Una nuova specie di ratto è stata scoperta, ed è stato confermato che possiede un’abilità davvero unica nel suo genere.
Quando parliamo di ratti, in molti hanno i brividi o addirittura hanno il terrore. Comunemente chiamato topo, il ratto non è un animale che ha mai goduto di grande stima e fortuna. Ma quello che può fare a volte è davvero sorprendente.
Solo la parola a moltissimi fa venire la pelle d’oca, e non in senso positivo. La parola topo, o ratto come meglio si vuole, purtroppo non gioca a favore di questi piccolissimi animaletti. I topi sono tra gli animali più combattuti dall’uomo, soprattutto nelle grandi città.
La sfortunata vita del topo
Per chi vive nelle città, parlare di topi non risulta essere una buona idea, perché nella maggior parte dei casi questi animali rappresentano un problema da diversi punti di vista.
Nei giardini e nelle nostre case sono principalmente 3 le specie di topi che possiamo incontrare: il ratto grigio (anche conosciuto come topo di fogna), il ratto nero, e il topo domestico. I ratti sono pericolosi per l’uomo perché possono trasmettere alcune malattie come la salmonella e la leptospirosi; il campanello d’allame sono le loro feci, che lasciano in giro per la casa e sono il segnale della loro presenza.
Nei nostri condomini è abitudine procedere ogni anno con la derattizzazione, di cui si occupano delle società specializzate in queste procedure. La caratteristica dei topi e la loro velocità di riproduzione, ed i numeri parlano chiaro: a Roma sono il doppio rispetto al numero di abitanti, mentre a New York ce ne sono circa 6 milioni.
Il ghiro nano della Cina, un ratto incredibile
La notizia arriva dalla rivista specializzata Science, che ha pubblicato recentemente uno studio davvero incredibile, come tutto il mondo della natura del resto.
La ricerca riguarda nello specifico una specie di ratto che vive nelle foreste montanare dell’Asia orientale; il suo nome Typhlomys cinereus, anche detto ghiro nano della Cina, ed ha l’abitudine di uscire dagli alberi prevalentemente quando è buio. La caratteristica però di questo ratto è che si muove nel suo ambiente senza problemi, nonostante sia cieco. Ma come è possibile tutto ciò?
Secondo gli scienziati, questa specie di ratto riesce quindi a muoversi nel suo ambiente usando un senso dell’orientamento supportato dagli echi degli squittii ad alta frequenza che rimbalzano sugli oggetti che si trovano nelle vicinanze. Questo fenomeno prende il nome di “ecolocalizzazione“, e i ricercatori sono arrivati alla conclusione che tutte e quattro le specie del genere Typhlomys siano in grado di muoversi attraverso questa sorta di “radar“.
La scoperta dell’ecolocalizzazione
Peng Shi, il ricercatore presso l’Istituto di zoologia di Kunming dell’Accademia cinese delle scienze e principale autore dello studio, ha ammesso che lui e i suoi collaboratori sono rimasti colpiti dalla scoperta fatta su questa specie.
Lo studio ha preso in oggetto quattro specie di ghiro nano che vivono nelle montagne di diverse zone della Cina, e una volta portati in laboratorio è stata messa in esame la loro capacità di ecolocalizzare. Per fare questo, i ricercatori hanno messo a confronto i comportamenti dei ghiri nani in spazi privi di oggetti e in spazi pieni. Da qui la scoperta.
Negli spazi pieni di oggetti, gli animali hanno aumentato gli squittii e le vocalizzazioni a ultrasuoni, emessi i quali hanno potuto muoversi nella giusta direzione. Ciò ha impressionato gli scienziati, che studiando nello specifico gli occhi dei roditori, hanno rilevato essere “non solo molto piccoli, ma il numero delle cellule fotorecettrici è davvero molto basso“. Ciò significa che siamo di fronte a una specie di ratti quasi ciechi, e che riescono a orientarsi nello spazio grazie all’udito.
La prova del nove
La prova del nove gli scienziati l’hanno avuta nel corso di un esperimento in cui i ghiri erano riusciti a raggiungere il cibo sotto una piattaforma e in situazione di buio completo, bissato in un secondo momento inserendo un elemento che ha fornito tutte le risposte.
Nel secondo esperimento, i ricercatori hanno messo dei tappi nelle orecchie degli animali, e questa volta la risposta è stata diversa: senza l’udito, gli ultrasuoni sono diminuiti ed i ghiri non sono stati in grado di trovare la strada verso il cibo ricompensa. Secondo i ricercatori, la struttura ossea dei ghiri è simile a quella dei pipistrelli, altra specie che usa l’ecolocalizzazione vivendo al buio.
Le due specie hanno una struttura della zona faringea e della cavità nasale praticamente uguale, ed è proprio quella che utilizzano per i vocalizzi, il loro strumento di localizzazione al buio tramite gli echi di ritorno. “Siamo quasi sicuri che esistano anche altri animali, capaci di ecolocalizzare, che aspettano solo di essere scoperti“, hanno spiegato gli scienziati alla rivista, aprendo quindi ad una strada importante nel campo di questo tipo di studi.