Una diagnosi precoce del Parkinson significa poter curare meglio il paziente, e la scienza sembra abbia trovato una soluzione.
Come sappiamo, il Parkinson è una malattia neurodegenerativa e spesso quando arriva la diagnosi è già in fase molto avanzata. Ad oggi non esistono cure definitive contro questa patologia e dunque i Ricercatori stanno ideando approcci diversi per salvaguardare un maggior numero di pazienti.
L’idea è quella di andare a “scovare” per tempo tutti quei segnali del corpo che indicano l’inizio del morbo. Di recente è stato anche scoperto un modo per sfruttare i dispositivi indossabili (gli smartwatch) con un software IA: i primi test sono risultati incoraggianti, perché l’Intelligenza Artificiale ha predetto l’insorgere della malattia anche molti anni prima che si manifestasse davvero.
Siamo però ancora ai primi passi per quanto riguarda IA e medicina, e dunque nel contempo gli esperti stanno tentando tutte le strade possibili per fare diagnosi precoci. In questo senso approfondiamo su un’innovativa scoperta: forse a breve potremo identificare i primissimi segnali del Parkinson attraverso un semplice esame del sangue.
Parkinson, perché questa malattia è così difficile da trattare
Un nuovo test che riconosce nel sangue il danno genetico associato al Parkinson potrebbe diventare uno strumento prezioso per la diagnosi e la ricerca di questa malattia.
Uno studio appena pubblicato su Science Translational Medicine è destinato a dare una concreta speranza a chi lotta contro la terribile malattia di Parkinson. Secondo i ricercatori è possibile trovare nel sangue alcuni effetti del morbo, fin dall’inizio della malattia.
Potremmo pensare che il Parkinson, essendo una malattia che colpisce il sistema nervoso, non abbia niente a che vedere col sangue. Infatti come sappiamo il morbo è caratterizzato da un calo significativo di alcuni neuroni, che di conseguenza innescano un disequilibrio nella dopamina. Questi danni fanno sì che la persona cominci a non avere più il controllo su molte funzioni motorie.
I classici sintomi che tutti conoscono sono quelli del tremore alle mani, ma il soggetto manifesta anche rigidità dei muscoli, lentezza nei movimenti e mancanza di equilibrio. I danni neuronali vanno a compromettere anche la capacità di linguaggio e di pensiero e possono innescare cambiamenti nella personalità e/o nell’umore.
Il problema legato al trattamento del Parkinson è che non esistono al momento vaccini protettivi, anche se sono al vaglio alcuni prodotti, e per quanto riguarda il decorso, la malattia non si ferma, andando a compromettere seriamente la qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver.
Il test ideato dai ricercatori in grado di scovare per tempo il Parkinson
L’unico modo, insomma, per combattere la condizione è quello di scovarla in tempo. A questo proposito si sono concentrate moltissime energie da parte dei più grandi esperti a livello mondiale. Alcuni ricercatori hanno scoperto che i malati di Parkinson hanno spesso anche un problema ai mitocondri. I mitocondri sono degli organuli presenti in tutte le cellule, e hanno il compito – per dirlo in modo semplice – di fornire energia alle cellule stesse.
Il Parkinson, in pratica, causerebbe un danno al DNA dei mitocondri e questi danni sono stati individuati sia nei tessuti cerebrali dei malati che nelle loro cellule del sangue.
La lotta al morbo su più fronti
Con le consapevolezze e le conoscenze acquisite finora, i ricercatori hanno potuto ideare alcune strategie nuove. Sempre tramite test del sangue si è potuto trovare i danni al DNA dei mitocondri in quelle persone che avevano la mutazione, anche se non avevano ancora manifestato i sintomi del Parkinson.
Dunque se l’esame sarà migliorato si potranno individuare i soggetti a rischio malattia, anche se non hanno la mutazione genetica predisponente. Infatti al momento i test del sangue sono stati fatti su campioni di persone già malate, attingendo ad una sorta di archivio.
I prossimi passi saranno quelli di provare a esaminare pazienti ancora sani, e soprattutto continuare a migliorare le terapie esistenti. Uno studio in questo senso si è concentrato su un farmaco che agisce sulla mutazione genetica e gli esperimenti sugli animali hanno permesso di ottenere buoni risultati: i danni al DNA dei mitocondri sono stati ridotti.