Cosa potrebbe prevedere la nuova riforma delle pensioni allo studio del governo Meloni? Quali misure sono economicamente sostenibili? Ecco qual è il quadro attuale
Di riforma delle pensioni si parla da diverso tempo e diversi sono già stati i tavoli di confronto in tal senso tra governo e tecnici per cercare di capire quante siano le risorse ad oggi disponibili, quante ne vadano messe in campo e come quelle necessarie possano essere recuperate.
Altresì le ipotesi e le proposte presentate nell’arco delle ultime settimane sono molteplici e non è al momento chiaro quali di queste potranno effettivamente trovare concretezza. Se da una parte di guarda al prolungamento di strumenti riguardanti le pensioni anticipate, dall’altro si valutano le strategie per il superamento della Riforma Fornero al quale il sistema pensionistico italiano è ancora oggi largamente ancorato.
Riforma delle pensioni, l’ipotesi per uscire a 60 anni dal mondo del lavoro
C’è però un grosso problema: l’Esecutivo a traino Meloni si è trovato a dover fare delle scelte in fatto di priorità e la riforma fiscale da un lato ed il caro vita collegato all’inflazione stellare dall’altro hanno inevitabilmente portato i Ministri a mettere da parte, almeno per il momento, la riforma delle pensioni che difficilmente potrà essere concretizzata entro la fine del 2023. Del resto tutte le dotazioni disponibili dovranno necessariamente essere indirizzate su altri ‘progetti’ di natura economico finanziaria e per vedere una vera e propria riforma del sistema delle pensioni si potrebbe dover attendere ancora alcuni anni. Anche se, come spiegavamo in precedenza, alcune misure specifiche potrebbero comunque essere o riconfermate o rimodulate. Vediamo dunque di fare chiarezza su due delle proposte che potrebbe in futuro trovare conferma.
Stiamo parlando della possibilità di allargare a tutti la pensione anticipata contributiva ovvero la possibilità di sfruttare questo sistema per andare in pensione alcuni anni prima rispetto ai requisiti classici per farlo; una sorta di estensione, anche agli uomini di Opzione donna oppure, nel caso l’attività lavorativa sia iniziata prima del 1996, di poter avere la pensione anticipata contributiva; stiamo cioè parlando di uno specifico sistema di calcolo della pensione esistente, per l’appunto, dall’inizio del 1996. Da quell’anno il sistema di calcolo è diventato esclusivamente contributivo e non più retributivo e sono cambiati i requisiti previdenziali.
Per fare un esempio la pensione anticipata contributiva con uscita a 64 anni e con 20 di contributi è oggi prevista solo per chi ha cominciato a lavorare dal 31 dicembre 1995 in poi; a patto che il valore della pensione si almeno pari a 2,8 volte l’assegno sociale. Per alcune lavoratrici è previsto inoltre uno scivolo anticipato sfruttando il regime sperimentale contributivo che permette di uscire dal lavoro a 58 oppure 59 e 60 anni. A patto che si accetti che la prestazione sia oggetto di ricalcolo contributivo e questo vale anche per le donne che hanno 35 anni di contributi e che, con i requisiti classici, avrebbero diritto al calcolo misto.
Opzione donna estesa a tutti? Cosa sappiamo
Per rispondere dunque al quesito iniziale, se in passato si era largamente discusso della possibilità di estendere a tutti i lavoratori Opzione donna o con le caratteristiche attuali o con alcune varianti, l’idea è andata successivamente svanendo ed oggi è molto difficile che essa possa trovare concretezza nella prossima riforma delle pensioni. La speranza, per molti lavoratori, era la possibilità di poter accedere alla pensione con 35 anni di contributi e 60 anni di età, accettando che il calcolo del cedolino mensile avvenisse con il solo sistema contributivo.
Di fatto la penalizzazione sarebbe stata dal punto di vista economico portando il lavoratore a dover necessariamente rimetterci sull’importo dell’assegno pensionistico ma godendo della possibilità di interrompere il lavoro ben prima del tempo. Una penalizzazione analoga si avrebbe anche estendendo a tutti la misura oggi rivolta ai soli contributivi. Ovvero di estendere a tutti la possibilità di fermarsi a 64 anni con 20 di contributi e con un importo della pensione eventualmente ridotto al di sotto delle 2,8 volte l’assegno
sociale, portandolo a 1,5 o 1,8 volte.
Anche in questo caso i soggetti avrebbero dovuto rinunciare al calcolo misto a fronte di un ricalcolo contributivo della prestazione. Questo, dunque, è lo scenario ipotetico delle due misure per fornire agevolazioni sul fronte dell’uscita dal lavoro. Non è chiaro al momento se queste idee potrebbero essere estratte nuovamente dal cassetto ed essere applicate, con queste o con altre formule, nei prossimi anni. Come spiegavamo in precedenza, infatti, il Governo è attualmente concentrato sulla Manovra e sulla relativa riforma fiscale per far fronte alla scadenza di misure, come il taglio del cuneo fiscale, previste entro l’anno. Ed anche da questo punto di vista le risorse sono limitate e si sta valutando la possibilità di ‘agire’ sul taglio di alcuni bonus.