Parlare da soli è un segno di squilibrio mentale? Secondo uno studio di alcuni psicologi della Toronto University tutt’altro: scopriamo il perché.
Forse perché notare un passante per strada che rimugina tra sé e sé pensieri a voce alta fa sempre un certo effetto. O forse perché le rappresentazioni letterarie, teatrali e cinematografiche hanno dipinto per secoli il confabulare solitario come una caratteristica dei personaggi un poco – o del tutto – “fuori di testa” (basti pensare all’Ofelia dell’Amleto di Shakespeare).
Fatto sta che nella nostra cultura l’opinione che chi parla da solo abbia “qualche rotella fuori posto” si è diffusa capillarmente ed è stata predominante per secoli. Eppure uno studio di alcuni psicologi dell’Università di Toronto ha rivelato il contrario: parlare da soli, secondo quanto emerso, farebbe bene alla salute mentale. Maggior autocontrollo, minor impulsività, miglior capacità decisionale: questi alcuni degli effetti benefici di un costante dialogo con se stessi, stando ai risultati della ricerca.
Certo vi sono casi assai diversi tra loro per sostanza e contenuto: in alcuni, l’abitudine a parlare con se stessi è un atto volontario praticato con consapevolezza, usato come strumento utile ed anche necessario per chiarirsi e riordinare le proprie idee; in altri, invece, un automatismo impulsivo incontrollato. In questo articolo ci occuperemo dei primi casi: vediamo quindi cinque buoni motivi per farlo in modo sano e producente.
Parlare con se stessi: quando risulta un’attività assai benefica secondo la ricerca dell’Università di Toronto
“Mandiamo continuamente dei messaggi a noi stessi con l’intento di autoesaminarci, di fare il punto su ciò che facciamo, di ragionarci sopra”, ha sottolineato Alexa Tullet, co-autrice dello studio condotto e diretto dal professor Michael Inzlicht dell’Università di Toronto.
Ed esaminando alcuni volontari, il gruppo di ricerca ha rilevato che a quanti veniva impedito di parlare da soli, verbalizzando ad alta voce i messaggi “interiori”, risultasse in realtà più difficile esercitare autocontrollo, e non viceversa.
Se invece il dialogo interiore – che avviene spontaneamente in qualsiasi individuo – è accolto, ascoltato ed espresso, ecco che i risultati mostrano che sia più semplice ridurre confusione mentale, riordinare i pensieri, concatenarli tra loro, comprenderne più approfonditamente il senso e dunque prendere decisioni a riguardo, qualora sia necessario.
Un po’ come sedersi ad un tavolo, prendere un block notes e valutare una circostanza complessa stendendo su carta uno schema della situazione che stiamo esaminando, punto per punto; soltanto, invece di farlo per iscritto, lo facciamo a voce alta. Ed ecco che aumenta l’autocontrollo e diminuiscono significativamente i comportamenti e le reazioni impulsive.
Per cui, secondo i ricercatori, è bene non inibire questo impulso, quando presente: in fondo, in casi simili, si tratta di quella che un tempo veniva chiamata “la voce della coscienza” o, per dirla alla Collodi, del nostro “grillo parlante”. Ascoltare ciò che ha da espreimere e comprenderne il perché può essere un toccasana tanto per la nostra salute mentale quanto per quella fisica.