Nonostante i suoi vantaggi, dobbiamo ricordare che la tecnologia può influenzare il cervello. Anche il GPS potrebbe avere effetti negativi.
L’uso dei telefoni cellulari per orientarsi è diventato parte della nostra natura. Che si tratti di andare in un nuovo parco, incontrare gli amici al ristorante o fare delle commissioni, basta inserire la posizione sul telefono e partire. Negli ultimi anni siamo diventati tutti più consapevoli dei “rischi digitali” a cui questo ci espone. I nostri spostamenti sono tracciati, le nostre abitudini e i nostri incontri sono diventati niente più che dati di profilazione al servizio delle big tech.
Eppure, alcuni recenti studi sottolineano che questo potrebbe non essere l’unico rischio associato ad un utilizzo frequente dei dispositivi di navigazione digitali. Queste innovazioni, infatti, per quanto utili e spesso fondamentali, secondo molti esperti del settore rischiano di “impigrire” il nostro cervello. Vediamo nel dettaglio di cosa si parla.
Prima del GPS (Global Positioning System), l’esplorazione e l’orientamento in nuovi luoghi richiedevano una certa preparazione. Dovevamo consultare mappe cartacee, pianificare e memorizzare parti del nostro percorso. Durante la navigazione, poi, era importante prestare attenzione all’ambiente circostante e aggiornare la nostra posizione sulla mappa affidandoci esclusivamente alle nostre capacità.
L’uso del GPS elimina questi requisiti e rende la navigazione meno impegnativa dal punto di vista cognitivo. È stato dimostrato che le persone che percorrono determinati itinerari utilizzando il GPS acquisiscono meno conoscenze su tali percorsi rispetto a chi percorre gli stessi itinerari utilizzando una mappa.
Questa dipendenza dai sistemi di orientamento digitali sta fortemente influendo sulla nostra capacità generale di orientamento, secondo alcuni studi. La navigazione spaziale, che era un processo svolto esclusivamente dal cervello umano, è ora un compito della tecnologia.
Nel cervello esistono strutture dedicate ai complessi compiti di ricerca del percorso. In particolare, l’ippocampo è profondamente associato al supporto della memoria spaziale, della navigazione spaziale e della mappatura mentale. Quello che preoccupa gli antropologi è che la memoria spaziale non viene utilizzata dal nostro cervello solo per orientarsi, ma influisce anche su tanti altri meccanismi di ragionamento. Quindi, se non la alleniamo, molti altri aspetti aspetti della nostra mente possono risentirne.
Ad esempio, secondo Nicholas Carr, autore del libro “Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello”, le abilità di navigazione potrebbero essere la base per sviluppare le tecniche mnemoniche.
Con l’avanzare dell’età, sottolinea Carr, la memoria diminuisce. Sebbene non esista una formula magica per invecchiare in modo sano, i neuroscienziati concordano sul fatto che uno degli ingredienti chiave per invecchiare con successo è rimanere mentalmente attivi.
Gli studi dimostrano che possiamo esercitare la memoria dell’ippocampo attraverso l’esplorazione e la navigazione spaziale. Non a caso, alcune ricerche hanno rilevato che i navigatori esperti – come i tassisti, ad esempio – hanno ippocampi più grandi rispetto alla popolazione normale, a causa della loro intensa attività di mappatura spaziale.
Se la navigazione spaziale è un elemento così essenziale per un invecchiamento sano e per l’attività mentale, allora cedere completamente questa abilità ai nostri telefoni può essere una mossa non troppo intelligente.
Fornendoci serie di indicazioni passo dopo passo, le app di navigazione GPS ci trattano come passeggeri passivi piuttosto che come esploratori attivi. Tutto questo inibisce la nostra capacità di creare mappe mentali corrette dell’ambiente circostante e influisce negativamente sull’ippocampo, che è fondamentale per la salute del cervello.
Inoltre, a un livello più generale, questo modo di fare dei navigatori GPS ci toglie la possibilità di prendere decisioni.
Le mappe fisiche sono state un grande cambiamento nella storia dell’uomo. Potevano contenere tante informazioni in un semplice pezzo di carta. Per usarle bene, però, bisognava essere in grado di capire il proprio posto sulla mappa e seguire la direzione corretta. Le mappe sono un esempio di navigazione allocentrica, dove il prefisso “allo” significa “altro”: tutte le informazioni sulla mappa sono visualizzate in relazione ad altre caratteristiche e punti di riferimento nell’ambiente.
Al contrario, le indicazioni stradali fornite dal navigatore sono dirette e facili da seguire. Non richiedono nessun ragionamento, solo di essere seguite alla lettera. Queste indicazioni sono un esempio di navigazione egocentrica, con “ego” che significa “sé”. Questo tipo di indicazioni funzionano a partire da una singola posizione e contengono molte meno informazioni sull’ambiente circostante.
Le capacità di astrazione e orientamento, quindi, non vengono minimamente messe in gioco quando si usa un navigatore GPS. Diversi esperimenti hanno dimostrato che la navigazione egocentrica riduce anche la consapevolezza spaziale e la mappatura mentale rispetto a forme più tradizionali di navigazione allocentrica come le mappe cartacee.
Uno studio della McMaster University of Canada ha messo a confronto le capacità di orientamento di persone dai 18 agli 87 anni. I partecipanti allo studio avevano diverse esperienze di viaggio e diversa familiarità con i navigatori GPS. Il loro compito era quello di muoversi in un boschi o città senza un percorso prestabilito, ma passando per una serie di punti chiave fino al punto d’arrivo. Gli unici strumenti a loro disposizione erano una mappa e una bussola.
I risultati dello studio hanno dimostrato che le persone che avevano avuto più occasioni di viaggiare e orientarsi senza l’aiuto dei navigatori GPS erano in grado di destreggiarsi meglio anche in ambienti a loro sconosciuti.
Un altro studio, dell’Università di Lione, ha invece dimostrato che le persone cresciute in città con mappature complesse hanno sviluppato un senso dell’orientamento più efficiente rispetto a chi è nato in centri urbani con mappature più semplici.
Le conclusioni di questi studi, quindi, sono chiare. Il nostro cervello invecchia naturalmente e l’unica cosa che noi possiamo fare per mantenerlo il più giovane possibile è tenerlo allenato. Anche se è difficile capire e vedere i benefici immediati dalla navigazione con mappa, si tratta di una tecnica che mette in moto meccanismi di pensiero fondamentali per la salute del nostro cervello. Al contrario, il GPS è uno strumento molto utile ma che, come molte altre innovazioni tecnologiche, andrebbe usato con moderazione.
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