A volte la vita ci sembra davvero la trama di una storia insensata. Facendoci dimenticare che almeno 11 cose la rendono piena di significato.
Sono diversi i “reminder”, i promemoria che danno respiro alla nostra esistenza. E sono molto vicini a noi. Ma come capita spesso, facciamo a fatica ad accorgerci di quello che abbiamo davanti al naso tutti i giorni.
«Dove è la vita che abbiamo perduto vivendo?» si chiedeva profeticamente Thomas Eliot, che già negli anni Trenta dello scorso secolo aveva fotografato il nostro panorama esistenziale, dove si pensa che economia, benessere e qualità della vita siano gli unici valori che contano. Insomma, l’importante è vivere meglio e più a lungo possibile, in massima sicurezza, senza correre rischi.
C’è da chiedersi se però idealizzando a tal punto la vita, non sia la vita stessa a perdere di significato piombando nella noia e nella monotonia. È quello che succede nel racconto dello scrittore russo Valerij Brjusov, La Repubblica della Croce del Sud (scritto verso il 1910).
È la storia di una città ideale del Polo Sud, costruita sotto una gigantesca cupola di vetro, dove tutti guadagnano bene, mangiano meglio e vivono in case dotate di ogni confort. Un giorno però scoppia una devastante rivolta che finisce per radere al suolo l’intera città. Una ribellione contro una vita piena di sicurezze, ma che si ripete sempre uguale, senza alcuna novità.
Un’esistenza monotona, senza contenuti che non siano la sicurezza e la comodità, produce un senso di inutilità: questo è il messaggio lanciato da Eliot e Brjusov. Sensazione di inutilità che in alcuni casi diventa una protesta violenta, in altri invece si traduce in esistenze che si trascinano scialbamente, lasciandosi “vivere” dal vuoto.
Per questo è vitale uscire dal circolo vizioso di una vita che sembra fatta soltanto da una lunghissima lista di cose da fare. Se però ci fermiamo un attimo a riflettere, un po’ come fa Domenico Modugno nel bellissimo brano Meraviglioso, ci accorgiamo subito che nella nostra vita ci sono una serie di discreti “promemoria” che stanno lì ad indicarci che le nostre esistenze hanno un più profondo significato.
Pensiamo all’abbraccio di una persona amata, ai momenti di felicità passati con gli amici, alla gioia che sperimentiamo aiutando qualcuno in difficoltà. Piccoli eventi quotidiani che ci spingono a riconoscere il significato della nostra esistenza.
Scopriamo insieme alcuni di questi “promemoria” che spesso dimentichiamo. Ce ne sono almeno 11 (ma potrebbero essere molti di più).
Diversi studi mostrano che avere una relazione gratificante con la famiglia, gli amici, la propria comunità rende più felici e fa anche vivere più a lungo, con minori problemi di salute. Per chi li ha, famiglia e figli sono uno dei migliori promemoria del significato della vita.
L’amore e le esperienze condivise coi familiari, con la creazione di tradizioni e riti, creano un senso di scopo e significato che abbraccia le vite dei membri del nucleo familiare. Avere memorie e ricordi in comune, condividere momenti passati insieme. Tutto questo ci ricorda la gioia del legame che nasce dal sentirsi parte di una famiglia e della sua storia.
Certo, a volte la vita familiare e la crescita dei figli possono essere molto faticose. Tuttavia nella vita non c’è esperienza che più di questa riesca a gratificare e a riempire di significato la nostra esistenza. I figli poi, per definizione, sono la novità che entra nel mondo. Ma naturalmente ci sono anche altre cose che possono dare senso alle nostre vite.
Un altro pilastro delle nostre vite è il sentimento dell’amicizia. Come ha scritto C. S. Lewis, l’amicizia è forse il sentimento “meno naturale”, meno legato cioè alla biologia come invece è l’esperienza della famiglia.
Ma al tempo stesso l’amicizia è forse l’unico dei “quattro amori” studiati da Lewis dove siamo amati per quello che siamo, non per quello che facciamo, per il ruolo che assolviamo, per la nostra bravura in qualche lavoro.
Un amico ci fa sentire amati incondizionatamente, nonostante i nostri difetti. La nostra posizione sociale, per un amico, non ha alcun peso. A lui possiamo mostrarci senza le maschere che dobbiamo indossare al lavoro o in società, sapendo che saremo sempre e comunque accolti.
Anche i nostri animali da compagnia, i pets, portano gioia nelle nostre vite. Lo sguardo del nostro animale è fatto di gratitudine senza giudizio. Ha qualcosa infatti di quel senso dell’amicizia di cui abbiamo parlato prima. Non a caso si dice dei cani che sono i «migliori amici dell’uomo».
Ecco perché a volte si è tentati, davanti alla freddezza dei rapporti sociali e al continuo sentirci giudicati, di cercare rifugio e conforto nei nostri animali domestici che in cambio chiedono soltanto cibo e coccole.
Meglio però non metterli in competizione con gli esseri umani, col rischio di farne piccoli e grotteschi idoli.
Cogliere le occasioni per condividere le cose belle della nostra vita – gli eventi felici o i successi professionali, di studio, o personali – con famiglia e amici aiuta a inserirli in una storia più grande e significativa.
Celebrarle insieme agli altri ci incoraggia e valorizza il significato delle “pietre miliari” della nostra vita.
Coltivare con amore una nostra passione – che può essere la musica, la lettura, l’arte, lo sport, ecc. – ci dà un senso di compiutezza e realizzazione che può ricordarci quanto la vita sia bella e valga la pena di essere vissuta.
Oggi grazie ai social media abbiamo anche più possibilità di condividere con altri le nostre passioni. Un toccasana in particolare per chi vive in cittadine dove pochi (o nessuno) hanno gli stessi suoi gusti.
È una regola d’oro universale: la gioia più grande la ricaviamo dal donare, più che dal ricevere. In un mondo sempre più utilitaristico, dove non si fa nulla per nulla, riscoprire la gioia del dono è indispensabile per dare respiro alle nostre vite.
Anche piccoli gesti di gentilezza e cortesia possono alzare la “temperatura umana” delle nostre vite. Mostrare compassione, tendere la mano a chi si trova nel bisogno può dare una enorme mano anche a noi. E può fare davvero la differenza.
Trasmettere quello che conosciamo – meglio se dal vivo, di persona, ma anche online se non è possibile – è un altro modo per aiutare gli altri e per creare legami con loro. Come mostrano i legami speciali che resistono per tutta la vita tra insegnanti e allievi.
Anche in questo caso a fare la differenza è la passione e l’amore con cui siamo coinvolti, è questo il segreto dell’intima soddisfazione che si ricava a insegnare nuove cose a qualcuno.
Non solo insegnare cose nuove, ma anche impararne noi stessi di nuove ci ricorda che la vita ha un significato. E questo non solo da maestri in carne e ossa: anche i libri, piccoli oggetti densi di significato, possono essere dei maestri.
Ma anche le esperienze di vita, la saggezza di amici e familiari più vecchi di noi (genitori, nonni, fratelli) ci ricordano che siamo parte di una storia più grande.
Per qualcuno la capacità umana di saper ridere e giocare è addirittura un segno della trascendenza. È come se queste due facoltà avessero la facoltà di “sospendere” le regole della vita ordinaria, producendo gioia e trasmettendo un messaggio implicito: un altro mondo c’è, è possibile, le cose di “questo” mondo non sono tutto e non ci imprigionano.
Il gioco e il riso sfidano il tempo. Come dice lo Zarathustra di Nietzsche: «Ogni gioia esige l’eternità, esige una profonda, profonda eternità».
Per questo anche nei momenti più tragici i comici si prendono gioco dell’affaccendamento “serio” dei potenti di questo mondo. Per questo si gioca, anche davanti alla morte, per la gioia che misteriosamente ci procura il gioco proiettandoci nel “suo” mondo.
La meditazione, la riflessione, la scoperta della nostra interiorità fa da sempre parte della ricerca di senso da parte dell’uomo. Può essere utile anche tenere un diario per annotare i nostri pensieri, sentimenti, desideri.
Assolutamente da riscoprire in mezzo ai ritmi frenetici di una vita che sembra voler assorbire ogni nostro attimo e ogni nostro pensiero.
Dire sì alla vita, accettare che la nostra volontà non sia onnipotente, accogliere i nostri limiti. L’accettazione del limite, ci dice una lunga tradizione oggi trascurata o perfino dimenticata, è il segno della saggezza e dell’intelligenza.
È il primo passo per riconoscere che la nostra vita non è un accumulo insensato di fatti e di esperienze. E che vale la pena di essere vissuta. Sempre, fino in fondo.
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