Sembra sempre più vicina la chiusura del nuovo contratto dei medici. Ma quanto guadagna all’anno un dottore? Cerchiamo di scoprirlo.
È prossimo il rinnovo del Ccnl. Ecco cosa potrebbe cambiare per i medici (anche quelli di base) da anni alle prese con una situazione che col tempo si è fatta sempre più critica e ha portato a un boom di addii negli ospedali italiani.
Medici, quanto guadagnano adesso? E quanto potrebbero guadagnare con i nuovi stipendi? Quali saranno gli obblighi e i doveri dei medici legati alla riforma e al nuovo contratto? Proseguono senza sosta infatti gli incontri per il rinnovo dei contratti dei medici 2023-2024 tra i rappresentanti del Ministero della salute (alla testa del quale c’è proprio un medico: il romano Orazio Schillaci) e quelli di categoria.
Obiettivo dei colloqui è, naturalmente, il nuovo confronto in Aran per il rinnovo del contratto dei medici. Al centro della discussione tra le parti c’è soprattutto la richiesta di maggiori risorse e investimenti per il rinnovo dei contratti dei medici e la ricerca. Si cerca di chiudere l’accordo entro questo mese di settembre.
Da cosa dipendono i guadagni di un medico? Innanzitutto dalle retribuzioni previste dal contratto di Sanità, che contempla 13 mensilità oltre alla mensilità aggiuntiva – che è frazionabile in dodicesimi nell’ipotesi che il rapporto di lavoro inizi e cessi durante il corso dell’anno.
Più nel dettaglio, gli stipendi dei medici vanno dai 1.900 ai 2.900 netti in base agli scatti di anzianità. Si tratta di un importo mensile al quale vanno poi aggiunti eventuali turni notturni o festivi, ma anche reperibilità e straordinari.
Per un primario si può arrivare fino a circa 4.500 euro. Le retribuzioni aumentano poi per i medici specializzati, che possono arrivare a percepire cifre in grado di superare anche i 300 mila euro all’anno. Ad esempio un medico specializzato in medicina generale mette insieme uno stipendio medio che si aggira sui 4.600 euro netti mensili, che in un anno fanno poco più di 100 mila euro lordi. In questo caso si parte da un guadagno minimo pari a 64.400 euro lordi annui, che può anche superare i 190 mila euro.
Si sale ancora coi guadagni dei chirurghi estetici, che ammontano tra i 60 mila e gli 80 mila euro annui all’inizio della carriera professionale. Invece per i chirurghi più esperti i guadagni possono giungere a oltrepassare anche il tetto dei 160 mila euro all’anno. Molto alti anche i guadagni dei chirurghi ortopedici (fino a 165 mila – 170 mila euro all’anno) che possono salire fino a 180 mila euro anni per un neurochirurgo.
Nel caso invece dei ginecologi, il guadagno medio di un ginecologo nel nostro Paese si aggira intorno ai 60 mila euro all’anno. I ginecologi che hanno maturato maggiore esperienza però possono arrivare a prendere anche circa 100 mila euro annui.
Rispetto ai medici ospedalieri il quando cambia ancora se passiamo a considerare i guadagni dei medici di base. In media un medico di base in Italia arriva a guadagnare circa 70 euro (lordi) a paziente che ha in cura se ha un numero di pazienti inferiore a 500 e 35 euro se invece ne ha in cura più di 500.
Il calcolo dei guadagni di un medico di base si può fare in fretta, considerando che nel Belpaese un medico di base può avere in cura un numero massimo di pazienti pari a 1.500 persone. Il che significa che un medico di base può arrivare a percepire uno stipendio anche superiore a 7.500 euro al mese lordi, al netto di eventuali bonus.
Con circa 1.500 pazienti in cura, un medico di base può giungere ad avere uno stipendio sui 52 mila euro all’anno lordi. Quel che guadagna un medico di base per ciascun paziente varia anche a seconda degli anni di servizio. I medici di base che hanno maturato oltre un decennio di esperienza possono arrivare a guadagnare anche sui 100 – 120 mila euro lordi all’anno, vale a dire stipendi che oscillano tra i 2.300 e i 5 mila euro al mese.
Come anticipato, per la modifica degli stipendi dei medici l’obiettivo è quello di arrivare a chiudere entro la fine di questo mese di settembre col rinnovo del Ccnl.
A quanto si sa sono in ballo aumento di centinaia di euro al mese. Ma in gioco ci sarebbe anche la rimodulazione degli orari lavorativi.
Si parla anche di riformare le modalità di lavoro, a cominciare dalle ore di lavoro extraorario non remunerate fino alla cancellazione del tetto sulle assunzioni che finisce per dirottare i soldi pubblici in direzione dei medici a gettone.
Quello dei medici a gettone è un fenomeno che si sta diffondendo sempre più, protagonista di un vero e proprio boom negli ultimi anni. Si tratta di medici che non esercitano un servizio continuativo. Semplicemente vengono chiamati all’occorrenza, potremmo dire “on demand”.
Nel nostro Paese c’è infatti una cronica penuria di camici bianchi. E per sopperire ai buchi d’organico si ricorre ai medici gettonisti. Negli ospedali italiani ogni giorno va e viene un esercito di migliaia di medici a gettone. Sono ingaggiati da cooperative esterne alle quali le aziende sanitarie sono di fatto costrette a rivolgersi nel tentativo di coprire le sempre più numerose carenze d’organico.
Le cooperative arruolano i medici a gettone attraverso i loro siti, ma soprattutto tramite chat. Esistono dei veri e propri canali ad hoc sui sociali (come Telegram). Sempre le cooperative vigilano poi sulla qualità dei medici mandati in corsia. Un medico a gettone viene pagato per il singolo turno (in genere di 12 ore, ma in questo contesto essenzialmente senza regole un professionista può arrivare a lavorare anche per 36 ore filate).
Senza contare che oltretutto i medici “on demand” vengono anche strapagati. L’esternalizzazione del lavoro medico costa cara: per un gettone di presenza si arriva anche a 1.200 euro a turno, più della metà di quanto guadagna in un mese uno specializzando. È un fenomeno dunque, quello dei medici gettonisti, che grava parecchio sulle casse dello Stato.
Tra le cause della crisi che ha portato all’esplosione del fenomeno dei medici a chiamata all’interno degli ospedali ci sono, come riconosciuto dallo stesso ministro Schillaci, il blocco indiscriminato di 14 anni del turnover in Sanità (dal 2005 fino al 2019, fino a quando le assunzioni non sono state aumentate del 10%). Ma pesa non poco anche il taglio di 37 miliardi sulla sanità pubblica tra 2010 e 2019.
Non ha aiutato nemmeno la programmazione dal corto respiro, per non dire totalmente sbagliata, che ha portato per anni a fare contratti di specialità al ribasso e mal calibrati per la sostituzione dei medici andati in pensione. Basti pensare che tra 2015 e 2020 i medici pensionabili sono stati 37.800. Ma i medici specializzati pronti a sostituirli entrando nel servizio sanitario sono stati soltanto 24.752.
In più ci si è messo anche il boom delle dimissioni volontarie dei medici ospedalieri, specialmente dopo la pandemia che ha esasperato criticità preesistenti. All’origine di questo fenomeno si trova un generale peggioramento delle condizioni di lavoro, a causa di turni sempre più massacranti e l’inasprimento della conflittualità coi pazienti, in più con stipendi ritenuti inadeguati.
Le “grandi dimissioni” hanno colpito anche la sanità italiana, assottigliando ancor più gli organici. Secondo le stime nel 2021 hanno abbandonato il SSN ben 2.886 medici ospedalieri (il 39% in più rispetto al 2020). Questo trend, se confermato, potrebbe portare alla perdita di 40 mila specialisti entro la fine del 2024 (tra licenziamenti volontari e medici che vanno in pensione).
Impressiona il dato delle dimissioni di massa dei medici a Bologna e Imola. Nel giro di tre anni si sono dimessi oltre 330 medici, riferisce Il Resto del Carlino. Il che significa, considerando che l’organico complessivo dei medici ospedalieri di Bologna e provincia si aggira sulle 3.000 unità, che più del 10% dei medici ha abbandonato volontariamente il proprio posto di lavoro.
Una situazione allarmante alla quale si cerca di mettere riparo col rinnovo del Ccnl dei medici. Partendo proprio dall’aumento degli stipendi. In discussione è un aumento medio lordo pari a 200 euro al mese. A questi 200 euro mensili dovrebbero essere aggiunti circa 9 mila euro di arretrati.
Queste, secondo quanto trapelato, sono le cifre in ballo nella riforma del lavoro dei medici. Una riforma che, come detto, dovrebbe portare anche a rivedere la questione del lavoro extraorario non retribuito, a cancellare il tetto sulle assunzioni.
Si discute anche di guardie e pronta disponibilità, di assegnazione degli incarichi, di una nuova regolamentazione sulle relazioni sindacali. Un altro tema sul tavolo è quello del lavoro dei medici fuori sede, che dovrebbe essere molto più regolamentato. In particolare dovrebbero essere previsti dei rimborsi per chi si trova a lavorare lontano dalla propria sede originaria.
Sul tappeto, oltre al rinnovo del Ccnl, c’è anche altro. Il ministro Schillaci punta anche a una modifica degli obblighi e dei doveri dei medici. Si parla in particolare di creare nuove case della comunità, di assistenza domiciliare integrata.
L’idea è anche quella di potenziare il ruolo dei medici di famiglia. I loro compiti potrebbero aumentare in maniera da alleviare il lavoro del pronto soccorso, sempre più in difficoltà.
Il ministro della salute sta lavorando a un piano che a quanto pare prevede di valorizzare i medici di base. In concomitanza si cercherà di formare nuove figure professionali con una specifica formazione universitaria in grado di supportare infermieri e operatori socio sanitari.
Nell’ottica del ministro Schillaci valorizzare il ruolo dei medici di base dovrebbe avere una ricaduta positiva rendendo più attrattiva la professione. In questo modo la penuria di medici attuale potrebbe trovare una possibile soluzione. Il titolare del Ministero della Salute ha ben chiaro che insieme alla valorizzazione andrebbe anche garantita ai medici anche un’adeguata remunerazione per il loro lavoro.
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