene preordinata ad uno schema preciso volto a demolire fisicamente o psicologicamente l’altro.
L’elemento soggettivo di questo reato è il cosiddetto dolo generico cioè la volontà di generare nella vittima una serie di conseguenze negative. Normalmente chi maltratta dice di farlo a fin di bene o di non essersi reso conto di aver danneggiato l’altro. Il reato di maltrattamenti in famiglia è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Il cosiddetto codice rosso ha introdotto poi una fattispecie aggravata del delitto quando il fatto è commesso in presenza o in danno di un minore o di chi sia in stato di gravidanza o di disabilità oppure se viene commesso con armi. Se dal fatto deriva la morte del soggetto, la reclusione va dai 12 ai 24 anni. Ingiurie, percosse e umiliazioni rientrano tutte in questo reato importante da individuare e sanzionare.