C’è olio e olio. Ecco come capire se l’extravergine di oliva che state usando in cucina è di buona qualità.
Il Re della cucina mediterranea è senza ombra di dubbio l’olio extravergine d’oliva. E l’Italia è un produttore di eccellenza del pregiato oro verde capace di esaltare i sapori in modo unico, apportando anche straordinari benefici al nostro organismo. Eppure, paradossalmente, solo pochi di noi sanno riconoscere un buon olio extravergine di oliva da uno scadente. Tutti gli altri rischiano di ritrovarsi a cucinare con un prodotto di serie B che rovina le pietanze e fa male alla salute.
Sono molti i parametri e le caratteristiche da prendere in considerazione per la valutazione qualitativa di un olio extravergine di oliva. Tanto che quella dell’assaggiatore del prezioso condimento è una e propria professione. Ogni giorno c’è almeno una giuria composta esperti di olio e olive che assaggia campioni, stila classifiche, elargisce premi. Il tutto allo scopo di promuovere la qualità e gli effetti benefici degli oli extra vergini d’oliva legate alle loro proprietà organolettiche.
Come si valuta un olio extravergine d’oliva
Il primo passaggio è l’analisi chimica. L’olio Evo, all’interno di appositi campioni di vetro ben sigillati, viene inviato in laboratorio per essere sottoposto all’analisi chimica, cui segue il rilascio di un apposito certificato. Ai fini della classificazione come olio Evo, occorre che siano rispettati diversi parametri, a partire dal grado di acidità (che deve essere inferiore a 0,8 per 100 grammi) e al numero di perossidi (non più di 20).
Il secondo passaggio è l’analisi organolettica. In questo caso lo strumento di valutazione è dato dai nostri occhi, dal nostro naso e dalla nostra bocca. L’assaggiatore di olio extravergine d’oliva può operare singolarmente, magari in veste di consulente aziendale, oppure in gruppo, all’interno dei cosiddetti “panel test”. In entrambi i casi la procedura di analisi sensoriale segue una procedura ben precisa.
La guida all’analisi sensoriale dell’olio EVO
A monte dell’analisi sensoriale dell’olio EVO c’è una regola di base: al fine di garantire una corretta percezione della qualità della “spremuta di olive” è indispensabile, per almeno un’ora prima dell’assaggio, non fumare, né usare profumi o deodoranti troppo intensi e dunque suscettibili di inficiare la degustazione, né mangiare o bere “pesante”. Tutto ciò premesso, vediamo le tre fasi principali della degustazione.
1. Si parte da una valutazione visiva di un bicchierino d’olio. Per capire come si presenta un olio, qual è la sua corposità, quante e quali sono le sue peculiarità a vista d’occhio, occorre versarne una piccola quantità in un bicchiere di vetro osservandolo alla luce e agitando il contenitore delicatamente. Un olio di qualità si contraddistingue per una fluidità bassa: in altre parole, dovrà essere piuttosto denso e poco liquido. Diversamente vorrebbe dire che ha un alto contenuto di acidi grassi polinsaturi, il che è una caratteristica tipica degli oli di semi, molto più scadenti degli oli EVO.
2. Dopo l’analisi visiva, si procede alla valutazione olfattiva del campione d’olio. A tal fine occorre portarlo alle condizioni ideali, cioè a una temperatura di circa 28° C: basta riscaldare il bicchierino serrandolo tra le mani e girandolo delicatamente su se stesso. Dopo qualche decina di secondi si potrà lentamente avvicinare il naso e inalare gli aromi. Se il profumo sprigionato ci ricorda il frutto fresco della pianta di olivo, l’olio sarà classificato come un “fruttato verde”, mentre se richiama la dolcezza della frutta sarà un “fruttato maturo”. Entrambi sono comunque indicatori di ottima qualità. Se invece l’odore è cattivo, siamo probabilmente in presenza di un difetto e dunque a un olio di scarsa qualità.
3. L’ultimo passaggio – e sicuramente anche il più importante – è la valutazione gustativa dell’olio. Anche in questo caso c’è una sorta di rituale da seguire: si distribuisce su tutto il palato un piccola quantità d’olio extravergine con una suzione prima lenta poi più decisa. Quindi si aspira dell’aria in bocca per far evaporare gli aromi attraverso il cosiddetto “strippaggio”. L’olio va degustato per almeno 30 secondi, in modo da percepire tutte le sfumature del gusto. La percezione immediata di note amare e piccanti è indice di pregio e qualità. Se invece avvertiamo un sapore sgradevole, che rimanda alla morchia, al rancido, al gusto di aceto o vino, l’olio è difettato e non può considerarsi extravergine: sarà magari un semplice olio di oliva, o – peggio ancora – un lampante.
Provate a fare questo esperimento sul vostro olio: la sorpresa è assicurata!