A chi spetta la quota dell’eredità se uno degli eredi rinuncia alla parte a cui ha diritto? Dipende da diversi fattori, ecco quali sono.
Non sempre è immediato capire come deve essere distribuita la quota di chi vuole rinunciare all’eredità e a chi andrà la sua quota.
In presenza di un testamento – oppure, quando manca, in base alle disposizioni del Codice Civile – alcune persone hanno diritto a ricevere l’eredità. Sono indicate come persone chiamate all’eredità.
Come in altri casi, bisogna ricordare che il diritto all’eredità, per volontà del testatore o per disposizione di legge, non è un dovere all’eredità. Le persone chiamate a riceverla non hanno infatti alcun obbligo di accettare l’eredità e possono benissimo fare rinuncia.
Rinunciare all’eredità è una possibilità riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico, in maniera da tutelare chi si troverebbe a doversi accollare anche gli eventuali debiti ereditari o dei patrimoni indesiderati.
Detto questo, quando un erede designato rinuncia alla sua eredità la quota che gli sarebbe spettata di diritto deve essere redistribuita. E a seconda dei casi la redistribuzione della quota avviene in maniera differente.
Come è facile immaginare, si tratta di un tema sul quale spesso gli altri chiamati all’eredità sollevano dubbi e interrogativi. Chiaramente gli altri eredi sono interessati a sapere quali sono le conseguenze della rinuncia del loro coerede e soprattutto a chi toccherà la sua quota.
A volte infatti l’erede rinunciante ha il desiderio di favorire un’altra persona con la sua rinuncia. In altre circostanze invece può voler rinunciare all’eredità senza però avere la volontà che la propria quota venga ceduta a un altro erede. Cerchiamo di capire cosa succede e a chi spetta la quota quando uno degli eredi rinuncia alla sua parte di eredità.
Il desiderio di sapere a chi vada la propria quota in caso di rinuncia all’eredità è una domanda che spesso i professionisti si sentono rivolgere quando un erede esprime la volontà di rinunciare alla propria parte.
In genere ci sono in ballo tensioni e dissidi familiari sullo sfondo, che in un momento complicato sul piano emotivo e finanziario finiscono per acutizzarsi ancora di più. A chi andrà dunque la quota del rinunciante? Come spesso accade in situazioni come queste non c’è una risposta scontata e tanto meno univoca. Dipende infatti da quale modalità di redistribuzione si andrà a scegliere.
Il nostro ordinamento giuridico prevede infatti non una, ma quattro differenti modalità di redistribuzione della quota ereditaria in caso di rinuncia o morte da parte di uno degli eredi.
La legge stabilisce dei limiti peculiari per ciascuna di queste modalità di redistribuzione della quota. Non è dunque impossibile prevedere che fine farà la quota ereditaria del rinunciante. Ad ogni modo, bisogna considerare che tutti i chiamati all’eredità hanno la stessa possibilità di rinunciare alla loro quota.
Quali sono allora le quattro modalità previste dalla legge per redistribuire l’eredità? Il nostro ordinamento distingue tra:
Da notare che le quattro modalità sono operanti esattamente secondo quest’ordine di priorità. Esaminiamole una per una per capire meglio di cosa si tratta.
All’interno del testamento può essere espressamente indicato un sostituto, ossia una persona che avrà diritto a ricevere l’eredità se dovesse mancare l’erede designato. Sarà dunque il sostituito a essere chiamato all’eredità in caso di rinuncia o di morte dell’erede designato.
Se il testatore nelle sue volontà ha inserito la possibilità di individuare un sostituto pronto a subentrare in caso di rinuncia si darà precedenza al suo volere. In questo caso dunque non si applicherà alcun’altra modalità per redistribuire la quota dell’erede rinunciante.
Chiaramente la sostituzione testamentaria rappresenta la via più semplice per risolvere il problema della rinuncia. Pochi dubbi su questo. Ma è altrettanto chiaro che si tratta di una vita praticabile solo quando il testatore ha provveduto a indicare in maniera espressa il sostituto. Se la sostituzione non è stata prevista si procederà in altra maniera. La distribuzione avverrà, come vedremo, per rappresentazione o accrescimento.
Come abbiamo anticipato, questa modalità scatta quando nel testamento manca o non è indicato un sostituto in caso di rinuncia o morte dell’erede designato. In questo caso viene chiamata a subentrare all’erede rinunciante un’altra persona per rappresentazione.
In base a quale criterio? Il principio della rappresentazione permette il subentro di un’altra persona, esattamente nella medesima posizione dell’erede rinunciante, a condizione che quest’ultimo, il chiamato all’eredità, sia un figlio, un fratello o una sorella del defunto.
La rappresentazione entra in gioco quando la persona chiamata a subentrare nell’eredità – sempre un discendente che viene chiamato all’eredità – altrimenti non ne avrebbe diritto, non rientrando nel testamento o nella successione legittima. Ad esempio, il nipote di un nonno defunto può ereditare per rappresentazione se non sono stati inclusi nel testamento del nonno e il genitore rifiuta l’eredità.
Si eredita per accrescimento invece in assenza di un sostituto designato dal defunto e nell’impossibilità di applicare il principio di rappresentazione. Ricordiamo infatti che i soggetti che vanno a occupare il posto vacante, entrando dunque nell’asse ereditario, devono far parte necessariamente della linea ereditaria del chiamato, che deve essere figlio o fratello del defunto. Se il chiamato non è figlio o fratello del testatore defunto o non ha discendenza si applica il principio dell’accrescimento.
Nel caso dell’accrescimento, come appare evidente dal nome, la quota ereditaria dell’erede rinunciante viene distribuita tra gli altri eredi, a patto che a ciascuno di loro spetti la stessa parte di eredità.
Può succedere infine che neanche l’accrescimento sia applicabile. Può capitare se gli eredi non sono istituiti in parti uguali oppure se questa possibilità è stata esclusa dal testamento stesso.
In questo caso si procede allora per successione legittima, vale a dire le modalità di successione previste dal Codice civile. Allora bisognerà andare a valutare il diritto del rinunciante. Se chi rinuncia è un erede legittimo, ovvero individuato dalla legge ma non legittimario, si procede a ricalcolare le quote di tutti gli eredi come se l’erede rinunciante non fosse mai stato chiamato a ricevere l’eredità.
Mentre se la rinuncia arriva da parte di un erede legittimario si accresce la quota disponibile dell’eredità, che verrà successivamente suddivisa secondo il testamento oppure distribuita secondo le disposizioni contenute nel Codice civile. Infine la rinuncia di un erede testamentario porta comunque all’accrescimento delle quote degli altri eredi.
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