Perché nel calcio i cartellini dell’arbitro sono rossi e gialli: finalmente lo sappiamo

Rosso per l’espulsione e giallo per l’ammonizione. I cartellini degli arbitri di calcio però non sono sempre esistiti. Ma quando sono nati?

Le origini del sistema di sanzioni usato dai direttori di gara sul rettangolo di gioco risalgono a diverso tempo fa. Si tratta di un’innovazione nata in maniera curiosa e che ha cambiato in maniera radicale anche la figura dell’arbitro.

perché i cartellini degli arbitri sono rossi e gialli
Perché i cartellini arbitrali sono rossi e gialli? – grantennistoscana.it

Cartellino giallo e cartellino rosso, ammonizione e espulsione. Questa “segnaletica” semplice e intuitiva ha da tempo travalicato i confini del campo da calcio per assumere una valenza praticamente proverbiale, universalmente nota anche a chi ignora tutto delle cose del pallone.

Siamo così abituati ad assistere al rituale dell’arbitro che mette la mano al taschino, con tutta la spasmodica e a volte interminabile attesa del colore che sarà estratto, seppure sia questione di pochi attimi, da aver dimenticato che anche gli inconfondibili cartellini di colore rosso o giallo non ci sono sempre stati. Già, ma chi è stato a inventarseli? E quando?

Chi è stato l’inventore dei “cartellini” (e non solo)

Per capirlo bisogna riavvolgere il nastro di oltre mezzo secolo. E ritornare idealmente con la mente davanti al semaforo che ispirò l’idea dei cartellini rossi e gialli al suo inventore. Quell’uomo si chiamava Kenneth George Aston (detto semplicemente Ken), ex arbitro britannico nato l’1 settembre 1915 a Colchester.

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Ken Aston, l’ex arbitro inglese diventato il “padre” dei cartellini, ma non solo (Foto Twitter @UGLE_GrandLodge) – grantennistoscana.it

La sua carriera arbitrale, che a soli 21 anni di età lo aveva già portato a fare l’arbitro di linea nelle categorie superiori della lega inglese di calcio, fu interrotta dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Al termine del conflitto Ken Aston riprese ad arbitrare le partite di football.

Era il 1946 e Aston rivelò già allora il suo talento visionario capace di grandi innovazioni. Bisogna sapere infatti che fino ad allora gli arbitri durante le partite indossavano giacche di tweed (fatte con della lana tipica della Scozia) sopra camicie bianche con polsini francesi e pantaloni sul tipo di quelli da golf. Bene, Aston fu il primo ad adottare quella che per noi sarebbe diventata la classica uniforme nera del direttore di gara (anche se oggi non più in auge, ma ancora ben impressa nella memoria collettva).

Come sono nate la divisa nera degli arbitri e le bandierine colorati dei guardalinee

Aston stesso raccontò infatti di essere rimasto deliziato da una giacca da volo di color nero vista nella vetrina di un negozio di rimanenze belliche eccedenti. In particolare lo colpì il grande assortimento di tasche. Così non ci pensò due volte e comprò subito un paio di giacche, convinto che gli sarebbero tornate utili per la sua attività di arbitro.

Completò il tutto con un paio di pantaloncini neri (mantenne però la camicia bianca) e indossò la nuova giacca nera. Creò così l’uniforme nera con la “rifinitura” bianca e iniziò a indossarla durante i match di football. Di lì a poco i suoi colleghi presero a imitarlo: era nata la classica divisa del fischietto arbitrale.

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Ecco perché le divise sono sempre nere – grantennistoscana.it

Ma non era finita lì: l’anno dopo (1947) Aston cambiò anche i colori delle bandierine usate dai guardalinee: un giallo e un rosso molto vivaci, al posto delle bandierine col colore della squadra di casa, fornite dalla società ospitante, come era costume fino ad allora. L’idea gli venne per una ragione molto pratica: una volta gli capitò di arbitrare una partita nel bel mezzo di una nebbiosa giornata londinese.

Peccato che i colori della squadra di casa fossero… beige e cioccolato, praticamente indistinguibili nella foschia della nebbia. Anche in quel caso si rivelò provvidenziale un negozio di rimanenze della guerra. Tornando a casa Aston pensò di acquistare un paio di impermeabili rossi e gialli coi quali realizzò una serie di bandiere dai colori vivaci. In questo modo risolse brillantemente – e definitivamente – il problema della scarsa visibilità delle segnalazioni degli assistenti durante le giornate di nebbia.

Ken Aston e la «Battaglia di Santiago»

Per chi ha qualche anno di più sulle spalle il nome di Ken Aston è legato però a una delle pagine più nere del calcio italiano (un po’ come il famigerato Byron Moreno dell’infausto mondiale sudcoreano del 2002). Fu lui infatti ad arbitrare quella che sarebbe passata alla storia come la «Battaglia di Santiago»: l’incontro tra il Cile e l’Italia a Santiago del Cile durante i mondiali del 1962.

La partita si svolse si svolse in un clima di tensione mediatica che esplose letteralmente in campo. L’incontro avvenne in un clima da assedio nello stadio Nacional di Santiago gremito da 60 mila spettatori esaltatissimi. Il rettangolo di gioco si trasformò presto in un campo di battaglia e Aston non riuscì a gestire la situazione, malgrado all’epoca fosse noto come uno dei fischietti più abili e le situazioni di conflitto certo non gli fossero estranee, avendo servito come tenente colonnello in India. Ma l’ex soldato britannico in quella circostanza non si rivelò all’altezza.

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Una formazione dell’Italia che partecipò ai Mondiali di Cile ’62 (Foto Ansa) – grantennistoscana.it

In quella partita – ricordata come una delle più violente di sempre – arbitrò in maniera decisamente asimmetrica a favore dei padroni di casa cileni. Durante la partita espulse due italiani (Giorgio Ferrini e Mario David) per due falli durissimi, ma sorvolò sistematicamente sugli interventi ben più violenti dei cileni. Soprattutto su quelli ad opera dell’attaccante Leonel Sánchez (figlio dell’ex campione di pugilato Juan Sánchez) che prese a pugni in faccia l’oriundo italo-argentino Humberto Maschio – spaccandogli il naso – e lo stesso Mario David senza alcuna conseguenza. Da notare che i parapiglia durante la partita – che si concluse con la vittoria del Cile per 2 a 0 – resero necessari tre interventi della polizia locale.

Il match che si meritò l’epiteto di Battaglia di Santiago – descritta ancora oggi in termini epici – ci costò l’eliminazione dal Mondiale. Ma fu un duro colpo anche per la carriera arbitrale di Aston che dopo quella partita non arbitrò più partite né in quella edizione della coppa del mondo – ufficialmente per una lesione al tendine di Achille – né in quelle successive. Lui ebbe il merito di ammettere i propri errori e lo scandaloso arbitraggio. Si difese però dicendo di non essersi trovato a dirigere una partita di calcio, ma di aver dovuto piuttosto dirigere delle manovre militari (e se lo ha detto uno come lui c’è da credergli).

L’intuizione che portò alla nascita dei “cartellini” rossi e gialli

Una volta appesa al chiodo la divisa da arbitro, Aston venne chiamato a presiedere la commissione arbitrale della Fifa e sarà responsabile di tutti gli arbitri per tre edizioni dei mondiali (1966, 1970, 1974). Proprio durante l’edizione della coppa del mondo del 1966, ospitata dal Regno Unito, avverrà un fatto singolare – anzi più di uno – che sarà decisivo per la nascita dell’ormai tradizionale “cartellino”.

È il 23 luglio 1966. In palio c’è l’accesso alla semifinale. A contenderselo sono Inghilterra e Argentina. Ne esce fuori un durissimo match che alla fine vedrà imporsi di misura la squadra del Paese organizzatore. A un certo punto il direttore di gara, il tedesco Rudolf Kreitlein, espelle il capitano dell’Argentina Antonio Rattin. All’epoca non c’erano i cartellini. L’arbitro comunicava l’ammonizione o l’espulsione verbalmente, provvedendo poi ad annotarsi la sanzione non prima di aver indicato al giocatore, con fare autoritario, il percorso per incamminarsi verso gli spogliatoi.

Rattin però quella volta si rifiutò di uscire dal campo. Esattamente come aveva fatto Ferrini, uno dei due italiani espulsi da Aston durante la Battaglia di Santiago, convinto soltanto dall’intervento dei ringhiosi carabineros cileni ad abbandonare il campo. Il gran rifiuto del capitano argentino fece parecchio scalpore.

Peraltro nel corso di quel match dei quarti di finale successe anche qualcos’altro di curioso. O, meglio, qualcosa di cui si accorsero il giorno dopo i due strabiliati fratelli Charlton, Jack e Bobby, che scoprirono solo dai giornali di essere stati ammoniti dall’arbitro. L’arbitro, che parlava solamente tedesco, non era riuscito a comunicare loro la sanzione in maniera comprensibile.

Al semaforo la folgorazione che cambiò per sempre il modo di arbitrare

Questi due episodi fecero molto riflettere Aston (allora 51enne), che ovviamente nella sua qualità di capo della commissione mondiale degli arbitri aveva assistito alla partita “incriminata” e era il primo a interrogarsi su quanto accaduto. Aston che, forse anche memore della sua pessima performance in Cile, pensò che era arrivato il momento di cambiare le regole. Serviva un codice di comunicazione chiaro e comprensibile a tutti, sia in campo che fuori, per indicare in maniera inequivoca l’espulsione o l’ammonizione di turno.

cosa significa cartellino rosso e giallo
L’uso dei cartellini in campo – grantennistoscana.it

Come fare? Secondo quanto raccontato dallo stesso Aston l’illuminazione, se così vogliamo chiamarla, gli giunse mentre era fermo al semaforo di Kensington High Street, a Londra. Fu allora che un pensiero gli attraversò la mente: «Yellow: take it easy. Red: stop, you’re off». «Giallo: vacci piano. Rosso: basta, sei fuori!». Semplice come il segnale del semaforo appunto: giallo, ammonizione; rosso, espulsione. Chiaro e evidente a tutti, capace di aggirare ogni barriera linguistica.

Giunto a casa Aston spiegò la sua idea alla moglie Hilda che a un certo punto, dopo averlo ascoltato, sparì nell’altra stanza. Ritornò qualche minuto dopo. In mano aveva due cartoncini ritagliati modo da adattarsi al taschino della camicia. Era nato il sistema con cui gli arbitri mostrano il cartellino giallo per l’ammonizione e quello rosso per l’espulsione. Galeotto insomma fu il semaforo e un pizzico di ménage familiare. Quella che oggi ci appare la “segnaletica” più naturale al mondo richiederà però altri quattro anni di tempo per essere accettata dalla Fifa che, come noto, non è celebre per la rapidità delle sue decisioni, in particolare quando smuovono lo status quo del calcio.

Alla fine la novità dei due cartellini – uno giallo e uno rosso – verrà introdotta a Messico ’70, il Mondiale della storica finale Italia-Brasile seguita all’epica semifinale coi tedeschi. La Federcalcio italiana invece adotto il sistema dei “cartellini” all’inizio del campionato 1973-74, un anno prima del mondiale tedesco. A decidere in tal senso fu il Consiglio Federale nel settembre 1973.

I primi calciatori a ricevere il “cartellino”

Chi è stato il primo giocatore della storia a essere ammonito col cartellino giallo? Il primo ad avere questo “onore” fu il georgiano Kathi Asatiani, ammonito proprio nella partita inaugurale del Mundial messicano che vide scontrarsi i padroni di casa e l’Urss il 31 maggio 1970. Al trentaduesimo minuto del primo tempo scaraventò a terra l’avversario, Pulido, con un’entrata fuori tempo. Così il fischietto – curiosamente ancora un tedesco, di nome Tschenscher – estrasse per la prima volta il nuovissimo cartellino giallo in dotazione agli arbitri.

Ci vorrà più tempo invece per la prima espulsione, arrivata quattro anni dopo nel corso di un altro mondiale: Monaco 1974. Durante la partita del girone preliminare tra la Germania Ovest e il Cile (a Aston saranno forse fischiate le orecchie) l’arbitro turco Babaçan si vide costretto a mostrare il primo “rosso” della storia del calcio all’attaccante cileno Carlos Caszely, autore di un violento fallo ai danni di Berti Vogts. La prova del nove di quella espulsione rivelò la bontà dell’intuizione di Aston. Il giocatore cileno, una volta visto il rettangolino rosso sventolato contro di lui, scossa un po’ la testa. Ma alla fine uscì subito dal campo senza creare troppi problemi.

cosa significa cartellino giallo
I primi cartellini della storia sono incredibili – grantennistoscana.it

Quella del “cartellino” rimane, forse insieme alla divisa arbitrale, la più famosa delle innovazioni di Aston. Il quale però non arrestò la sua verve creativa. Sua fu anche la proposta di designare un altro arbitro in grado di sostituire quello ufficiale in caso di infortunio (quello che oggi conosciamo col nome di quarto uomo). Ma Aston propose anche di indicare con precisione nei regolamenti la pressione atmosferica che deve avere il pallone. E proprio nell’anno in cui il “cartellino” rosso veniva mostrato per la prima volta, cioè nel 1974, introdusse la lavagna per indicare le sostituzioni, così che giocatori e arbitro capissero in fretta chi era il giocatore che doveva essere sostituito.

Successivamente Aston diventerà membro della Football Association e capo istruttore dell’American Youth Soccer Organisation. Nel 1997 arrivò per lui la nomina a Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico. Morirà il 23 ottobre 2001 a Ilford, un sobborgo di Londra, all’età di 86 anni. La sua “invenzione” principale ha fatto sì che i “cattivi” del rettangolo di gioco possano essere identificati e puniti in modo che tutti possano vederli. Peraltro la regola dei “cartellini” è stata adottata – con le opportune differenze a seconda dei regolamenti – anche nel rugby, nella pallanuoto, nella pallavolo e in altri sport.

Cosa sarebbe successo se Aston non si fosse mai fermato davanti a quel fatidico semaforo? Non è dato saperlo. Certo il gioco del calcio sarebbe molto diverso da quello che è diventato oggi.

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