È già realtà in diverse regioni italiane, una novità che porterà migliorie dal punto di vista dell’impatto ambientale.
L’industria automobilistica da tempo sta lavorando in sinergia con le comunità locali per rendere il traffico più sostenibile. Non solo la transizione a veicoli elettrici ma anche strumenti specifici per il monitoraggio delle vecchie auto ancora in circolazione. L’idea è quella di rimpiazzare le giornate ecologiche, le targhe alterne e i blocchi con un sistema diverso.
Si tratta di un particolare dispositivo che misura la quantità di smog emessa dalla nostra automobile. Una scatola nera, di fatto, che potrà fornire dati preziosi ai comuni per quanto riguarda l’incidenza degli spostamenti su gomma sulla quantità di polveri sottili nell’aria. Non solo, perché chi deciderà di installarla potrà beneficiare di alcuni privilegi molto interessanti.
Lo studio che è stato portato avanti in questi mesi sfruttando il nuovo marchingegno sta già fornendo molto materiale per comprendere meglio un fenomeno molto complesso. All’inquinamento in città contribuiscono diversi fattori e non è facile capire quali siano predominanti. Analizzare una parte di ciò che accade potrebbe essere già un passo avanti, soprattutto per organizzare contromisure adeguate. E non è detto che il Governo non deciderà di rendere questi strumenti obbligatori per tutti.
Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia hanno già adatto il sistema Move-In (monitoraggio dei veicoli inquinanti) per tenere d’occhio le auto più datate. Come funziona? Il cittadino che aderirà all’iniziativa sarà escluso da blocchi orari e giornalieri. Verranno conteggiati i chilometri percorsi proprio attraverso una scatola nera che effettuerà rilevamenti su ogni tipo di strada, continuamente. Nel caso in cui raggiunga il tetto dei km a disposizione non potrà più spostarsi all’interno dei comuni che hanno predisposto limitazioni al traffico.
È chiaro che nel caso in cui si circolasse ugualmente scatterebbe automaticamente la sanzione. L’automobilista infatti rientrerà a quel punto nelle regole dei blocchi del traffico tradizionali e dovrebbe rispondere alla normativa in merito, senza eccezione alcuna. Piccola curiosità: chi risulterà guidatore virtuoso potrà ricevere dei chilometri bonus. Il chilometraggio totale può essere visualizzato sia sull’applicazione apposita sia dai portali creati ad hoc dalle regioni.
Sul sito web è possibile registrarsi tramite l’identità digitale – lo SPID – oppure con la carta d’identità elettronica, sono state ideate delle piattaforme istituzionali per rendere il processo ancora più snello. Una volta inviata la propria richiesta si dovrà procedere all’installazione del dispositivo, che può essere effettuata solamente da operatori specializzati. Il costo varia ma in generale dovrebbe attestarsi per il primo anno attorno ai 50€. È bene ricordare che nell’eventualità di scenari emergenziali non sarà possibile usufruire dei vantaggi, ovvero quando il livello d’inquinamento supera le soglie d’allarme.
Per dare un’idea di come ci si sta muovendo e soprattutto di quali auto potrebbero essere interessate basta vedere come si è organizzata l’Emilia Romagna, l’ultima in ordine cronologico. Nei comuni di pianura si monitoreranno i motori diesel fino a Euro 3, benzina fino a Euro 2, metano/GPL-benzina fino a Euro 1 e infine ciclomotori e motocicli fino a Euro 1. In alcuni paesi con più di 30mila abitanti invece le auto diesel fino a Euro 4, benzina fino a Euro 2, metano/GPL-benzina fino a Euro 1 e ciclomotori e motocicli fino a Euro 1.
Le scatole nere che sono state installate in questi mesi cominciano a fornire i primi dati, già analizzati in parte dal The Urban Mobility Council, il think tank che si occupa di mobilità patrocinato dalla Commissione europea e dal Gruppo Unipol. Il Politecnico di Milano ha potuto attingere ai dati per presentare un primo studio in merito.
Le città su cui ci si è concentrati maggiormente sono state Bari, Roma e Brescia. I mezzi campione su cui erano presenti i dispositivi di monitoraggio sono stati in totale 226mila e i risultati sono stati interessanti. L’intento era quello di seguire gli spostamenti nella loro interezza, parliamo di un numero vicino ai 360 milioni. Dalla ricerca si evince che a Bari è stata rilevata la maggior quantità di gas nocivi immessi nell’aria.
Il flusso di smog per la Capitale si è fermato al 17%, a Brescia al 28% e, appunto, a Bari al 42%. Chiaramente sono informazioni che vanno prese con le pinze, sia perché si tratta di un’indagine parziale sia perché le variabili da considerare sono numerose. Entrano in gioco tra le altre cose l’estensione del territorio, le abitudini dell’automobilista e il modello di auto preso in considerazione. La conclusione più interessante è che i veicoli più datati non sarebbero il problema in sé. Secondo i ricercatori non è tanto la classe Euro di appartenenza della macchina a fare la differenza, piuttosto il tipo di uso che se ne fa.
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