Quando muore una persona cara attraversiamo normalmente 5 fasi nel processo di elaborazione del lutto, ecco quali sono.
Sono momenti indispensabili per dare un significato alla perdita subita e per riacquistare fiducia nel futuro che ci attende malgrado tutto.
È rimasto forse l’ultimo grande tabù del nostro tempo: la morte. Più voci ricordano che il mondo occidentale sembra essere diventato incapace di pensare e sopportare la morte. Che, di conseguenza, è stata repressa, censurata e relegata ai margini delle nostre esistenze, al punto che qualcuno ha parlato di una eclissi della morte.
Ma la morte, per quanto negata e marginalizzata, non si eclissa facilmente. «Morire e far morire è un’antica usanza che suole aver la gente» diceva Giorgio Gaber. Un’usanza sgradita che il nostro tempo, già poco amante in genere delle tradizioni ricevute, sembra ostinarsi a voler cancellare con un colpo di spugna, come tante altre.
Uccidere la morte? Parliamone
Perciò non stupisce che la morte, condannata alla perpetua indecenza e reputata oscena, sia stata messa… fuori scena. Il mondo moderno, trovandosi sguarnito davanti al suo terribile mistero, ha pensato di poterla uccidere condannandola all’oblio. Uccidere la morte, una contraddizione in termini.
Eppure è quanto promettono ideologie come quella del transumanesimo, che ricerca una salvezza attraverso la tecnologia arrivando a decretare che la morte potrà essere debellata come una malattia. Insomma, la tecnoscienza è sicura di poter trovare l’equazione per risolvere l’assurdo enigma della morte.
In attesa della “guarigione” dalla morte, il consiglio pare essere quello di non parlare troppo – o, meglio, di non parlarne affatto – di questa perturbante realtà. Rimuovere il problema però, insegnano gli psicologi, non è mai una buona idea. Tanto che in tempi recenti qualcuno sembra volersi ribellare a questa consegna del silenzio. Da questa ribellione sono nati, ad esempio, i Death Cafè, i «caffè della morte»: locali dove si può sorseggiare un caffè e parlare senza tabù della morte. Si tratta di un’esperienza nata all’estero e da poco sbarcata anche nel nostro Paese.
Perdita di una persona cara, perché è indispensabile elaborare il lutto
Sì, perché, piaccia o meno, la morte di una persona cara è una realtà. Una perdita che lascia in noi una ferita interiore, come una piaga emotiva. Ma cosa ci succede dentro quando qualcuno che amiamo si congeda dal mondo? Cos’è che può aiutarci a sopportare il dolore e a superarlo definitivamente? E quali sono invece gli ostacoli che rendono tremendamente difficoltoso riuscire a rimarginare completamente la ferita che la morte ci ha lasciato dentro?
Parlando di lutto di solito ci riferiamo appunto a quell’«antica usanza» dell’umanità che è il morire. Ogni abbandono però, in un certo senso, rappresenta un lutto. Dal punto di vista psicologico la condizione in cui ci troviamo quando una persona cara ci lascia allontanandosi definitivamente da noi non è tanto differente da quello che dobbiamo fronteggiare quando ci muore una persona cara.
In un caso come nell’altro l’avversario con cui dobbiamo confrontarci si chiama dolore: la sofferenza, più o meno intensa, legata alla perdita. Il sentimento della perdita è una miscela complessa di emozioni dolorose. Un miscuglio al cui interno troviamo tanti sentimenti: sensazione di vuoto e di abbandono, rimpianti, sensi di colpa e di pena, rabbia.
Tutto questo può diventare uno tsunami emotivo, un’ondata capace di travolgerci lasciandoci sopraffatti. Altre volte invece questi sentimenti sembrano sedimentarsi, come se avessero preso dimora in noi, mettendo radici per persistere a lungo nel corso del tempo. Inoltre la perdita di una persona cara può risvegliare in noi una generale – e penosa – sensazione di abbandono legata a episodi passati della nostra vita.
Elaborazione del lutto: le 5 fasi che avvengono dopo una perdita
Davanti al maremoto emotivo che inevitabilmente segue al terremoto esistenziale della morte si avvia un processo più o meno lungo di elaborazione del lutto. Un processo cioè di piena comprensione della perdita subita, per recuperare il valore e l’affetto che il legame con la persona scomparsa ci ha donato.
Elaborare il lutto serve anche, in un certo senso, a riacquisire la fiducia nei legami con gli altri esseri umani malgrado la loro (ma anche la nostra, la mia, la tua) condizione di mortali. Quella cioè di esseri che vanno inesorabilmente incontro alla morte.
In psicologia il modello di elaborazione del lutto più conosciuto prevede che ognuno di noi normalmente debba passare attraverso cinque fasi dopo la morte di una persona cara. Ecco quali sono e cosa succede in ognuna di queste fasi.
1. Fase della negazione o del rifiuto
In questa fase tendiamo a evitare e a negare il fatto della morte, cioè la realtà della perdita del nostro caro. È come se vivessimo sospesi in un sogno, senza renderci conto di quanto è accaduto. Perciò non deve sorprendere che in questa fase quando pensiamo a quanto successo ci capiti di sentirci disturbati. Ci sentiamo appunto come se ci trovassimo all’interno di un sogno dal quale, prima o poi, ci sveglieremo.
Si tratta di un meccanismo psicologico che ci protegge da emozioni che, in quel momento, ci appaiono insopportabili. In questa prima fase questo meccanismo protettivo assolve una funzione indispensabile, aiutandoci a “prendere tempo” per riorganizzarci. Ma quando si prolunga più del dovuto, senza sfociare nelle fasi successive, negare la realtà può degenerare nel patologico e rendere necessario l’intervento di un professionista.
2. Fase della rabbia
Nella seconda fase iniziano a riaffiorare le emozioni intense messe “tra parentesi” nella prima fase della negazione, dove le rifiutavamo perché, semplicemente, ci facevano troppo male. In questa fase, quella della rabbia, pensiamo all’ingiustizia di quanto è successo, arrabbiandoci con chi ha “consentito” che il nostro caro morisse (in genere medici o parenti) e covando sentimenti di vendetta.
La fase della rabbia è forse la più delicata del processo di elaborazione del lutto. Molto spesso infatti è in questa fase che giunge la massima richiesta di aiuto da parte della persona sofferente che però, allo stesso tempo, non è detto che si trovi nelle condizioni per farsi aiutare. Questo perché la rabbia predominante spesso funge da “schermo” facendoci alzare un muro di chiusura davanti a ogni aiuto esterno.
3. Fase della contrattazione
Superata la fase della rabbia arriva il momento di contrattare. Ovvero la fase in cui riprendiamo in mano le redini della nostra esistenza e iniziamo a “negoziare” con noi stessi e con gli altri i progetti di vita in cui possiamo ancora investire tempo e energie malgrado la perdita e il conseguente dolore.
In questa fase la rabbia comincia a svanire e nella nostra coscienza iniziano ad affacciarsi sentimenti di tipo depressivo mescolati a sporadici momenti in cui speriamo nel futuro e affiorano le prime timide volontà di salvare quello che possiamo salvare.
4. Fase della depressione
È la fase in cui realmente maturiamo la coscienza della perdita. In questo momento si fa avanti il ricordo delle esperienze belle vissute con la persona cara scomparsa. E con questi ricordi fa la sua comparsa e diventa reale anche la disperazione per quello che non potremo più rivivere.
Nella fase della depressione sentiamo su di noi tutto il peso dell’eredità, rendendoci conto di quanto siamo stati “plasmati” dalla presenza della persona che ormai non c’è più. Il pensiero della perdita si accompagna al sentimento della sconfitta e alla disperazione.
5. Fase dell’accettazione
Riusciamo ad accettare la perdita quando siamo in grado di dare un senso a quanto accaduto, riconducendolo all’ordine naturale delle cose: al ciclo della vita che nasce, si sviluppa, invecchia e muore.
Nella fase dell’accettazione riusciamo a vedere il lato positivo dell’eredità trasmessaci dalla persona cara, a trattenere e ricordare il bene che ci ha lasciato. Anche in questa fase può esserci la presenza di sentimenti di rabbia e depressione, i quali però risultano essere di intensità più moderata rispetto alle fasi precedenti.
Cosa fare quando rimaniamo “bloccati” in una delle fasi
Quando attraversiamo queste cinque fasi ci troviamo all’interno di un processo normale e fisiologico di elaborazione del lutto. Cadiamo invece nel patologico quando ci “attardiamo” restando impantanati in una delle fasi precedenti, dalla quale non riusciamo a uscire e a evolverci, più o meno serenamente, verso la piena comprensione della perdita.
Non è raro che alcuni sembrino non essere nemmeno stati sfiorati dalle ondate emotive di rabbia e dolore, come se non fossero nemmeno affiorate alla loro coscienza. Si tratta di quei casi in cui apparentemente la persona che subito la perdita sembra stare benissimo, senza alcuna sofferenza, anche se sembra strano.
Non meno frequenti sono le situazioni in cui rabbia e desiderio di vendette finiscono per prevalere su tutte le altre emozioni, impedendo alla persona di “salvare” il significato positivo del legame e di riacquistare fiducia nel futuro.
Queste due situazioni sono esempi di casi dove un supporto psicologico potrebbe essere indicato per aiutare a superare il dolore – che a volte appare davvero intollerabile – della perdita del proprio caro.