Con la nuova riforma imposta dalla Ue per abbattere le emissioni di gas serra potrebbero esserci nuovi rincari in arrivo per gli italiani.
È quanto potrebbe accadere col nuovo pacchetto di misure “green” approvato dall’Europa. Ecco cosa prevede la nuova normativa.
Tra le tante sigle europee spesso semisconosciute agli italiani ce n’è una che faremmo bene a segnarci: Ets, che sta per Emission Trading System. L’Ets è il sistema di scambio delle emissioni dell’Unione europea. Come funziona? Senza addentrarsi troppo in complicati tecnicismi, il sistema funziona in pratica coma una tassa: chi inquina di più paga di più.
Fino ad adesso dell’Ets hanno fatto parte il comparto dell’industria pesante, che comprende ad esempio acciaierie, cementifici e raffinerie, ma anche le centrali elettriche fossili e il trasporto aereo civile. Per Bruxelles l’Ets è riuscito a ridurre le emissioni inquinanti nocive per il clima. Non abbastanza però per gli ambientalisti, secondo i quali questo sistema non ha spinto a sufficienze verso la conversione green dei comparti sopraelencati.
Da qui è nata l’esigenza di una riforma complessiva dell’Ets, che ha portato al pacchetto di misure approvate in via definitiva lo scorso aprile dal Parlamento europeo nell’ambito del Fit for 55, cioè la strategia Ue per abbattere entro il 2030 almeno del 55% le emissioni di gas serra (il termine di paragone sono i livelli delle emissioni nel 1990).
I tre pilastri fondamentali della nuova riforma “green” dell’Europa
Quali conseguenze avrà la riforma del sistema dello scambio di emissioni dell’Eurozona? Di fatto si introduce una nuova tassa ambientale sui carburanti fossili usati per le auto e per il riscaldamento delle case.
Ma è previsto anche una specie di dazio che colpirà i prodotti importati dall’estero a seconda del loro “grado” di inquinamento. Infine c’è anche un nuovo fondo da 86,7 miliardi di euro a sostegno delle famiglie e delle imprese colpite dai costi della transizione ecologica.
I testi del nuovo pacchetto di misure, concordati con gli Stati membri della Ue e la Commissione europea, istituiscono tre pilastri fondamentali:
- Riforma dell’Ets
- Cbam
- Fondo sociale per il clima
I pilastri sono tre ma è unica la logica dietro a queste misure: incentivare e accelerare la transizione ecologica dei settori inquinanti dell’economia europea. Al tempo stesso c’è la preoccupazione per il rischio di favorire le imprese di Paesi extra-Ue con minori restrizioni climatiche – e da qui l’idea di mettere un ‘dazio” sull’export col Cbam. Ma vengono considerate anche le paure dei cittadini europei, sui quali potrebbero ricadere degli alti costi dovuti all’entrata in vigore della nuova normativa.
Riforma dell’Ets
Come abbiamo visto, l’esigenza di riformare l’Ets è entrata nel nuovo pacchetto di misure “green”. Tra gli aspetti più significativi della nuova riforma c’è la progressiva e graduale eliminazione delle quote gratuite per le imprese, prevista tra il 2026 e il 2034.
Si tratta di eliminare le quote assegnate di anno in anno alle imprese per le emissioni di gas serra e che permettono di abbassare la “tassa” ambientale che si vedono addebitare. Oltre al giro di vite sulle quote, per la prima volta il Parlamento europeo ha incluso nel sistema Ets anche le emissioni prodotte dal settore marino, rivisitando anche il sistema per scambiare le quote di emissioni nel trasporto aereo. Una revisione che nelle intenzioni dovrebbe portare alla graduale eliminazione delle quote gratuite nel settore dell’aviazione entro la data del 2026. L’obiettivo è quello di spingere l’industria ad adottare combustibili più sostenibili per l’ambiente.
Compresa nella riforma c’è anche la creazione di un nuovo sistema Ets 2 per i carburanti per il trasporto su strada e per gli edifici. In questo caso si tratta di determinare il prezzo delle emissioni anche in questo campo a partire dal 2027. Le novità coinvolgeranno anche le imprese che producono veicoli che vanno a benzina e a diesel, oltre alle compagnie energetiche che fanno impiego di fossili.
Il timore è che queste imprese scarichino sui consumatori finali i rincari nei costi di produzione. Il che si tradurrebbe in rialzi nelle bollette e nei prezzi alla pompa di benzina. Per scongiurare uno scenario contrassegnato da prezzi alle stelle per l’energia il testo prevede una sorta di “freno di emergenza” per rinviare al 2028 l’Ets 2 in caso di prezzi energetici troppo alti.
Cbam
A suscitare le preoccupazioni dei critici delle misure europee non c’è solo il tema dei possibili rincari dei prezzi dell’energia. Potenziando l’Ets, sostengono gli oppositori, c’è il rischio che le aziende europee si trovino a dover competere con le società di altri Paesi non gravate dalla nuova tassa ambientale.
Da qui il rischio che le imprese europee, per sopravvivere alla concorrenza sleale, finiscano per chiudere impianti e delocalizzare. Per salvaguardare le industrie europee e prevenire un simile scenario, l’Unione europea ha introdotto il secondo pilastro del pacchetto. Si chiama Cbam (Carbon Border Adjustment Mechanism) che nel gergo comunitario identifica il nuovo Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere.
L’obiettivo del Cbam è duplice: da un lato incentivare l’adozione di politiche “green” da parte dei Paesi extra Ue, dall’altro impedire che gli sforzi climatici europei e internazionali vengano vanificati dalla delocalizzazione della produzione in Paesi dall’agenda climatica meno rigorosa.
Di fatto si tratta di un dazio sulle importazioni nell’Unione Europea. Le aziende importatrici nell’Ue, secondo la nuova normativa, dovranno importare prodotti col sistema Ets, comunicando alla frontiera la quantità di emissioni contenute nelle merci importate. Le ditte di import dovranno poi comprare certificati di emissione equivalenti al prezzo di cui si sarebbero dovute fare carico se avessero prodotto i loro beni all’interno del territorio europeo.
L’introduzione del Cbam avverrà in maniera graduale, tra il 2026 e il 2034, contemporaneamente alla progressiva eliminazione delle quote gratuite dell’Ets. Il Cbam comprende acciaio, ferro, cemento, alluminio, elettricità, fertilizzanti, idrogeno e emissioni indirette in determinate condizioni.
Fondo sociale per il clima
C’è infine il terzo e ultimo pilastro del pacchetto approvato dal Parlamento europeo: il Fondo sociale per il clima dell’Ue. Entrerà in vigore nel 2026 e avrà una dotazione di 86,7 miliardi, 65 dei quali provenienti dal bilancio dell’Ue. Il resto sarà messo dagli Stati membri.
Il nuovo fondo si prefigge di dare una risposta ai possibili problemi che potrebbero colpire famiglie e imprese, dal rincaro dei prezzi alla concorrenza sleale delle imprese non europee con meno vincoli “verdi”. A beneficiare del fondo saranno le famiglie più deboli, le piccole imprese e gli utenti dei sistemi di trasporto che subiranno maggiormente il colpo della povertà energetica.
Quando è entrato in vigore il nuovo pacchetto di misure
Il pacchetto contenente i nuovi testi legislativo è passato anche al vaglio del Consiglio, che li ha approvati formalmente lo scorso 25 aprile. Pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’U, sono entrati in vigore 20 giorni dopo.
Dopo il passaggio in Parlamento, sui social la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha definito il nuovo pacchetto una «pietra miliare» del Green Deal. «Insieme faremo dell’Europa il primo continente climaticamente neutrale», ha dichiarato von der Leyen ringraziando gli eurodeputati e esortando il Consiglio a dare la sua approvazione formale ai testi.