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Non scalderai più i biberon nel microonde dopo aver saputo di questa scoperta agghiacciante

Efficace, veloce, economico. Il microonde è comunemente usato per sterilizzare e riscaldare i biberon. Ma ora emerge una preoccupante verità.

Ormai il forno a microonde è presente nella stragrande maggioranza delle case degli italiani (e non solo). L’elettrodomestico va perfettamente incontro alle tipiche esigenze dello stile di vita contemporaneo: velocità, efficacia, convenienza.

I ricercatori hanno analizzato in particolare cosa accade a due contenitori per alimenti per bambini di polipropilene e a una busta di polietilene, entrambi approvati dalla Food and drug administration (Fda) statunitense. (Grantennistoscana.it)

E tra i tanti usi a cui si presta il microonde c’è il riscaldamento di biberon e contenitori per alimenti per bambini. Finora nessuno o quasi ha avuto da ridire sulla sicurezza di tale pratica dal punto di vista della salute. Ora però la scienza lancia un nuovo inquietante monito.

Un articolo pubblicato di recente sull’autorevole Enviromental Science & Technology, a cura dei ricercatori dell’Università del Nebraska, mette nero sui bianco numeri e dati da far tremare le vene ai polsi. Gli scienziati hanno condotto una serie di test su biberon acquistati nei supermercati, quasi mai oggetto di studi sul rilascio di microplastiche. E i risultati sono tutto fuorché rassicuranti: vediamoli nel dettaglio.

Cosa succede veramente dentro al microonde

Riscaldare un contenitore come un biberon nel forno a microonde significa provocare il rilascio di miliardi di nano e microplastiche: in certi casi si parla di ben 2 miliardi di nanoparticelle e 40 milioni di microparticelle per ogni centimetro quadrato della parete del contenitore! E che fine fanno quegli elementi?

Vengono ingeriti dai bambini insieme al latte e al cibo. Il risultato? Nei test in vitro, la morte delle cellule renali (il 75% di quelle inizialmente messe in coltura) nel giro di soli due giorni. E il discorso vale anche per le plastiche ufficialmente approvate per il riscaldamento in microonde.

Calcoli alla mano, un neonato o un bambino piccolo assume un numero choc di microparticelle e nanoparticelle: circa 20 nanogrammi per chilo al giorno. (Grantennistoscana.it)

I ricercatori hanno analizzato in particolare cosa accade a due contenitori per alimenti per bambini di polipropilene e a una busta di polietilene, entrambi approvati dalla Food and drug administration (Fda) statunitense. Li hanno riempiti con acqua deionizzata o con una soluzione di acido acetico al 3%, per simulare le caratteristiche di molti cibi e bevande a base di latte, oltre che di frutta e verdura.

Dopo aver scaldato nel microonde contenitori e buste per tre minuti a mille watt, hanno misurato la quantità di nano e microplastiche nel cibo e nelle bevande giunti a temperatura. E a quel punto è emerso qualcosa di inaspettato.

Premesso che il numero di nanoparticelle (un milionesimo di millimetro) e microparticelle (un millesimo di millimetro) varia anche parecchio a seconda del tipo di contenitore e di alimento usato, calcoli alla mano, un neonato o un bambino piccolo assume un numero choc di microparticelle e nanoparticelle: circa 20 nanogrammi per chilo al giorno. E non è tutto. Si registra una significativa perdita di nano e microparticelle di plastica anche quando i contenitori sono esposti sugli scaffali di un negozio a temperatura ambiente o nel frigorifero di una normale cucina. In altre parole, a scatenare il rischio non è solo l’effetto delle microonde.

L’effetto delle particelle di plastica sui tessuti umani

Gli stessi ricercatori hanno poi voluto verificare l’effetto delle particelle di plastica sui tessuti umani. A tal fine, hanno messo a contatto una coltura di cellule renali embrionali, simili a quelle presenti in un neonato, e una soluzione di micro e nano plastiche in una concentrazione paragonabile a quella che un bambino raggiunge mediamente nell’arco di una giornata.

Gli autori dello studio in questione ritengono che sia necessario sostenere la ricerca di nuovi polimeri che non rilascino nessuna micro o nanoparticella, fornendo nel frattempo ai genitori tutte le informazioni disponibili in etichetta. (Grantennistoscana.it)

Ebbene, trascorsi appena due giorni, solo il 23% delle cellule esposte alle concentrazioni più elevate era ancora in vita. Si tratta di un tasso di mortalità decisamente più alto rispetto a quello rilevato nei precedenti studi. L’ipotesi degli scienziati è che l’effetto tossico acuto sia dovuto soprattutto alle nanoparticelle, data la loro capacità di penetrazione nelle cellule, circa mille volte superiore a quella delle microparticelle.

Morale: urge adottare provvedimenti sulla scorsa di queste nuove evidenze scientifiche. Ma non è affatto cosa semplice, visto che i contenitori in plastica sono praticamente onnipresenti. Gli autori dello studio in questione ritengono che sia necessario sostenere la ricerca di nuovi polimeri che non rilascino nessuna micro o nanoparticella.

Fornendo nel frattempo ai genitori tutte le informazioni disponibili in etichetta. Magari con una specifica avvertenza sui rischi in caso di cottura a microonde (e non solo). Se è giusto conoscere la quantità di zuccheri o vitamine presenti in un dato alimento somministrato ai propri figli figli, è sicuramente opportuno sapere se la plastica dei contenitori tenda a rilasciare micro o nanoparticelle, e quante.

Enrico DS

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