Perché Linkedin è il social network dell’inferno

Nato come una rete professionale in cui la parola d’ordine era “sobrietà”, Linkedin si è trasformato in qualcosa di molto diverso.

Forse non ci avete mai fatto caso, ma su Linkedin si può leggere, grazie al CSR manager Costa Crociere, che è possibile fare crociere “carbon neutral” (post poi cancellato, dopo aver chiesto dati e numeri che giustificassero tale affermazione). Sempre su Linkedin un certo Laurence Pessez, Global Head of CSR di BNP Paribas, afferma che “sono ovviamente necessarie ulteriori azioni affinché la riduzione delle emissioni di gas serra sia a lungo termine e sia legata a fattori strutturali”, in un post sul calo delle emissioni sul territorio francese nel 2022. Ebbene?

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Nato come una rete professionale in cui la parola d’ordine era “sobrietà” (Ansafoto) – (Grantennistoscana.it)

Ci si potrebbe chiedere perché le emissioni non siano diminuite in modo significativo negli ultimi 30 anni. Forse perché i combustibili fossili giocano un ruolo in questa storia? O magari perché BNP Paribas ha finanziato altri 20 miliardi di euro di combustibili fossili nel 2022, 8 anni dopo l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici? Forse è giunto il momento di fare un collegamento tra combustibili fossili, riscaldamento globale e il ruolo delle banche, tra cui BNP Paribas, citata in giudizio proprio per il suo finanziamento alle energie fossili?

Il grande inganno di Linkedin

Sarebbe un errore credere anche solo per un secondo che i vari responsabili CSR di grandi aziende non siano a conoscenza delle proprie attività e che stiano veramente “facendo del loro meglio”. Queste aziende sanno esattamente cosa stanno facendo. Non è inazione: è greenwashing deliberato per rimandare sine die l’azione. AXA ne è un altro triste esempio. L’assicuratore è orgoglioso di avere una “Climate Academy”. Molto bene. Ma questo non deve farci dimenticare che il gruppo assicura progetti di combustibili fossili in barba all’Accordo di Parigi, come ricorda l’ONG Reclaim Finance. Queste strategie di deviazione ed elusione sono state utilizzate per decenni in tutto il mondo. Il mondo brucia e ci rallegriamo per la Scuola del Clima.

Non è sufficiente aggiungere “clima” o “per il pianeta” alla denominazione di un’azienda o di una posizione di lavoro per essere green e avere un impatto positivo. Ma su Linkedin sono tutti (più o meno) green. Il problema è che, soprattutto quando non si è consapevoli dell’urgenza di combattere il cambiamento climatico e il collasso della biodiversità, non ci si rende conto di quanto siano problematiche certe false dichiarazioni. Non solo problematiche, ma anche criminali: il greenwashing perpetua l’inazione climatica già responsabile di decine di migliaia di morti (solo nel 2022).

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Le aziende o gli imprenditori che dicono di essere “verdi” o “responsabili” abbondano su Linkedin. (Ansafoto – Grantennistoscana.it)

Le aziende o gli imprenditori che dicono di essere “verdi” o “responsabili” e non lo sono, rappresentano il cuore del problema. Le loro reazioni sono anche sintomatiche del livello di comprensione dell’emergenza climatica (sperando che il problema sia l’incomprensione dell’emergenza climatica e non il puro egoismo). Esempio: un’imprenditrice green che si fa un selfie e annuncia che sta andando a Bali, pensando che sia “normale”. O l’imprenditore che si vanta di aver volato più di 500 ore, e ovviamente non aveva scelta: l’azienda in questione, Pap et Pille, vende perle di cocco e nocciole “eco-responsabili”, prodotte con ingredienti che hanno attraversato il globo. Ciliegina sulla torta, possiamo imbatterci in video di magnati che di vantano di lavorare con TotalEnergies e in cui Emmanuel Macron o Bruno le Maire si congratulano con il loro successo imprenditoriale perché dimostra che la meritocrazia funziona!

Per non parlare dell’imprenditore che sempre su Linkedin dichiara: “Al momento, l’aereo è la mia seconda casa”. E solo dopo una tirata d’orecchie aggiunge: “Sono consapevole dell’impatto sul nostro pianeta”. Quando gli storici tra qualche decennio rifletteranno su un caso del genere, sicuramente ci condanneranno. E avranno ragione. Ma il greenwashing non è l’unico problema di Linkedin.

L’assurda legge dei social

Gli scettici del clima sono molto presenti e virulenti su Linkedin come su altri social network. La stragrande maggioranza dei commenti aggressivi proviene da uomini: una perfetta illustrazione della mascolinità tossica. E quasi nulla viene fatto per fermare il problema. Ma la regola è sempre la stessa: l’importante è generare reazioni, indipendentemente dal contenuto (e per quanto stupido esso sia). I post dei negazionisti del clima, del resto, non sembrano essere un problema per i vertici di Linkedin, nonostante le centinaia di segnalazioni. Né lo è il fatto che gli scienziati e i divulgatori scientifici siano insultati quasi quotidianamente.

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Nessuna carriera è più importante della sopravvivenza di una parte dell’umanità. (Ansafoto – Grantennistoscana.it)

In attesa che LinkedIn condanni e limiti il greenwashing, è necessario sfidare le persone che rendono questa rete un inferno, e nessuno dovrebbe esitare a farlo. Nessuna carriera è più importante della sopravvivenza di una parte dell’umanità. Ma l'”inferno di Linkedin” non si limita al clima o all’ambiente. Alcuni post e comunicazioni sono così assurdi, ridicoli e totalmente fuori dal mondo, che è legittimo chiedersi se siano opera di account falsi. È questo ciò che chiamiamo il multiverso?

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