Maradona e il litigio col famoso giornalista. Un video, un ricordo, un atto d’amore verso un popolo ed un’intera città.
Il 2023 è stato l’anno del Napoli Campione d’Italia. Trentatré anni dopo il secondo scudetto datato 1990. Trentatré anni dopo il secondo trionfo tricolore dell’era Maradona. E trentatré anni dopo i tifosi del Napoli hanno invaso le piazze, le strade, i vicoli tappezzandoli di azzurro. Ed un solo volto è campeggiato. Ovunque.
Non quello del presidente Aurelio De Laurentiis, nemmeno quello del tecnico Luciano Spalletti, né quello del campione che ha trascinato con i suoi gol la formazione partenopea verso il trionfo più grande ed inatteso, Victor Osimhen. Un volto, un nome, un grido, ha accompagnato una gioia covata sotto il Vesuvio per oltre tre decenni, quello di Diego Armando Maradona.
Da oltre tre decenni Maradona ha lasciato la capitale partenopea. Il 25 novembre 2020 ha lasciato per sempre Napoli e il resto del mondo. Ma nella “sua” città non vi è angolo, non vi è cuore che non lo ricordi quotidianamente con un pensiero, con un sorriso, con una lacrima o con una preghiera. Parlare di Maradona se non si è napoletani si rischia di cadere nell’ovvio. Di scivolare nei soliti luoghi comuni.
Ciascuna squadra conserva gelosamente i suoi campioni che non hanno età. Uno, dieci cento anni non cancellano dalla memoria imprese, emozioni e dolori incancellabili. Michel Platini per i tifosi della Juventus, Gianni Rivera per i tifosi del Milan sono icone incancellabili. Cosa dire poi dei tifosi del Grande Torino, forse la più forte squadra di tutti i tempi, la cui storia si è schiantata il 4 maggio 1949 sulla Basilica di Superga divenendo leggenda.
Eppure Diego Armando Maradona, è stato di più. È andato oltre. Un’anima napoletana, soltanto incidentalmente nata a Lanus, in Argentina. Maradona è nato napoletano e dei napoletani ha sposato la voglia di ribellarsi contro “il potere” cinico e baro, genericamente inteso. Un potere che, a seconda delle circostanze, ha assunto, talvolta, la fisonomia di un personaggio politico.
Il più delle volte, calcisticamente parlando, l’insopportabile potere i tifosi napoletani lo hanno immaginato con addosso una maglietta a strisce bianche e nere. Il 5 luglio 1984 Maradona è stato presentato ai tifosi del Napoli allo Stadio San Paolo, l’odierno impianto che oggi è intitolato al fuoriclasse argentino-napoletano. Il prossimo anno saranno 40 anni da quello sbarco che ha cambiato la vita di generazioni di napoletani.
Lo scudetto del maggio scorso è stata l’occasione per ricordare un campione che non c’è più e un uomo che, invece, è sempre vivo tra i napoletani. Con i suoi altarini sparsi nei vicoli e nelle vie centrali di Napoli, nei bambini di ieri e uomini di oggi che nel loro nome, Diego o Diego Armando, conservano un DNA napoletano supplementare, che si unisce alla napoletanità storica di Eduardo, di Totò, di Massimo Troisi e Pino Daniele.
Non passa giorno che sui social non spunti un video di Diego Armando Maradona. Una rete, un frase, un evento che ne rinnovi il pensiero e quel senso di inguaribile nostalgia.
Ora, sui social, è il momento di un frammento di una trasmissione televisiva dove il fuoriclasse argentino si è scontrato verbalmente con un noto giornalista sportivo. Ci troviamo in uno degli studi televisivi dove, durante gli anni ’80, ovvero durante il periodo aureo del calcio italiano, la cui Serie A è stata un punto di riferimento, e d’ispirazione per tutti, si sono tenuti processi del lunedì e contro-processi del martedì.
Il famoso giornalista, volto televisivo popolarissimo in quegli anni, è Maurizio Mosca. Non soltanto giornalista sportivo, ma anche conduttore televisivo ed opinionista, Maurizio Mosca, classe 1940, figlio di Giovanni Mosca, giornalista e umorista e fratello di Paolo, scrittore, ha lavorato per il quotidiano La Notte e per La Gazzetta dello Sport in qualità di caporedattore. Per la rosea il giornalista romano ha lavorato per oltre vent’anni.
Anche in questa occasione si vedono Maradona e Maurizio Mosca, l’un contro l’altro piazzati su tavoli posti di fronte per meglio duellare con le parole. Il video inizia con Maradona che si rivolge subito a Maurizio dicendogli di non comprendere il perché il giornalista non lo sopporti anche se non lo conosce. Il campione argentino parla poi del rispetto che lui ha sempre avuto nei confronti dei due allenatori, Bianchi e Bigon, con i quali ha vinto i suoi due scudetti azzurri.
Maurizio Mosca, invece, ritiene che entrambi i tecnici abbiano avuto, nei confronti del numero 10 partenopeo, una grande pazienza. Per questo dovrebbe dir loro grazie per tutta la vita. E Maradona sottolinea come questo lo abbia già fatto. La discussione si accende nel momento in cui Maurizio Mosca dice che sta parlando a nome dei napoletani e in quel momento Dieguito si scalda come non mai.
“Parli te a nome dei napoletani. Non farmi ridere. Non hai mai parlato dei napoletani, te!“. L’effetto dirompente di queste parole, l’espressione del volto di Maradona che cambia completamente nel momento in cui Maurizio ha tirato in ballo i tifosi del Napoli rappresenta, ancora oggi, a distanza di decenni, la difesa accorata di una città, di un popolo.
Un messaggio legato al video recita così: “Nessuno ha mai amato e difeso i napoletani come lui ha fatto perché era uno di noi e sempre lo sarà“. Ecco che quasi ritorna l’immagine di Maradona nato per errore in Argentina, dove peraltro il 50% della popolazione ha chiare origini italiane, ma napoletano nel sangue e nel cuore. Scorrere i commenti al video è entrare all’interno delle viscere più intime della napoletanità.
Come entrare in un luogo sconosciuto che non incute timore, ma sommo rispetto. Dove, per chi non appartiene a quel mondo e non ne ha respirato gli umori e gli amori, tutto può sembrare incomprensibile, perfino eccessivo.
Maradona al fianco di San Gennaro non è mettere sacro e profano insieme, ma è unire, uno accanto all’altro, due anime di Napoli. Semplicemente per questo, nella festa scudetto, ha campeggiato in tutti un solo volto ed un solo nome: Diego Armando Maradona. Nell’anno 33 d.D. (dopo Diego).
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