Da alcuni recenti studi è emerso come l’obesità sia una patologia ancora più debilitante e problematica di quanto si potesse immaginare.
Nell’era dell’abbondanza, limitarsi è davvero un’impresa ardua e a volte ci ritroviamo così sovrastimolati da fare fatica a smettere giusto in tempo per non sviluppare delle vere e proprie dipendenze. Che sia dal cellulare e dai social, dall’acquisto compulsivo di oggetti che non ci servono realmente o ancora dal cibo, poco cambia. Rientrano tutti questi, infatti, in quei piaceri proibiti che alleviano la maggior parte delle pene, anche se per poco tempo si intende.
Ecco perché nella maggior parte dei casi chi soffre di obesità ha alle spalle un passato doloroso fatto di abusi, violenze e solitudine. In questa condizione al limite, il cibo diventa l’unico conforto. Fino a che da amico non si trasforma in carnefice causando anche gravi problemi di salute. L’obesità, infatti, è un accumulo patologico di grasso corporeo che può causare tra le altre cose:
L’obesità però è un problema tanto eterogeneo quanto trasversale. Tant’è che si tratta di una delle patologie più diffuse a livello mondiale e ovviamente è correlata anche allo stile di vita. Se si segue, infatti, un regime alimentare per nulla sano, sregolato e iper calorico, ovvero si assumono molte, ma molte più calorie di quelle previste dal proprio fabbisogno giornaliero, e si svolge una vita essenzialmente sedentaria, i rischi aumentano a dismisura.
Tuttavia, una nuova ricerca sull’obesità ha evidenziato un pericolo importante che potrebbe decretare un punto di non ritorno. Una volta superato, potrebbe anche condurre seriamente alla morte.
Il senso di sazietà è molto più importante di quanto possiamo immaginare. È proprio grazie a questa sensazione, infatti, se capiamo che il nostro stomaco è pieno e non ha più la necessità di mangiare. Anzi, a volte, specialmente con le formule ‘All you can eat‘ tendiamo a ignorare per un po’ il senso di sazietà per mangiare il più possibile.
Ad un cero punto, però, il nostro corpo comincia a darci alcuni inequivocabili segnali che ci avvisano come sia arrivato il momento di smettere di mangiare. Il cervello, infatti, ci avverte della presenza di abbastanza nutrienti e tramite questa informazione la nostra fame si placa del tutto. Tuttavia questo meccanismo così semplice sembra essere assente nei soggetti obesi.
Il loro cervello, infatti, è alterato e non recepisce più correttamente questa informazione sull’appetito e la sazietà causando così anche un aumento di peso. In altre parole, proprio per l’elevata assunzione di zuccheri e grassi, che creano anche dipendenza e se ne chiedono in quantità sempre maggiori, il cervello agisce più fiaccamente o peggio non comunica proprio.
La cosa più grave però non è tanto avere difficoltà a controllare la fame, quanto la natura di questi cambiamenti che sarebbero irreversibili. Secondo la ricerca pubblicata su ‘Nature Metabolism‘, infatti, è come se non si riuscisse a spegnere la perenne sensazione di fame, motivo per cui si può mangiare senza sosta.
“Le persone pensano che l’obesità sia causata da una mancanza di forza di volontà, ma qui dimostriamo che esiste una differenza reale nel cervello quando si tratta di percepire i nutrienti“. Ha sottolineato Mireille Serlie, endocrinologa dell’Università di Yale, che insieme al suo team di ricerca ha studiato proprio le reazioni cerebrali tra persone normopeso e obesi.
Tramite lo studio in particolare si è indagato il modo in cui grassi e zuccheri sollecitino tutte le aree del cervello strettamente collegate all’assunzione di cibo. Nello specifico, era importante indagare tanto il senso di sazietà quanto la sensazione di benessere e di ricompensa che si prova dopo aver mangiato un cibo particolarmente buono.
Per evitare però le alterazioni di gusto e olfatto su questa relazione, i ricercatori hanno infuso direttamente glucosio e grassi nello stomaco di 30 persone obese e di 28 normopeso. Valutando poi l’attività cerebrale di ogni volontario, è emerso come lo striato – ovvero la regione cerebrale interessata al desiderio e al consumo di cibo – svolga un ruolo importante anche nella formazione delle abitudini.
E questo processo avviene anche grazie al neurotrasmettitore dopamina fondamentale per costruire la sensazione di ricompensa post pranzo o cena. Ma non solo. Regola anche il senso di sazietà evitando così di farci mangiare più del dovuto. Misurati quindi i livelli di dopamina 30 minuti dopo le infusioni, nei partecipanti normopeso questi erano alti con una conseguente diminuzione dell’attività dello striato. In altre parole, il meccanismo di ricompensa e sazietà era stato soddisfatto alla perfezione, tant’è che i 28 volontari non avevano più fame.
Tutt’altro discorso, invece, riguarda le persone obese in cui, molto semplicemente questo meccanismo non è scattato. L’attività dello striato, infatti, è rimasta sempre elevata, come se non avessero consumato per nulla cibo. Il rilascio di dopamina dopo l’assunzione di zuccheri c’era – cosa invece non registrata coi grassi – ma non abbastanza da “spegnere” lo striato attivando il meccanismo di sazietà.
Si spiegherebbe in questa “semplice” attività cerebrale la costante fame, anche dopo aver mangiato due pizze e quattro porzioni di patatine. E così, una volta valicato quel punto di non ritorno sulla fame e il senso di sazietà – che sarà oggetto di studio proprio perché non è stato ancora individuato – il nostro corpo perderebbe la capacità di autoregolarsi di fronte al cibo. Questa condotta però ha effetti negativi anche sulla perdita di peso. Ma come è possibile?
Una seconda fase dello studio, infatti, ha interessato il dimagrimento dei soggetti obesi. I partecipanti hanno affrontato per 12 settimane una dieta dimagrante e la maggior parte ha anche perso il 10% del peso originario. Tuttavia, una volta ripetute le infusioni per studiare l’attività dello striato, il cervello non è migliorato. È rimasta intatta quindi l’incapacità di saziarsi. Questo spiegherebbe perché molte persone, anche dopo percorsi di dimagrimento importanti, non riescano poi a mantenere il peso raggiunto. E ricadono così nel limbo di cibo e fame che sembra partire proprio dal loro corpo.
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