Per aumentare l’importo della pensione ci sono diversi modi legali, utili sia per chi ne riceve già una, ma anche per chi ancora deve andarci.
Le opzioni a nostra disposizione sono più di una, anche se la scelta della strada da percorrere per avere l’aumento di pensione va ponderata con grande attenzione e col supporto di professionisti del settore.
Giunti alla fine della nostra carriera professionale, col raggiungimento della necessaria soglia d’età, potremo finalmente cominciare a goderci la meritata pensione. L’importo dell’assegno pensionistico per ciascuno di noi sarà calcolato in base a ben precisi parametri.
Pensioni, perché dal 1996 gli assegni sono meno ricchi
Grossolanamente possiamo dire che quanto andremo a prendere di pensione si baserà sul totale dei contributi versati nel corso della nostra vita lavorativa. Maggiore sarà la quota di contributi che avremo versato, più alta sarà la pensione.
Inutile dire che questo è un discorso a grandissime linee. Ovviamente il sistema di calcolo della pensione è molto più articolato, senza contare che occorre differenziare tra chi rientra in uno di questi regimi contributivi:
- Retributivo. In questo regime il calcolo della pensione avviene, in misura percentuale, in rapporto alla media delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro.
- Contributivo. Con questo sistema – introdotto dalla riforma Dini nel 1995 – il calcolo avviene invece esclusivamente sulla base del totale dei contributi versati nel corso della carriera lavorativa.
- Misto. Il sistema misto deriva da una combinazione dei due metodi di calcolo. Si applica ai lavoratori che hanno un’anzianità contributiva precedente al 1996 e una successiva. Per chi alla data del 31 dicembre 1995 aveva maturato almeno 18 anni di contributi si applica il metodo retributivo per le anzianità maturate fino al 31 dicembre 2011, e il contributivo dopo questa data. Ai lavoratori che invece al 31 dicembre 1995 avevano versato meno di 18 anni di contributi si applica il retributivo fino a questa data e il contributivo dal 1° gennaio 1996 in poi.
Come si sa il nuovo metodo di calcolo contributivo è molto meno vantaggioso per i lavoratori e più conveniente per lo Stato. Non è un mistero per nessuno che la sua introduzione mirasse a salvaguardare la tenuta del sistema pensionistico, messo in crisi dall’invecchiamento demografico e dalla crisi del mercato del lavoro.
Due vie da percorrere per ottenere un aumento di pensione
Che il sistema contributivo garantisca pensioni meno ricche è dunque un segreto di Pulcinella. E soprattutto con l’inflazione al galoppo e l’aumento del costo della vita viene da chiedersi come fare con assegni pensionistici che, oltre a non soddisfare i cittadini che hanno abbandonato il mondo del lavoro, a volte nemmeno riescono a garantire loro un dignitoso standard di vita.
In verità, le possibilità di aumentare l’importo della (magra) pensione ci sarebbero. Ma occorre fare una valutazione caso per caso per cercare di capire se sussistano le condizioni che permettano di innalzarla.
Per rimpolpare l’importo di una pensione troppo esigua si può tentare prima di tutto con due approcci:
- Chiedere il ricalcolo della pensione, soprattutto quando siamo convinti che si siano verificati degli errori;
- Fare richiesta di un’integrazione di pensione. È il caso del cosiddetto trattamento minimo di pensione, uno strumento di integrazione che permette di aumentare l’assegno pensionistico fino al raggiungimento dell’importo della pensione minima. Una possibilità di cui si può usufruire – tenuto conto di tutta la situazione economica del pensionato, non basta avere una pensione bassa – se l’assegno percepito risulta inferiore alla soglia minima stabilita annualmente. Per il 2023 l’importo della pensione minima è pari a 563,74 euro al mese, 7.328,62 euro all’anno.
Tre metodi per avere una pensione più alta
Ma queste due opzioni non sono le uniche carte da giocare per cercare di alzare la soglia delle nostra pensione in maniera perfettamente legale.
Secondo quanto previsto dall’Inps, infatti, si può ottenere una pensione più alta facendo ricorso a questi altri metodi:
Ricongiunzione dei contributi
Consente ai lavoratori che hanno lavorato negli anni sotto differenti datori di lavoro e versato contributi sotto diverse gestioni previdenziali di riunirli sotto un’unica cassa. Ricevendo così un’unica pensione. Per calcolarne il costo ci si basa su un coefficiente di riserva matematica che abbina i versamenti contributivi ai dati anagrafici del contribuente.
Riscatto dei contributi
Proprio come accade con la ricongiunzione, il riscatto dei contributi può essere effettuato a titolo oneroso. Nel secondo caso però si possono riscattare i corsi di studio universitari, le eventuali collaborazioni precedenti inizio 1996, i periodi di congedo per ragioni personali o familiari chiesti nel corso degli anni, l’occupazione in lavori socialmente utili e diverse altre attività di questo genere.
Pensione complementare
La pensione complementare può essere chiesta nel caso in cui nel corso della vita professionale il lavoratore abbia versato contributi in più casse diverse ma, a differenza dei due casi precedenti, non è stato possibile ricongiungerli né riscattarli. In casi come questi l’Inps eroga una prestazione a parte che, andando a integrare l’assegno che già viene percepito, innalza l’importo della pensione.
Come si vede quale sia la strada migliore da scegliere per avere una pensione più alta non ha nulla di ovvio o di scontato, meno che meno di semplice o intuitivo. Per questo la cosa migliore da fare è rivolgersi a un professionista per una consulenza sui passi da intraprendere oppure direttamente a uno sportello dell’Inps.