Quali (e dove) sono gli ospedali migliori e peggiori d’Italia: scopriamo la classifica completa e nel dettaglio.
Come tutte le aziende, anche quelle ospedaliere funzionano bene o male a seconda di chi si trova al timone a gestirle, in base a come sono organizzate, alla possibilità di disporre di attrezzature all’avanguardia o meno, ecc. La differenza è che con la salute non si scherza. Dunque va da sé: in questo campo errori e inefficienze hanno un costo salato. In primis per i pazienti, che ne fanno le spese sulla propria pelle.
Va di moda fare pagelle e classifica per ogni cosa, assegnando voti, promozioni e bocciature sulla qualsiasi. A volte stilare la classifica è un esercizio ozioso, altre volte può essere invece, se non un dovere, un aiuto che può fare la differenza.
Soprattutto se parliamo di salute e malattia. Sì, perché stavolta la classifica riguarda un argomento di vitale importanza come lo stato della sanità italiana. Nel caso specifico parliamo degli ospedali. Ne esistono di più o meno buoni, di più o meno organizzati, specializzati e efficienti. Lo abbiamo sperimentato tutti. E sapere quali siano i migliori e i peggiori può aiutare i pazienti a rivolgersi alle strutture in grado di fornire loro la migliore assistenza, specialmente per chi deve affrontare un ricovero per motivi oncologici.
A fotografare lo stato quotidiano della sanità del Belpaese è stata Milena Gabanelli che col suo ‘Dataroom‘ sul Corriere della sera ha dato i voti alle aziende ospedaliere italiane, dando quindi la possibilità di conoscerne l’efficienza.
In base ad alcuni parametri, l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali sotto la vigilanza del Ministero della Salute, ha valutato la performance di 53 ospedali pubblici italiani, 30 dei quali universitari, divisi tra quelli che hanno più o meno di 700 posti letto.
Per funzionare bene un ospedale, spiega Gabanelli, deve rispettare almeno 6 imprescindibili requisiti:
Ne è uscito un report, presentato il 24 maggio a Roma, che rappresenta di fatto una classifica degli ospedali in Italia. Dei 53 ospedali esaminati, 9 sono stati classificati come quelli di alto livello sulla base dei 6 indicatori elencati.
Ecco quali sono le migliori 9 strutture ospedaliere italiane:
Oltre ai 9 ospedali top ci sono i 32 considerati a un livello di performance medio e, infine, quelli da bollino rosso. Sono 12 gli ospedali finiti nella parte bassa della classifica stilata dall’Agenas. I peggiori ospedali sono questi:
Guardando i tempi di attesa per gli interventi di tumore, questi 10 ospedali hanno le tempistiche più basse in Italia: Senese, Padova, Pisana, Policlinico Umberto I Roma, Careggi, S. Croce e Carle, Integrata Verona, Policlinico Sant’Orsola, Riuniti Foggia, Sant’Andrea di Roma (sul quale pesa però l’indicazione di una bassa qualità per gli interventi chirurgici al colon).
Questi invece i 10 ospedali dove sono più lunghi i tempi di attesa per gli interventi di tumore: Antonio e Biagio, Cesare Arrigo (Alessandria), San Luigi Gonzaga (Torino), Sant’Anna e San Sebastiano (Caserta), Ospedali Riuniti Bianchi Melacrino Morelli (Reggio Calabria), Policlinico Monserrato (Cagliari), Azienda ospedaliera per l’emergenza Cannizzaro (Catania) Azienda ospedaliera universitaria Sassari, Giaccone (Palermo). Infine Pugliese e Mater Domini (Catanzaro), dove si attende a lungo ma sono buoni i livelli di cura.
La classifica degli ospedali italiani nasce da una media degli indicatori essenziali. Ciò non toglie che anche alcuni dei migliori ospedali possano finire nella parte basse della classifica in alcuni singoli settori. È il caso di ospedali quotati che hanno ancora macchinari obsoleti – sempre meno precisi di apparecchiature nuove – che in genere sono associati anche a statistiche non buone sui tempi delle diagnosi e sulla qualità delle stesse.
I risultati della classifica provano le capacità di organizzazione e di gestione delle risorse dei direttori generali degli ospedali pubblici. I dati Agenas mostrano che mediamente la sala operatoria di un ospedale fa soltanto 400 interventi all’anno, vale a dire poco più di uno a giornata. Una prestazione che in altre aziende difficilmente sarebbe accettata.
Ma chi li sceglie i direttori generali degli ospedali pubblici? Dal 2012 sono nominati dalle Regioni, che possono sceglierli solo tra quelli iscritti all’albo nazionale. Oltre ai requisiti (titoli, formazione e esperienza dirigenziale, età minore di 65 anni), i candidati alla carica di direttore generale devono passare il vaglio delle commissioni di esperti.
Ma alla fine l’ultima parola spetta al presidente della Regione e al suo assessore alla Sanità. Dunque la politica ci mette il suo zampino. E, di conseguenza, si assume anche la responsabilità della classifica più o meno soddisfacente di un’azienda ospedaliera.
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