Pensioni: arrivano 90 euro di aumento e 144 euro di arretrati | Svelata la bella novità

In quest’ultimo scorcio di settembre arriva una notizia positiva per i pensionati. Ecco il “tesoretto” che finirà nelle loro tasche.

Tempi duri (anche) per i pensionati. Tra inflazione che galoppa, carovita che morde, incertezza geopolitica e congiuntura economica ad alto rischio, molti lavoratori a riposo hanno visto letteralmente eroso, nei mesi scorsi, il loro potere d’acquisto, e di conseguenza il loro tenore di vita. Ma tra poco, finalmente, potranno concedersi un sospiro di sollievo. Ecco la tanto attesa buona notizia per una categoria che spesso fa da surrogato al traballante sistema di welfare italiano.

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Ogni anno, nel mese di gennaio, le pensioni degli italiani vengono adeguate al tasso di inflazione: il meccanismo si chiama “perequazione”. (Grantennistoscana.it)

La parolina magica è “perequazione“. Come forse già saprete, ogni anno, nel mese di gennaio, le pensioni degli italiani vengono adeguate al tasso di inflazione. Il meccanismo si chiama appunto “perequazione” e deriva da quello che la generazione più anziana ricorderà sicuramente come uno dei provvedimenti più importanti del dopoguerra: la cosiddetta “scala mobile”. Correva l’anno del 1945, con le rovine del secondo conflitto mondiale ancora fumanti da un capo all’altro d’Italia, quando fu introdotto il meccanismo automatico di rivalutazione dei salari dei lavoratori. Una sorta di ciambella di salvataggio che, mutatis mutandis, giunge anche oggi in soccorso dei pensionati del Belpaese.

In buona sostanza, il meccanismo della scala mobile, seguendo il tasso di inflazione, faceva salire gli stipendi per salvaguardare il potere di acquisto ai lavoratori. Idem per le pensioni. Ebbene, la stessa logica viene riproposta oggi. I trattamenti pensionistici seguono ogni anno l’andamento dell’indice dei prezzi rilevati dell’Istat, beneficiando di aumenti più o meno consistenti. A ciò va aggiunto un incremento a parte che, nel suo piccolo, può fare una bella differenza a fine mese. Vediamo ora chi sarà nel 2024 a guadagnarci di più.

Come cambiano le pensioni dal prossimo gennaio

Data l’alta inflazione registrata nel corso di questo difficile 2023, a gennaio 2024 l’indicizzazione delle pensioni sarà abbastanza cospicua. Secondo i dati di luglio, l’inflazione si è attestata al 5,3%, mentre per agosto l’Istat ha portato il tasso al 5,5%. Ma l’anno non è ancora finito ed è lecito ipotizzare che il valore definitivo possa essere compreso tra il 5,5% e il 5,9%. Non solo: sempre a gennaio i pensionati riceveranno la differenza di indicizzazione relativa all’anno in corso. L’Inps ha infatti adeguato i trattamenti in misura pari al 7,3% di inflazione. Ma quest’ultimo era il tasso previsionale Istat: il valore definitivo è salito all’8,1%. In altre parole, i pensionati hanno ricevuto 0,8 punti percentuali in meno di aumento a cui avevano invece diritto. Il che si traduce in un altro gruzzoletto in più.

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A gennaio 2024 i pensionati italiani dovrebbero incassare a conguaglio ciò che non hanno ricevuto per tutti i 12 mesi del 2023. (Grantennistoscana.it)

Ricapitolando, a gennaio 2024 i pensionati italiani dovrebbero incassare a conguaglio ciò che non hanno ricevuto per tutti i 12 mesi del 2023. A conti fatti, per chi prende una pensione di 1.500 euro al mese, l’entrata extra dovrebbe essere pari a 144 euro (cioè 12 euro di aumento al mese da gennaio 2023 a dicembre 2023). Ma, come detto, non è tutto. Nella prima Legge di Bilancio del Governo a guida Meloni, infatti, la perequazione delle pensioni è stata ritoccata a 6 scaglioni allo scopo di sostenere maggiormente le fasce di pensionati meno abbienti. Una volta stabilito il tasso di inflazione di riferimento, ecco che ogni fascia ha la sua percentuale di perequazione. Di seguito un prospetto riepilogativo.

  • 100% del tasso di inflazione per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo previsto dall’Inps
  • 85% per pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo
  • 53% per pensioni comprese tra 5 e 6 volte il trattamento minimo
  • 47% per pensioni comprese tra 6 e 8 volte il trattamento minimo
  • 37% per pensioni comprese tra 8 e 10 volte il trattamento minimo
  • 32% per i trattamenti superiori.

Aspettando i dati ufficiali dell’Istat

Come accennato, tra fine luglio e inizio luglio si è parlato di un’inflazione al 5,3% di inflazione, e sulla base di quel dato sono state elaborate stime prudenziali. Ma se davvero l’inflazione che verrà presa a riferimento sarà del 5,9%, allora una pensione da 1.500 euro al mese, che rientra nel primo scaglione a indicizzazione piena, beneficerà di un aumento pari a 90 euro, che porterà l’ammontare complessivo da 1.512 euro (valore che tiene conto del residuo di aumento da conguaglio), a oltre 1.600 euro al mese.

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Per farsi un’idea più precisa e obiettiva delle capacità di spesa dei pensionati per l’anno venturo, non resta che attendere i dati sull’inflazione ufficiali dell’Istat. (Grantennistoscana.it)

A questo punto, per farsi un’idea più precisa e obiettiva delle capacità di spesa dei pensionati per l’anno venturo, non resta che attendere i dati sull’inflazione ufficiale dell’Istat. Intanto, a proposito di riforma delle pensioni – uno dei temi più caldi nell’agenda del governo in carica – va rilevato che le dotazioni finanziarie della Legge di Bilancio (per il pacchetto pensioni saranno pari probabilmente a 4 miliardi dei 40 miliardi di cui consiste la nuova manovra) sono poche alla luce delle spese da sostenere per indicizzare le pensioni stesse. Ma questa è un’altra storia…

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