Cosa può accadere, sul fronte delle pensioni, a chi oggi ha 40 anni? Occorre prendere una serie di precauzioni per non trovarsi, un domani, in difficoltà
Gli stipendi al palo da un lato e la crescente precarietà lavorativa dall’altro hanno provocato un drastico mutamento non solo nel mondo del lavoro ma anche nel percorso occupazionale atto a raggiungere la pensione. Per dirla con parole semplici, chi oggi ha un’età di circa 40 anni potrebbe un domani trovarsi in serie difficoltà nel riuscire ad andare in pensione.
Chi invece riuscirà a raggiungere l’agognato traguardo potrebbe ritrovarsi con un trattamento pensionistico estremamente ridotto ed inferiore alle proprie aspettative. Con conseguenti difficoltà nel riuscire a vivere la quotidianità della terza età con un certo margine di sicurezza e tranquillità.
Pensioni, i grossi rischi per chi oggi ha 40 anni: cosa intende fare il Governo
Si tratta di uno scenario preoccupante in merito al quale il governo presieduto da Giorgia Meloni sta cercando di realizzare un piano operativo, una road map che possa poi andare a confluire nella prossima Legge di Bilancio di fine 2023. Si tratta però di una questione delicata che vede impegnati diversi membri dell’esecutivo: oltre alla premier, vi stanno infatti lavorando anche la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone e molti altri colleghi, in quella che è considerata una partita prioritaria non solo a livello di immagine della maggioranza ma anche e soprattutto dal punto di vista della stabilità economica di un Paese nel quale il numero degli anziani è in costante crescita.
Ciò che è stato fatto negli ultimi mesi sul fronte delle pensioni ha riguardato le minime, che hanno subito un adeguamento legato all’indice Istat. Ma come fare con chi oggi sta lavorando e ha raggiunto o superato i 40 anni e si trova seriamente preoccupato per quello che potrà essere il suo futuro dopo i 65/67 anni? Palazzo Chigi ha a tal proposito delineato un percorso che prevede una serie di incontri non solo tra le parti di Governo ma anche con i sindacati, con i quali è già stato concretizzato un tavolo di confronto il 12 luglio.
Già in precedenza, il 26 giugno, Cgil, Cisl, Uil e Ugl avevano preso parte ad un altro faccia a faccia al ministero del Lavoro dedicato alle riforme da apportare all’attuale sistema pensionistico italiano. Un terzo incontro è stato organizzato il 18 luglio, dedicato più nello specifico al tema della flessibilità, mentre dopo le vacanze di agosto seguiranno altri due tavoli, il 5 settembre dedicato alle possibili soluzioni per Opzione Donna ed il 18 settembre riguardante la provvidenza complementare.
Quota 103 e Opzione Donna in scadenza a fine 2023
La principale preoccupazione del governo Meloni è legata al fatto che sia Quota 103 che Opzione Donna e l’Ape sociale sono in fase di scadenza e, senza interventi specifici, andranno a terminare a fine 2023. Trattandosi di strumenti di primaria importanza dal momento che milioni di lavoratori ne hanno usufruito per poter andare in pensione pur non avendo maturato i requisiti richiesti per legge, il rischio è che nel 2024 ci si possa ritrovare in una situazione molto complicata da gestire.
Senza queste misure bisognerebbe avere raggiunto i 67 anni di età per la fuoriuscita di vecchiaia oppure avere accumulato contributi per 42 anni e 10 mesi, per le donne 41 anni e 10 mesi. Ma valutando la situazione anche sul lungo periodo, la preoccupazione aumenta perché chi oggi, 40enne, si trova in precarietà lavorativa, un domani potrebbe ricevere un assegno previdenziale ridotto ai minimi termini, tanto da non riuscire neanche a permettersi di fare la spesa per l’intero mese o sostenere le bollette di luce, gas e acqua.
Non si tratta di una situazione da sottovalutare dal momento che nell’ultimo rapporto riguardante lo stato di salute delle finanze pubbliche, la Corte dei conti ha evidenziato la condizione, economicamente parlando, di chi è nato negli anni ’80. Per fare un esempio, un 40enne che dichiara meno di 20mila euro l’anno potrebbe ritrovarsi con una pensione pari a poche centinaia di euro al mese.
Tornerà la pensione di garanzia?
Il governo sta dunque valutando la possibilità di tornare al sistema retributivo, prevedendo il ritorno della cosiddetta pensione di garanzia, una sorta di intervento dello Stato per andare a sostenere con l’aggiunta di una piccola integrazione, gli assegni più bassi così da portarli alla soglia minima considerata accettabile. Giorgia Meloni ed il ministero del Lavoro starebbero valutando questa possibilità, che potrebbe essere discussa nell’arco dei prossimi mesi con i sindacati al fine di trovare una soluzione entro la conclusione del 2023. La situazione è attualmente ancora molto aleatoria soprattutto sul fonte delle risorse che è necessario individuare per poter garantire coperture similari a Quota 103 e ad Opzione Donna, le quali richiedono necessariamente l’intervento dello Stato.