La pasta non è nemica della bilancia, anzi mangiarla con regolarità fa perdere peso. Una ricerca cambia le carte in tavola.
La pasta è considerata un po’ la bestia nera di chiunque voglia perdere peso. Per chi è a dieta non c’è alimento più temuto. Un timore che nasce dalla credenza – erronea – che la pasta faccia ingrassare di più rispetto ad altri cibi.
Pasta, è un errore grossolano quello di bandirla totalmente dalla tavola. Naturalmente è vero che la pasta contiene al suo interno una buona percentuale di carboidrati raffinati (considerati i nemici numero uno di chi cerca di dimagrire), ma è altrettanto vero che abbonda anche di nutrimenti indispensabili per la salute del nostro organismo.
Ad esempio 145 grammi di pasta cotta al loro interno contengono circa 38 grammi di carboidrati, 7,7 grammi di proteine e 0,6 grammi di grassi. Inoltre bisogna considerare tutta l’acqua assorbita durante la cottura e importanti micronutrienti come vitamine e sali minerali. Sempre la medesima quantità di pasta cotta (145 grammi) rappresenta circa un quarto del fabbisogno quotidiano di vitamine B1 e B9, la metà di quello selenio e il 10% del ferro di cui abbiamo bisogno ogni giorno.
Perciò per ridurre i carboidrati raffinati che assumiamo, la cosa migliore è tagliare prima di tutto i dolci, a cominciare dalle merendine confezionate e dalle torte, e non sulla pasta quando è accompagnata a legumi e verdure.
Il nostro organismo ha bisogno dell’energia (calore) che assorbe dagli alimenti per i processi del metabolismo, le funzioni fisiologiche, la produzione di calore, l’attività dei muscoli, la crescita e la sintesi di nuovi tessuti.
Energia che l’organismo trae dalle sue fonti principali, che sono carboidrati, proteine, grassi e, in quantità meno rilevante, anche l’alcol. Se però il fabbisogno giornaliero di energia è variabile e cambia da persona a persona (in funzione dell’età, del sesso, della corporatura, dell’attività fisica), l’equilibrio tra i macronutrienti (ovvero carboidrati, proteine e grassi) deve rimanere costante per tutti.
Sono ormai diversi gli studi che hanno mostrato come uno scompenso nell’equilibrio dei macronutrienti alzi la probabilità di contrarre malattie croniche. Senza trascurare il fatto che anche la forma dei grassi (per esempio acidi grassi saturi, monoinsaturi o polinsaturi) o dei carboidrati (ad esempio amidi oppure zuccheri, indice glicemico alto o basso) può avere ricadute importanti sul pericolo di ammalarsi queste patologie.
Gli esperti raccomandano di ricavare una percentuale che oscilla tra il 45 e il 65% della nostra energia dai carboidrati e il resto dalle proteine (per il 10-30%) e dai grassi (20-35%). Un rapporto fissato in base a una sana alimentazione, e stabilito in modo che ciascuno di noi abbia modo di assumere una quantità sufficiente di vitamine e minerali.
È sbagliato dunque credere che tra la bilancia e la pasta ci sia un antagonismo irriducibile. Questo è un falso mito. Lo spaghetto non è nemico della linea e meno che meno dobbiamo sacrificarlo sull’altare del peso forma. È stato dimostrato, al contrario, che rimanendo nell’ambito di un sano regime alimentare perdiamo più peso quando la nostra dieta comprende un quantitativo regolare di pasta.
Tanto più che una revisione sistematica di 10 differenti studi ha fatto emergere come la pasta – che rappresenta una delle più importanti fonti alimentare di amido a basso indice glicemico (IG) – permette di tenere basso il livello della glicemia nel sangue, se confrontata col pane o con le patate.
Perciò invece di rinunciare ai vantaggi della pasta, meglio lavorare sulla quantità. Riducendo magari le porzioni di pasta nel piatto o optando direttamente per la pasta integrale che, col suo alto quantitativo di fibre, produce consistenti benefici all’intestino, oltre a dare una prolungata sensazione di sazietà.
Va bene, ma quante volte andrebbe mangiata a settimana la pasta? Interpellata da Today Benessere, la biologa nutrizionista Ester Brucci trova possibile mangiarla anche 5 volte a settimana. A condizione, aggiunge, di «bilanciare il corretto apporto calorico in base ai pasti consumati durante il resto della giornata e effettuando un po’ di movimento».
Quanto all’alternativa tra pasta bianca e quella integrale, l’esperta afferma che si possono consumare entrambe, alternandole per rispettare il fabbisogno energetico dell’organismo. Con la differenza che la pasta integrale, essendo più ricca di fibre, richiede più tempo per la digestione. Prolungando la sua permanenza nello stomaco dà dunque un maggiore senso di sazietà.
Poi ci sono anche tipologie di “pasta” alternativa come la pasta di quinoa, priva di carboidrati dato che è una pianta erbacea apparentata alla stessa famiglia degli spinaci. Per questo si trova indicata nelle diete fortemente ipocaloriche. Infine ci sono anche le paste a base di segale, avena, orzo e farro, a elevato contenuto di fibre e minerali.
Di solito la pasta non viene mangiata in solitaria. Un grande vantaggio, dato che i carboidrati “nudi” (ovvero quelli semplici consumati senza altri alimenti che contribuiscono a rallentare la digestione), quando non vengono gestiti nella maniera corretta, rischiano di innescare alti e bassi nel livello dello zucchero nel sangue e dunque a problemi di salute.
Un rischio dal quale però la pasta è esclusa, dato che rappresenta sempre la base di un pasto più completo. Inoltre la pasta può anche essere un mezzo per spingere le persone a consumare più verdure. Come nel caso dei bambini un po’ recalcitranti alle verdure (ma anche degli adulti più schizzinosi) ai quali i genitori “nascondono” nel condimento della pasta qualche verdura frullata o grattugiata.
Abbinare la pasta a qualche altro condimento ha una sua importanza anche dal punto di vista proteico. In genere i cibi vegetali non sono proteine complete. Questo vuol dire che si devono consumare in combinazione con altri alimenti. Come appunto la pasta, oppure il riso o i cereali integrali. Un abbinamento che serve ad assorbire vari tipi di aminoacidi (ovvero i “mattoni” delle proteine) indispensabili per la nostra sopravvivenza.
Da qui il consiglio della nutrizionista di abbinare sempre pasta e verdura. In maniera tale da introdurre il giusto quantitativo giornaliero di fibre e bilanciare l’apporto energetico. Da evitare invece condimento come il burro: meglio puntare sull’olio extra vergine d’oliva (non in quantità esagerate però). Come esempio di un piatto sano e leggero la nutrizionista indica «pasta e broccoletti che permettono l’assorbimento di acido folico e ferro, o la pasta col pomodoro e basilico che permette l’assorbimento del licopene (un potente antiossidante), o, ancora, la pasta di farro con i legumi che consente un maggior assorbimento del ferro».
Un’altra cosa poco nota è che, incredibile ma vero, la pasta avanzata è ancora più salutare. Dopo la cottura e il raffreddamento, infatti, alcuni dei carboidrati si convertono in amido resistente. Così la pasta non viene digerita nell’intestino tenue: fermenta nell’intestino, alimentando i batteri intestinali che sono benefici per il processo digestivo.
In questo modo c’è un minore apporto di energia e un miglioramento dei livelli di zucchero nel sangue. Dunque riscaldando e mangiando il classico piatto di pasta avanzato dal giorno prima, questo sarà meno calorico rispetto alla sera precedente.
Un altro luogo comune sfatato dalla ricerca è quello su un altro grande classico come lo spaghetto serale. Ebbene, se consumata a cena e non in eccessive quantità la pasta facilita il riposo e abbatte anche lo stress. Un effetto del triptofano e delle vitamine del gruppo B che sono presenti nella pasta. Ad affermarlo è una ricerca del 2019 del Brigham and Women Hospital di Boston apparsa sulla rivista scientifica “The Lancet Public Health”.
Questo perché la pasta, spiega sempre la dottoressa Ester Brucci, «stimola la produzione di leptina, l’ormone della sazietà, e di adiponectina, che regola la produzione di insulina». Mentre «grazie alla presenza del triptofano, viene stimolata la produzione di serotonina e melatonina, sostanze che favoriscono il buon umore». In più, prosegue la nutrizionista, «fornisce al cervello zuccheri indispensabili per gestire l’attenzione, la concentrazione e anche per gestire i momenti di stress». «Ovviamente, il suggerimento è di non cenare mai troppo tardi, così da evitare di coricarsi subito dopo il pasto e avere problemi di digestione».
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