Attenzione ai sintomi della narcolessia, un grave disturbo del sonno che comporta serie conseguenze per la vita dei pazienti che ne soffrono.
Quasi sempre i narcolettici fanno fatica ad avere con facilità anche solo una diagnosi dalla loro malattia, davvero molto invalidante.
Narcolessia: un grave e debilitante disturbo neurologico – spesso sottovalutato e mal curato – con cui c’è chi deve convivere anche per molto tempo. La parola narcolessia deriva dal greco e vuol dire «attacco di sonno». Un chiaro riferimento al sintomo più caratteristico di questa patologia: una eccessiva sonnolenza durante le ore diurne.
Detta anche «Sindrome di Gélineau», dal nome del suo scopritore, la narcolessia si caratterizza appunto per improvvisi attacchi di sonno dopo i quali ci si sveglia riposati.
La scoperta della narcolessia
A descrivere per primo la narcolessia fu infatti il dottor Jean-Baptiste Edouard Gélineau (1828 – 1906), medico e neuropsichiatra francese. Uno dei suoi pazienti, un certo signor G., bottaio di trentotto anni, gli si presentò un giorno di febbraio del 1879 con dei sintomi che Gélineau annotò con cura. Il paziente sperimentava attacchi di «profonda pesantezza» lamentando anche «un grave fardello sulla fronte e sugli occhi».
Il dottor Gélineau si rese conto ben presto di avere davanti a sé un caso piuttosto serio: una vera e propria patologia non ancora identificata, per la quale coniò il termine narcolessia. Merito suo anche aver sintetizzato con una efficacissima espressione il sintomo principale di questa nuova malattia: «L’invincibile bisogno di dormire».
Il problema era che Gélineau era soltanto un semplice dottore di provincia. Di conseguenza l’élite medica del tempo non lo degnò di grande considerazione e bocciò senza pensarci troppo la sua ipotesi di una nuova patologia. I professori di Parigi, ricorda il giornalista scientifico britannico Henry Nicholls, in lotta da circa vent’anni contro la narcolessia, si concentrarono forse più sul mestiere del povero bottaio. Così, sviati dai loro pregiudizi, attribuirono il suo eccesso di sonnolenza durante il giorno al vizio del bere.
Narcolessia, quando anche la diagnosi è difficile
Comunque siano andate le cose, la narcolessia è rimasta a lungo un disturbo non riconosciuto, fino a XX secolo inoltrato. E ancora oggi non è affatto infrequente, anzi, per un narcolettico vedersi rimpallare da uno specialista all’altro a causa della sua disfunzione del sonno.
Forte della sua esperienza di narcolettico, Nicholls spiega nel suo interessantissimo libro Nessun dorma. Insonnia, narcolessia e altre disavventure notturne come spesso e volentieri anche la strada verso la diagnosi di narcolessia sia un percorso lungo e a ostacoli.
Quasi mai la narcolessia è presente alla nascita. Anche se può manifestarsi in qualsiasi fase della vita, tende a svilupparsi soprattutto nel periodo dell’adolescenza (tra i quindici e i diciotto anni, con un picco verso i quindici anni). Per la diagnosi spesso bisogna aspettare un arco di tempo altrettanto lungo, con un culmine intorno ai trent’anni. Alcuni studi parlano infatti di un’attesa media di quindici anni tra l’insorgenza dei primi sintomi della malattia e il referto finale.
Tanto che il giornalista inglese confessa di ritenersi uno dei pochi fortunati ad aver ricevuto un responso corretto in “soli” diciotto mesi. Qualcuno infatti si porta dietro per tutta la vita il peso di una narcolessia non diagnosticata. Lo scarto maggiore registrato da uno studio europeo tra la prima manifestazione dei sintomi e la diagnosi di narcolessia raggiunge la strabiliante cifra di 67 anni!
I fattori che rendono difficile diagnosticare questo disturbo del sonno
Parliamo dunque di una malattia certamente sottostimata anche se relativamente conosciuta, pur essendo abbastanza rara (colpisce in media solo una persona su duemilacinquecento). Nel caso di altri disturbi del sonno la situazione è ancora peggiore.
Sono diversi i fattori che rendono difficile la diagnosi di narcolessia. Tra questi ci sono senz’altro la naturale variabilità nelle abitudini del sonno che cambiano da una persona all’altra, ma anche la poca insistenza dei pazienti. Infatti spesso per i loro sintomi esistono anche altre spiegazioni plausibili.
In più manca anche una formazione adeguata a livello universitario su questa malattia. Da un’indagine Usa del 2014 sul livello di conoscenza della narcolessia da parte dei professionisti della salute è emerso che solo 1 medico di base su 4 e 2 specialisti del sonno su 3 ritenevano di possedere «molte» o «moltissime» competenze in questo campo. Tra i medici di base, soltanto 1 su 10 affermava di sentirsi «molto» o «moltissimo» a suo agio nella diagnosi di questo disturbo. Tra gli specialisti del sonno, meno della metà.
Fatto sta che la diagnosi è spesso tardiva – come visto anche a distanza di tre lustri, anche se in genere di solito arriva a 5-10 anni dalla comparsa dei sintomi – e il paziente narcolettico non riceve le attenzioni che meriterebbe. Con tutte le serie conseguenze del caso, tra incidenti e infortuni, che si possono verificare quando questa disfunzione del sonno viene trascurata.
I sintomi della narcolessia
Per il paziente colpito da narcolessia è come se i confini tra sonno e veglia, normalmente ben distinti e definiti, sfumassero in una sorta di zona grigia dove questi due stati tra loro contrapposti finiscono invece per sovrapporsi. I narcolettici tendono a essere vittima di improvvisi addormentamenti nel corso della giornata, mentre durante il sonno notturno hanno luogo quelle che gli esperti definiscono «intrusioni della veglia».
Gli addormentamenti possono capitare nei luoghi più insoliti: allo stadio o durante un concerto, dal parrucchiere, alla fermata del bus, durante un’immersione o sulle montagne russe, anche a cavallo o sopra una tavola da surf.
Quando ci si risveglia dall’improvviso addormentamento si può essere colpiti da uno dei sintomi principali della narcolessia: la paralisi del sonno. Si tratta dell’impossibilità, non appena risvegliati dal sonno, di muoversi e parlare, malgrado si tenti in ogni modo di farlo. Un’esperienza terrificante, spiega sempre Nicholls, che racconta di averla sperimentata a ventun anni, e durante la quale ha sperimentato la raggelante sensazione di «essere quasi morto».
Da tempo gli esperti parlano di una tetrade della narcolessia, cioè dei quattro sintomi cardinali di questa malattia che possono presentarsi in diverse combinazioni (anche tutti insieme). Oltre all’eccessiva sonnolenza diurna e alle paralisi del sonno possono verificarsi anche le allucinazioni ipnagogiche, le terribili visioni del dormiveglia dove sembra di sognare non appena si chiudono gli occhi, e la cataplessia.
Cos’è la cataplessia
La cataplessia è una fulminea perdita del tono muscolare, come succede normalmente durante una delle fasi del sonno. A provocarla spesso è un’emozione positiva di particolare intensità, come nei momenti di gioia e di euforia. Talvolta la cataplessia è parziale e coinvolge unicamente i muscoli del collo, provocando una “caduta” in avanti della testa. In altre occasioni invece è totale e il cedimento delle gambe fa crollare a terra il paziente.
Il tutto dura pochi secondi ma può avere gravi ripercussioni sulla vita del paziente. Per avere un’idea dei rischi a cui può esporre la manifestazione di un sintomo come questo basta leggere quanto racconta il solito Nicholls sull’attacco di cataplessia avuto alcuni anni prima mentre scrutava la pista innevata delle montagne francesi dal seggiolino della sciovia. All’improvviso, spiega il giornalista, «la testa mi crollò sul petto e i piedi scivolarono via dall’appoggio, strattonando il corpo verso il basso. Rischiai di sgusciare via dalla barra di protezione e di precipitare per una decina di metri, ma per fortuna rimasi incastrato nel seggiolino grazie alle bacchette da sci».
Spesso la narcolessia si accompagna anche a un quinto sintomo: un sonno notturno disturbato e molto frammentato, all’origine dunque di un riposo di cattiva qualità. Ma chi ne soffre parla anche di forti legami con tutte le altre disfunzioni del sonno, compresi i disturbi del ritmo circadiano e le apnee notturne, strani automatismi (come la sindrome da alimentazione notturna e il movimento periodico degli arti) e perfino l’insonnia. Allo stesso tempo gli improvvisi attacchi di sonno durante la giornata risultano ristoratori, nonostante la loro brevità.
I due tipi di narcolessia
Ci sono almeno due tipi di narcolessia, accomunati dai sintomi principali elencati finora, differenziate però da alcuni aspetti sostanziali. C’è la cosiddetta narcolessia di tipo 1, che si caratterizza per una scarsa produzione di orexina (un neuromediatore della veglia) da parte dell’ipotalamo.
La narcolessia di tipo 1, oltre agli attacchi di sonno, provoca anche la cataplessia. Invece nella narcolessia di tipo 2, dalle cause ancora poco chiare, non si presenta il sintomo della cataplessia.
Narcolessia, diagnosi e cure
Addormentamenti improvvisi e cataplessia rendono più semplice diagnosticare la narcolessia di tipo 1. Qualche volta però si fa una puntura lombare per stimare i livelli di orexina. Quando si sospetta una narcolessia di tipo 2 invece il paziente viene sottoposto al test delle latenze multiple (multiple sleep latency test). Il test viene ripetuto 5 volte nel corso della giornata. Questo esame permette di osservare se il paziente si addormenta facilmente e se entra con rapidità nella fase di sonno REM (quella dove si sogna).
La cura della narcolessia fa leva su terapie tanto farmacologiche quanto non farmacologiche. La sonnolenza diurna può essere tenuta sotto controllo in diversi modi: col più tradizionale modafinil o con farmaci più recenti come il pitolisant e il solriamfetolo. In caso di presenza di cataplessia si può valutare anche di usare farmaci come il sodio oxibato, in grado di tenere sotto controllo questa repentina perdita di tono muscolare.
Ma uguale importanza ha anche la terapia non farmacologica, che prevede di cercare di dormire in maniera regolare così da non aggravare la sonnolenza diurna, programmando anche brevi sonnellini durante l’arco della giornata. Grazie a questi riposini programmati il corpo riesce infatti a scaricare il suo impellente bisogno di dormire.